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Ospedale unico: Un problema senza fine mentre tutti litigano

 

 

 

 

 

 

 

Ospedale unico ? No grazie ! sembrano dire oramai molti. Si moltiplicano le riunioni di addetti ai lavori, di sindaci, di medici, di associazioni  che dicono la loro opiniobe. Vi sono ora comitati che cercano di fare marcia indietro alla decisione della Giunta Regionale.

Noi de ” Il Ponte ” avevamo fatto un convegno in ottobre l’anno scorso con rappresentanti dei vertici della Sanità Regionale e della ASL e ci venne spiegato che l’Ospedale Unico era la sola possibilità attuale per portare una eccellenza nella nostra Sanità locale.

Si era spiegato che i costi per mettere al passo i vecchi Ospedali era troppo alto, che la sanità moderna andava verso questa direzione, che i soldi erano stati trovati…..

Si dise anche che entro 5 anni l’Ospedale Unico sarebbe stato pronto  . IO ero scettico tanto che finii gli intervento del convegno dando appuntamento a tutti fra 5 anni e vedere chi aveva ragione : loro o io che pensavo che tutto poteva avvenire fra 10 anni.

Dissi fra 10 anni pensando a tanti problemi ma poiché nessuno in quel convegno criticò, a parte uno del pubblico, le schede ospedaliere che andavano incontro all’Ospedale Unico e facevano un percorso in attesa di tale Ospedale, diedi per buono che l’Ospedale UNICO  SI SAREBBE FATTO.

Era presente anche il Sindaco di San Donà che diede l’OK alle schede regionali. Lo stesso Sindaco che il percorso fosse fatto entro determinai termini e che non si lasciasse sguarnita la popolazione nei servizi fino ai prossimi 5 anni.

Lo stesso Vicesindaco di San Donà che è un medico era d’accordo nel progetto

Jesolo aveva accettato la sua conversione in un Ospedale unico con indirizzo riabilitativo e di lungodegenza che poteva far pensare a pacchetti per i turisti e ad incentivare il turismo.

Ma poi sono cominciate i litigi per la sede. Tutti volevano un Ospedale sotto casa , più vicino alla propria casa e ora tutti volevano l’Ospedale Unico a casa loro. Bene Ospedale Unico ma a San Donà o a Portogruaro. Sono cominciate le polemiche. Si disse : bene lasciamo che siano i tecnici della regione a decidere la sede. Ma alla fine anche questa soluzione non andava bene.

Il consigliere Trevisiol di Musile ha dichiarato , almeno letto sui giornali, che l’Ospedale Unico doveva essere fatto a Caposile  e che doveva essere lasciato l’Ospedale di Portogruaro.

Sono intervenuti il Dr Merli ex Sindaco e Ex Presidente della Conferenza dei Sindaci per la Sanità

E poi sembra che ora tutti facciano un passo indietro.

Oggi si legge un documento del Pd ufficiale  che prende posizione e vuole mettere in discussione tutto e sostanzialmente tronare a prima delle schede.

Poichè è un documento ufficiale  lo riporto integralmente senza commenti e lascio a tutti i commenti

 

