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BULLISMO: “La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci” Isaac Asimov

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Interesante articolo della Psicologa G. Zorzenoni che deve fare pensare e meditare

BULLISMO

Il bullismo è molto comune oggi come un tempo, ma rischia di minare a fondo la nostra autostima provocando una sofferenza, spesso insostenibile.

Come si fa a fare i conti con i bulli?
-Per prima cosa ricordati che non è colpa tua, ci sono tantissime ragioni per cui un bullo decide di prendersela con te e queste non dipendono dalla tua personalità, ma da quella dei bulli.
Se inizi a pensare di non avere valore, prendi un foglio e scrivi i motivi per cui pensi che questa cosa non sia vera.
In cosa sei bravo? Cosa ti riesce bene? Cosa ti rende unico?
La prossima volta che un bullo mette in discussione il tuo valore ricorda questa lista e i motivi per cui tu sei unico e importante.

-Circondati di persone positive che sappiano apprezzarti per ciò che tu sei. Potresti avere difficoltà a trovarli, ma puoi sempre conoscere nuove persone che condividano con te passioni e interessi. Cerca nei corsi organizzati dalla scuola, nelle associazioni sportive o nei centri di aggregazione.

-Se ti trovi di frontre al bullo… ignoralo, non dargli corda, i bulli se vedono che tu non dai loro retta, iniziano ad annoiarsi, potrebbero lasciarti stare, se il bullo continua a tormentarti cerca di avvicinarti a un gruppo di amici o scappa e chiedi aiuto.

-Cerca qualcuno che possa darti aiuto, nessuno ha il diritto di farti sentire in pericolo, infelice o sbagliato. Cerca qualcuno di cui ti puoi fidare, un genitore o un insegnante, un adulto di riferimento, non c’è ragione per cui tu debba tenere dentro questo peso e viverlo in solitudine.

QUAL E’ IL BISOGNO DEL BULLO?
Sia in età infantile che nel corso dell’adolescenza è molto difficile inserirsi all’interno del gruppo dei pari e spesso la ricerca di conferme sociali attraverso l’emulazione di modelli negativi rappresenta una soluzione, seppur instabile. Per tali ragioni, tale dinamica comportamentale spesso si pone come la radice del fenomeno sempre più diffuso del bullismo.
Così il bisogno di trovare una dimensione nella vita relazionale di un ragazzo può trasformarsi in un problema relazionale per un altro che diventa “vittima” degli episodi di un “bullo”.

Come tutte le forme di persecuzione ai danni di una persona, anche il bullismo è caratterizzato da episodi di prevaricazione e persecuzione ripetuti nel tempo e con una certa frequenza, tali da instaurare emozioni negative durature nella vittima che li subisce, soprattutto insicurezza e paura.
Generalmente esiste anche un disequilibrio relazionale tra bulli e vittime che si basa in genere sulla forza fisica, su differenze psicologiche nella sicurezza in sé o sul potere nel gruppo.
Infatti, i bulli sono spesso persone più forti fisicamente e i loro obiettivi diventano frequentemente i coetanei magri e deboli o, viceversa, grassottelli e impacciati. Generalmente, inoltre, il bullo possiede una “forza interiore apparentemente maggiore” che si fonda su un senso di sicurezza in sé nutrito proprio dalle sue prepotenze su quelli che hanno risposte più o meno accondiscendenti e remissive. Con ciò non significa che realmente esista maggiore forza psicologica nei bulli, piuttosto si tratta di un senso di superiorità compensativo, di una sicurezza instabile e derivante dall’esterno, legata a piccole vittorie quotidiane che si fondano proprio sulla prevaricazione e che possono al contempo conferire un senso opposto di insicurezza nelle vittime e che spesso genera anche un potere del bullo all’interno del gruppo.

