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Il movimento di opinione "il ponte" si prefigge di raccogliere le opinioni del cittadino, filtrandole ed elaborandole per capire cos'è importante e più utile per la gente.

Dando spazio a tutte le proposte mantenendo sempre la persona e le persone al primo posto.

Si intendono sviluppare i collegamenti con le associazioni di volontariato, con le istituzioni, con le associazioni di categoria, e dei media per elaborare nel miglior modo ciò che viene esposto dal cittadino. Non limitandoci alla critica in quanto tale, ma impegnandoci a costituire e a a tradurre in realtà le idee.

Al movimento di opinione "il ponte" puo' associarsi chiunque desideri lavorare per migliorare la nostra città: renderla più vivibile e sana; ogni persona indipendentemente dalla colorazione politica e dall'iscrizione a un partito, purchè il suo pensiero sia guidato da sani principi.
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Piede diabetico da una intervista di pazienti.it

Piede diabetico: dalla prevenzione , ai sintomi, alla diagnosi, alla terapia.

In questa intervista condotta da www.pazienti.it il Dr Madeyski Parla del Piede diabetico
Parla dei sintomi e specialmente in questa prima parte della intervista il Dr Madeyski Parla del Piede diabetico come si presenta e che sintomi da al paziente
Parla dei sintomi e specialmente dei primi sintomi

Sintomi piede diabetico

I sintomi del piede diabetico

I sintomi del piede diabetico

Come può apparire un piede diabetico dopo che i sintomi sono peggiorati arrivando a complicanze
Importante è riconoscere i primi sintomi per non arrivare ad una diagnosi tardiva

Piede diabetico complicato

una necrosi si di un piede diabetico complicatoi

Testo a cura del dr. Paolo Madeyski, specialista in chirurgia generale.
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Il piede diabetico è un disturbo che colpisce i pazienti con diabete grave. Difficile è trattare le lesioni cutanee al piede e, spesso, le persone colpite tendono a subire delle infezioni acute e dolorose.
Abbiamo rivolto alcune domande al dr. Paolo Madeyski, chirurgo, per capire insieme quali sono i primi campanelli d’allarme da non sottovalutare.
Piede diabetico: qual è l’incidenza del disturbo?
Il diabete è una patologia molto frequente e in aumento per lo stile di vita ai giorni nostri.
Una delle conseguenza più frequenti è la condizione denominata piede diabetico. Trattasi di una condizione che si riscontra nelle persone con diabete di tipo 1 ma anche con tipo 2.
L’OMS ci dice che circa il 15% dei diabetici andrà incontro nella sua vita a una lesione trofica del piede, che può richiedere cure mediche fino ad arrivare a terapie chirurgiche anche demolitive.
Tali lesioni, se non trattate precocemente, possono aver bisogno di trattamenti importanti, come l’amputazione di una piccola porzione di tessuto o di un dito (amputazioni minori) o, addirittura, del piede e di un arto (amputazioni maggiori).
Il diabete, se non viene curato in maniera corretta, comporta problemi legati a una complicanza tipica dei diabetici e cioè alla neuroangiopatia diabetica. Questa situazione è collegata a una riduzione della sensibilità negli arti del paziente, riduzione provocata appunto dal diabete mellito, che può danneggiare i nervi degli arti inferiori e dei piedi.
Come conseguenza di tale riduzione della sensibilità, si registra una difficoltà nell’avvertire la presenza di iniziali lesioni nella zona dei piedi. Ma, oltre al danno neurologico, vi è una riduzione della circolazione arteriosa negli arti inferiori, con danni al trofismo con maggiore fragilità della cute, che facilmente si lesiona anche per minimi traumatismi, fino ad arrivare a ulcere.
Se poi a un’angioneuropatia diabetica con diminuzione della sensibilità aggiungiamo il fumo, l’utilizzo di scarpe non adeguate, la presenza di deformazione delle dita (come alluce valgo o piede di Charcot), la situazione diventa complessa e grave, sia per i sintomi che per le conseguenze.
Naturalmente, i sintomi dipendono dalla gravità della lesione.
Quali sono i sintomi del piede diabetico?
I sintomi iniziali del piede diabetico sono principalmente:
• la perdita dei peli;
• le unghie che iniziano a crescere male;
• la sensazione di freddo.
Sono sintomi molto comuni e, quindi, spesso sottovalutati, in quanto legati alla arteriopatia che normalmente tali pazienti hanno, poiché le arterie e i capillari distali degli arti inferiori finiscono per chiudersi progressivamente.
Spesso, non si riesce ad avvertire l’arto e il piede viene appoggiato in maniera scorretta, favorendo indurimenti della pelle, come calli e vesciche.
Il vero problema è che, perdendo la sensibilità, non si riesce ad accorgersi di lesioni anche minime o ustioni o piccole ulcere, che possono infettarsi causando una progressiva cancrena dei tessuti. Ricordiamo che solo una parte dei diabetici lamenta dolori ai piedi, perché in genere il piede diabetico è asintomatico.