l Direttivo di Circolo del PD di San Donà ha approvato ieri sera all’unanimità un documento in cui sintetizza la propria posizione sulla situazione e sulle prospettive della sanità nel Veneto Orientale.
Preciso ed insisto: il PD parla di sistema sociosanitario; il tema è il diritto alla salute, il servizio ai cittadini.
È visibile dal testo che il PD sandonatese ha idee e proposte su ogni aspetto della programmazione sociosanitaria e quindi siamo pronti e disponibili al confronto su ogni proposta; purché sia una proposta e non una iniziativa di propaganda: rifiutiamo in partenza l’idea caricaturale che parlare di sanità nel Veneto Orientale si riduca a parlare di un fantomatico “ospedale unico” senza nemmeno spiegare cosa sia.
Un baratto tra la sanità oggi e la gallina domani è inaccettabile. All’incontro con la Conferenza dei sindaci venerdì scorso, la Regione ha incredibilmente proposto uno “scambio” tra il sì incondizionato all’ “ospedale unico” – di cui si rifiuta comunque di precisare ogni dettaglio! – e la sospensione dell’applicazione delle schede sanitarie. Dove stia il collegamento tra le due cose risulta incomprensibile, a meno che le schede sanitarie non siano già state pensate come pistola puntata per portare a casa la grande opera.
Noi chiediamo la immediata sospensione delle schede sanitarie perché configurano un disastroso degrado del servizio sanitario nel territorio e in particolare lo smantellamento del presidio ospedaliero di San Donà; chiediamo impegni precisi (modi, tempi, fondi) sulla rete di servizi territoriali; chiediamo che sia allineata agi standard la spesa per l’AULSS n. 10, che risulta invece inspiegabilmente sotto finanziata rispetto a molte altre realtà regionali. Pensiamo che sia necessaria una mobilitazione delle istituzioni e della cittadinanza tutta e faremo la nostra parte perché ogni decisione sia frutto di un aperto confronto con il territorio e non calata dall’alto.

ed ecco il DOCUMENTO DEL PD

 

LA POLITICA SANITARIA NEL VENETO ORIENTALE E LA PROGRAMMAZIONE OSPEDALIERA

Il programma di mandato del Sindaco Cereser

Il Programma di mandato del Sindaco Cereser, nel capitolo denominato “per la salute”, evidenzia, tra gli altri, alcuni punti fondamentali come:

- “svolgere un ruolo attivo e autorevole all’interno della Conferenza dei Sindaci della Sanità, difendendo il diritto ad una buona sanità per tutti i cittadini”;

- “valorizzare e migliorare i servizi territoriali (sanitari e socio-sanitari), favorendo l’aggregazione dei medici di base”;

- ”riorganizzare la rete delle Case di Riposo e potenziare i servizi diurni dei Centri Servizi”;

- “puntare ad un unico Ospedale di territorio con tre poli operativi (San Donà, Portogruaro, Jesolo) migliorando la qualità dei servizi e tutelando le eccellenze già presenti”;

- “migliorare l’efficienza dei servizi sanitari inserendo nella loro rete i servizi di trasporto pubblico, le associazioni di volontariato, il Tribunale dei Diritti del Malato, la rete delle comunicazioni”.

Le motivazioni che muovono questi obiettivi, che hanno ottenuto l’approvazione dei cittadini nell’ultima tornata elettorale, trovano il loro fondamento nei valori che il PD intende mettere al centro della propria agenda politica per il nostro comune, primo fra tutti il diritto alla salute, così come sancito dall’art. 32 della Carta Costituzionale.

Per noi risultano fondamentali:

1 – la centralità della persona e il suo diritto alla salute ed alla qualità di vita, in particolare se fragile e malata;

2 – l’attenzione all’efficienza dei servizi dove gli aspetti economici, intesi come una delle risorse di sistema, non sono la finalità ma uno strumento, da usare bene, per raggiungere gli obiettivi di salute che la comunità si prefigge;

3 – una visione globale dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali, che insieme formano una rete integrata in grado di garantire il diritto alla salute sin dal domicilio, con i servizi semiresidenziali e residenziali, con le strutture intermedie ed infine, quando necessario, con le strutture ospedaliere le quali assumono solo una delle possibili risposte ai bisogni di salute.

Per quanto finora detto, quando si parla di politica socio sanitaria, non ha alcun senso concentrare l’attenzione solo sul tema ospedaliero, ma dobbiamo partire dai bisogni delle persone per la costruzione di un disegno complessivo, che comprende il servizio ospedaliero, in grado di rispondere alle legittime aspettative di una società post industriale che si definisce ai massimi livelli nazionali ed europei in tema di diritto alla salute.

Partire dalla rete dei servizi sul territorio.