CHI E’ IL BULLO? CHI E’ LA VITTIMA?
Generalmente i bulli, dietro la loro apparente sicurezza, mostrano dei problemi relazionali destinati a peggiorare con il trascorrere del tempo se le loro modalità relazionali non cambiano. Uno dei rischi maggiori nella vita adulta è lo sviluppo di psicopatie.
Gli scambi relazionali dei bulli, secondo quanto rilevato da numerosi studi, sono caratterizzati da deficit relativi a determinate abilità appartenenti alla cosiddetta “intelligenza emotiva” (Goleman D., 1995) e in particolare risentono negativamente di bassi livelli nello sviluppo dell’empatia.
I bambini e i ragazzi che esercitano delle azioni di prevaricazione fisica o verbale, più precisamente hanno mostrato di essere meno capaci nell’etichettare in modo corretto le espressioni emotive degli altri, problematica che spiega la tendenza a rispondere in modo aggressivo anche a comportamenti neutri o persino positivi mostrati da altri bambini e ragazzi. Anche il riconoscimento delle proprie emozioni appare basso e, poiché la consapevolezza dei propri stati emotivi è il presupposto fondamentale per una adeguata gestione della vita affettiva, quest’ultima risulta connotata da reazioni emotive istintive che prendono il sopravvento su ogni alternativa ragionata.
Esistono anche altre caratteristiche piuttosto diffuse tra i bulli che spiegano le loro difficoltà relazionali: esse riguardano le ridotte abilità verbali spesso presenti in questi bambini e ragazzi (Fedeli D., 2005). Le dimensioni linguistiche ridotte sembrano direttamente connesse all’osservazione della tendenza a mettere in atto costantemente comportamenti aggressivi quando si verificano situazioni relazionali ambigue, dal momento che non esistono sufficienti capacità di dialogo utili al chiarimento di situazioni problematiche.
Recenti interventi sul bullismo hanno evidenziato anche la presenza di problemi nelle funzioni esecutive dei bambini più aggressivi. Questi ultimi, infatti, mostrano delle difficoltà relative alle principali capacità di programmazione del comportamento utili in contesti relazionali. Essi non riescono efficacemente soprattutto nei compiti di pianificazione delle proprie azioni e previsione delle possibili conseguenze, nel controllo di eventuali comportamenti impulsivi che limitano il raggiungimento di obiettivi, nell’adattamento del proprio comportamento a contesti differenti,
nelle capacità di posporre le gratificazioni immediate prevedendo futuri successi e vantaggi e nell’apprendimento dalle esperienze precedenti.
Anche le vittime sono accomunate spesso da caratteristiche psicologiche e comportamentali simili. Una delle principali caratteristiche relazionali è la mancanza di assertività, cioè della capacità di esprimere se stessi, senza essere passivi o aggressivi, aspetto che in senso opposto manca anche ai bulli. Spesso le vittime del bullismo sviluppano sintomi di ansia o depressione , che vengono manifestati in modo più o meno palese, frequentemente sotto forma di conversioni in sintomi somatici (febbre, mal di testa, problemi gastrointestinali, ecc.), che rappresentano un modo per tenersi lontani dai posti in cui vengono molestati. Altre volte i segni di malessere psicologico possono essere più chiari, come nel caso di crisi di ansia o di pianto o quando sono presenti incubi ricorrenti su temi legati alle pressioni subite.

IL RUOLO DEL GRUPPO
Uno dei principali fattori che possono innescare o sostenere comportamenti di bullismo è rappresentato dall’importanza assunta, per ogni persona in età evolutiva, dal gruppo di coetanei. Ogni bambino o ragazzo infatti mostra una spiccata tendenza a cercare di inserirsi nel gruppo con cui condivide un’attività: ciò accade anche a quelli con condotte aggressive e da bullo che mettono in atto comportamenti disadattivi per raggiungere tale scopo. Tali condotte possono portare a reazioni differenti all’interno del gruppo: benché spesso i bulli siano isolati e allontanati inizialmente dalla classe, essi spesso riescono a trovare qualche altro “bullo non dominante” di supporto o semplicemente si fanno forti di comportamenti non apertamente contrari ai loro comportamenti, che spesso leggono persino come accondiscendenti. Il supporto più o meno completo di altri compagni rappresenta un ottimo rinforzo per i propri comportamenti di prevaricazione. Ma paradossalmente agisce in modo simile anche il rifiuto mostrato dal gruppo, che tende ad essere espresso generalmente con commenti negativi ai tentativi di un bullo di richiamare l’attenzione e di inserirsi nel gruppo con la prevaricazione: tali considerazioni diventano infatti ugualmente delle attenzioni rivolte verso l’“aspirante leader”.