Indipendentemente dalla soluzione che si vuole dare al tema della riorganizzazione ospedaliera (ospedali in rete od ospedale unico, servizio pubblico e servizio privato, in concorrenza o complementari, ecc.), resta del tutto da risolvere il problema dei servizi territoriali, sia sul versante della progettazione che, ancor più importante, della loro realizzazione. Si tratta, come noto, di dotare i distretti socio sanitari degli strumenti e delle    risorse utili per la costruzione di una rete di servizi, che ha il proprio fulcro sui medici di medicina generale e sui pediatri di libera scelta, organizzati e integrati con i servizi necessari – hospice, ospedali di comunità, RSA, unità riabilitative territoriali, centri diurni, ADI, ecc. – per garantire un sistema di cure vicino alle persone ed alle loro famiglie, per evitare ricoveri impropri negli ospedali, per garantire l’assistenza e la cura post- ospedaliera.

Il potenziamento dei servizi territoriali potrà così avere, inoltre, un importante ruolo nella prevenzione, obiettivo raggiungibile solo attraverso una diffusa e diversa cultura della salute.

Una rete dei servizi così intesa permetterebbe agli ospedali di concentrarsi, in linea con la propria mission, solo sui problemi acuti, mentre il percorso per le persone in condizione di fragilità – ad esempio in dimissioni protette – o di cronicità, potrebbero trovare soluzione negli altri servizi integrati della rete territoriale.

Per realizzare tutto questo è necessaria una politica di sviluppo con adeguati finanziamenti per l’apertura, da subito, dei nuovi servizi territoriali mancanti o insufficienti.

Contrariamente a quanto fin qui auspicato, da oltre un anno a questa parte assistiamo ad una riorganizzazione che va esattamente nella direzione opposta, a partire dalla riduzione dei servizi territoriali e dall’incomprensibile riduzione da due distretti socio sanitari ad uno solo, coincidente con tutta l’ULSS 10.

L’ospedale unico è veramente la scelta migliore e più conveniente ?

Da alcuni anni, ma recentemente in modo più frequente, all’interno dell’ULSS 10 si sta sostenendo l’opportunità di passare da un modello di strutture ospedaliere policentrico all’idea dell’ospedale unico.

Questa affermazione, sostenuta dalla direzione generale dell’ULSS 10, non è mai stata accompagnata da un preliminare di massima, non è stato detto con certezza quanto costerà (si è sentito dire 100, 150, 170 milioni di €… chi offre di più?), non è stato detto in che modo i cittadini, attraverso le tasse, dovranno pagarlo, non è stata presentata alcuna seria analisi circa i costi di gestione, né una seria analisi circa i costi sociali di una simile iniziativa.

Ad incrementare la confusione e la demagogia contribuisce il fatto che quando viene sbandierata l’ipotesi dell’ospedale unico sembra ne debba esistere, per l’appunto, uno solo. Ma non è così. L’ospedale unico, infatti, non sostituirebbe tutti e 4 gli ospedali esistenti, ma solo due, perché l’ospedale ad indirizzo monospecialistico riabilitativo di Jesolo continuerebbe ad esistere, così come la Casa di Cura privata Rizzola. La riduzione sarebbe dagli attuali 4 a 3, da realizzarsi, come sopra ricordato, non si sa quando, dove, con che soldi… e soprattutto perché.

Ed a proposito di soldi, sul piano della convenienza economica, sono viceversa molte le esperienze Venete che mantenendo due presidi ospedalieri di rete territorialmente vicini, dimostrano l’esatto contrario di quanto affermato dai sostenitori dell’ospedale unico: è il caso di Dolo e Mirano, di Conegliano e Vittorio Veneto, di Castelfranco e Montebelluna, di Cittadella e Camposampiero. In tutti questi casi, come in innumerevoli altri nel Veneto ed in Italia, con due presidi ospedalieri, con adeguate specialità e con posti letto in linea con i parametri regionali, queste ULSS hanno ottimi servizi e conti in ordine. Posta in questi termini, eventuali risultati negativi sembrano più un problema gestionale che di modello.

Ma quando si parla di costi, dobbiamo pensare che non si tratta solo di quelli economici, ma anche di quelli sociali. Con una conformazione geografica come quella dell’ULSS 10, un solo ospedale, ancorché centrale, obbligherebbe la stragrande maggioranza dei cittadini a sobbarcarsi distanze e tempi di percorrenza inaccettabili e non convenienti, considerato anche il sistema viario e di trasporti pubblici esistente. Un ulteriore buon motivo per andare a trovare le risposte in altre ULSS incrementando ulteriormente le “fughe” verso l’esterno. L’impressione è dunque che l’ospedale unico possa essere un modo per tenere occupata la classe politica e l’opinione pubblica, utile per spostare l’attenzione dall’operazione in corso, sottotraccia, di smantellamento dei servizi esistenti. Così facendo, alla naturale denuncia dei disservizi verrà risposto, in modo demagogico, che è un problema di risorse e che l’unica soluzione è l’ospedale unico.

Qualche considerazione va fatta anche sui ruoli e le funzioni fin qui esercitate: per quanto attiene la questione politica della programmazione sanitaria, riteniamo che la questione debba essere trattata in sede politica, ovvero con il Presidente della Regione Veneto, con l’Assessore alle politiche sanitarie, con la conferenza dei Sindaci.

L’apparato tecnico dell’ULSS 10, con particolare riferimento alla direzione generale, riteniamo debba concentrarsi sugli aspetti che le sono propri, ovvero sulla gestione, sull’aumento della qualità dei servizi, sulla diminuzione delle c.d. “fughe”. In questo campo riteniamo che l’equilibrio di bilancio a cui la direzione generale naturalmente tende, debba essere ottenuto non abbattendo la spesa tagliando i servizi, come si sta facendo in questo periodo, ma aumentando le entrate migliorando ed integrando i servizi stessi, sviluppando una maggiore attrazione e una maggiore fiducia da parte dei cittadini nei confronti dell’ULSS 10.

Le schede di dotazione ospedaliera decise dalla Regione non sono accettabili

Le schede regionali riferite all’ULSS 10 parlano chiaro: S.Donà: – 18 posti letto Portogruaro: -18 posti letto Jesolo: -11 posti letto

Casa di Cura Rizzola: + 11 posti letto! In tutto il settore pubblico si taglia, nel privato si potenzia. A nostro avviso, non solo non si deve tagliare, ma si deve integrare la dotazione di

posti letto esistente con quello prevista dai parametri regionali (3,5 posti letto per mille abitanti, di cui lo 0,5 per mille per la riabilitazione, oltre ad 1,2 posti letto per mille abitanti con età>42 anni in strutture di ricovero intermedio).

Per quanto attiene alle scelte organizzative, una lettura ancorché macroscopica delle schede di dotazione ospedaliera 2012-2016 mostra un’idea che la Regione Veneto ha della salute dei cittadini del Veneto Orientale alla quale noi ci opponiamo in modo chiaro e determinato.

La scelta di accorpare tutte le funzioni mediche a S. Donà e tutte le funzioni chirurgiche a Portogruaro, produrrà, se realizzato, un vero e proprio disastro, con pazienti che trovano solo risposte parziali, spesso in trasferimento dall’uno all’altra sede o, addirittura, all’esterno dell’ULSS 10. Questa soluzione è del tutto inaccettabile e drammatica in particolare per i cittadini di San Donà e dei comuni limitrofi in quanto ne verrebbero fortemente svantaggiati.

Dal nostro punto di vista, il sistema sanitario del Veneto Orientale deve vedere un presidio ospedaliero unico di rete con due sedi, S. Donà e Portogruaro, dove in entrambi i casi dovranno essere presenti i servizi di base (tra cui, ovviamente, la chirurgia). Le specialità, viceversa, dovranno trovare una razionalizzazione, evitando doppioni. Jesolo dovrà continuare a sviluppare l’importante indirizzo riabilitativo (Sull’esempio di Motta di Livenza) affiancato da un efficiente Pronto Soccorso. A questo proposito, non si condivide lo spostamento del Primariato di Pronto Soccorso a Jesolo in quanto non sostenuto dalla realtà dei dati: nel 2012 l’attività di Pronto Soccorso di S. Donà è stata quantitativamente il doppio rispetto a quella di Jesolo.