…E LA FAMIGLIA?
È altrettanto importante sottolineare che spesso esistono anche delle caratteristiche familiari che tendono a favorire comportamenti di bullismo. Nelle ricerche sulle caratteristiche familiari di bulli si è evidenziata la presenza diffusa di modalità di gestione della disciplina piuttosto rigide o, viceversa, inconsistenti. La leadership presente a casa tende a rinforzare i comportamenti oppositivi e aggressivi: più precisamente le richieste dei figli spesso comportano irrigidimenti iniziali dei genitori, cui seguono comportamenti negativi che spesso finiscono per generare un allentamento della rigidità, lasciando che i figli apprendano a usare le modalità disadattive per raggiungere i propri obiettivi. Talvolta la situazione familiare può essere complicata dalla presenza di modelli aggressivi da imitare che rappresentano i più significativi esempi che essi emuleranno e riproporranno in contesti extrafamiliari.

POSSIBILI SOLUZIONI?
Gli interventi possibili per prevenire e affrontare il bullismo sono innumerevoli, non tutti di pari efficacia e possono coinvolgere diversi destinatari, in relazione agli obiettivi che si propongono.
Le azioni di intervento volte a diminuire i comportamenti aggressivi agiti dai bulli possono essere sia individualizzate, che inserite in contesti più generalizzati.
Sui singoli bulli, in considerazione delle carenze in alcune aree psicologiche e comportamentali, ci si orienta soprattutto verso il miglioramento delle stesse con programmi specifici come, ad esempio, i “training di alfabetizzazione socio-emotiva ”, ossia percorsi specifici mirati a migliorare le abilità deficitarie dell’intelligenza emotiva e delle capacità socio-relazionali, con particolare attenzione allo sviluppo della prosocialità.
In questo contesto di intervento, gli approcci individuali meno efficaci sembrano quelli di tipo punitivo e sanzionatorio, dal momento che tendono a lasciare il bullo nella sua incapacità di trovare prospettive e comportamenti diversi per affrontare con maggiore efficacia la vita relazionale. Tali sistemi di intervento possono persino peggiorare la situazione, dal momento che una sospensione potrebbe, per diversi motivi, assumere un valore di “rinforzo positivo” del comportamento sgradito.
La famiglia e la scuola, in questo contesto di interventi, vengono addestrate ad evitare ad isolare i bulli, oltre che irrigidirsi di fronte ai loro comportamenti negativi. L’obiettivo, al contrario, deve essere quello di favorire nel bullo l’emissione di comportamenti positivi da premiare, principalmente attraverso i rinforzi sociali che lui ricerca con i suo comportamenti negativi.
Molto più utili sembrano invece le tecniche di intervento di tipo riparatorio, ossia quelle volte a mediare il conflitto tra bullo e vittima, favorendo la comunicazione attuale e futura tra i due, come avviene nel “Metodo dell’Interesse Condiviso”, in cui si sostiene lo sviluppo dell’empatia nel bullo attraverso la stimolazione del senso di responsabilità che può nascere dall’“osservazione mediata” delle conseguenze emotive provocate sulla vittima (Pikas A., 1989).
Per la singola vittima, talvolta, è utile un lavoro di supporto psicologico centrato sullo sviluppo dell’assertività , ma anche sul potenziamento della stima di sé, spesso logorata da continui attacchi e dalle critiche subite.
Molti interventi attuali agiscono ad ampio raggio, affrontando sia la prevenzione che il recupero e rivolgendosi anche alle famiglie, soprattutto nei contesti in cui si sono già verificati episodi di bullismo. In questi interventi, definiti di “parent training ” (Fedeli D., 2005), si conducono dei percorsi di aiuto alla genitorialità, volti a fornire informazioni sui metodi educativi più efficaci per inibire lo sviluppo di comportamenti disadattivi nei propri figli.

“La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci” Isaac Asimov

Dr.ssa Giulia Zorzenoni
Psicologa