La Casa di Cura Rizzola

Le scelte contenute nelle schede ospedaliere proposte dalla Regione e la proposta di  riorganizzazione appena accennata, vanno chiaramente a scapito del sempre più depauperato ospedale di S. Donà (a cui, ricordiamo, la Regione vuole togliere la chirurgia). Nella Casa di Cura, viceversa, la compresenza dell’area medica e di quella chirurgica, magari supportata dal richiamo di qualche nome di rilievo, aggraveranno ancora di più lo  squilibrio esistente. La proposta della Conferenza dei Sindaci di individuare per la Casa di Cura Rizzola  una funzione accessoria e complementare al sistema dei servizi socio-sanitari dell’ULSS e di convertirla a struttura intermedia, collocando in quella sede la filiera dell’anziano, lungodegenze, dismissioni post-ospedaliere, è quella che facciamo nostra.

Non solo NO

Al fine di evitare possibili equivoci, la posizione espressa dal PD di San Donà si sostanzia su questioni di metodo e di merito. Ciò non coincide con un rifiuto aprioristico al confronto.

Per quanto attiene al metodo, invitiamo la Regione del Veneto ad avanzare le proprie proposte non attraverso comunicati stampa o slogan generici (ad es. quello dell’ospedale unico), ma in modo più dettagliato, analitico, approfondito, corredato da studi e dettagli di tipo gestionale, sociale, ambientale, in modo tale da consentire ai cittadini, che abitano in questo territorio, di conoscere e partecipare allo sviluppo della problematica.

Sul piano del merito già molto è stato detto e la posizione è ben delineata nel programma di mandato del Sindaco Cereser. Tuttavia, qualora la Regione intendesse andare comunque avanti nei propri intenti, evidenziamo fin d’ora che i problemi riguardanti la consistenza della rete dei servizi territoriali, il reperimento del finanziamento pubblico dell’opera (per evitare gli errori dell’ospedale dell’Angelo che i cittadini stanno pagando con le loro tasse) e la scelta di un’area – compatibile sul piano ambientale, baricentrica rispetto alla densità della popolazione e completa sul piano delle infrastrutture – sono presupposti imprescindibili ad ogni tipo di sviluppo.

Per quanto riguarda infine gli obiettivi a breve termine, si ribadisce che il PD chiede l’immediata sospensione dell’applicazione delle schede ospedaliere ed esprime la propria ferma opposizione alla ristrutturazione ospedaliera del presidio di San Donà come previsto dalle schede stesse reclamandone, in ogni caso, il potenziamento dei servizi sino agli standard previsti, per garantire, qui, ora e sino alla realizzazione concreta di eventuali alternative, la salute dei cittadini di San Donà e dei comuni limitrofi.

Partito Democratico – Circolo di San Donà 12 febbraio 2014

Unico commento è come saltano fuori gli 11 letti in più alla Casa di Cura quando rimangono secondo le schede 103. Unico dato ma non si deve fare confusione sono gli eventuali di posti per gente che viene in casa di Cura da Fuori Regione. Nessun costo per la Regione ma solo Gente che viene portando soldi e viene attratta da una struttura che funziona

 

Noi ci chiediamo allora perchè il Sindaco era d’accordo . Perchè la Conferenza dei Sindaci alla unanimità era d’accordo  e perché il Sindaco Cereser che era  ed è Presidente della Conferenza dei sindaci non ha posto la questione prima.

Il clima si fa rovente

Noi stiamo preparando un Talk show sull’argomento ma certamente se si torna a polemizzare e a volre un Ospedale sotto casa e tutti eguali si rimane fermi e perdiamo un treno.

Si può modificare il piano e fare Ospedali differenziati che non facciano tutti le stesse cose. ma….