Piede diabetico cronico

un piede diabetico deformato negli anni

All’inizio, l’ulcera si forma sul bordo dell’unghia dell’alluce, oppure sotto la pianta del piede, nella zona più vicina alle dita e poi si può espandere a tutte le dita e a tutto il piede. Può iniziare come arrossamento di una parte del piede, come gonfiore o, a causa della presenza di vesciche, si manifesta attraverso difficoltà nel camminare, dolore, cambiamento del colore della pelle o febbre.
I diabetici sono predisposti alle infezioni batteriche e fungine nel piede, a causa della cattiva alimentazione. L’aumento del livello di zucchero nel sangue rappresenta una minaccia per il sistema immunitario della persona. E le infezioni possono non fermarsi ai tessuti molli, ma colpire anche l’osso e il midollo osseo (osteomielite).
Qual è lo stile di vita da adottare in caso di diabete?
In casi di diabete grave, il consiglio è di:
• avere una massima igiene e controllo dei piedi;
• mai sottovalutare qualsiasi dolore ai piedi, specialmente alle dita, o bruciore costante, formicolii, edemi, arrossamento localizzato, muscoli doloranti e deboli agli arti inferiori, calli, pelle infiammata e naturalmente ulcerazioni.
È bene ricordarsi che ogni piccolo campanello d’allarme è da segnalare al proprio medico, se si è affetti da diabete, perché il contesto della malattia modifica decisamente la percezione di un piccolo taglio o di una ferita arrossata.

Come curare il piede diabetico

Pazienti.it ha intervistato il Paolo Madeyski, specialista in chirurgia generale su come curare il piede diabetico. Naturalmente il piede diabetico e le varie complicanze

Piede diabetico che si complica

Come si forma la complicanza del piede diabtico

Su Pazienti.it il Dr Madeyski Parla delle terapie del piede diabetico
Curare il piede diabetico è possibile, sebbene la migliore arma sia sempre quella della prevenzione.
Ce lo conferma il dr. Paolo Madeyski, chirurgo generale.
Quali sono ad oggi le cure possibili per il piede diabetico?
La vera cura del piede diabetico è rappresentata senza dubbio dalla prevenzione.
Per non correre il rischio, il soggetto dovrà ispezionare per bene i piedi, dovrà evitare di camminare senza scarpe, dovrà evitare le fonti di calore dirette (borsa calda, caminetto, stufa, ecc.), dovrà curare eventuali calli con l’aiuto di un podologo esperto e dovrà sottoporsi a un’accurata visita dal medico almeno una volta l’anno, per controllare approfonditamente lo stato di salute dei propri piedi.
Il medico, dopo un’accurata anamnesi, effettua l’esame obiettivo e controlla eventuali esami del paziente. Oltre agli esami del sangue per il diabete e la funzionalità renale, importante è un ecodoppler arterioso agli arti inferiori e ai tronchi sovra aortici, per valutare come impostare la terapia. Solo in casi particolari si passa ad angiografia e RNM. Importante è, invece, l’esame culturale e l’antibiogramma, se ci sono lesioni aperte.
In cosa consistono le cure mediche e riabilitative per il piede diabetico?
Dopo la prevenzione, l’unico modo per curare il diabete è mantenere uno stile di vita sano, mangiare in modo equilibrato, per avere giusti livelli di zucchero nel sangue, e fare movimento. Anzi, il movimento attivo se misurato è la miglior medicina.
Diversi sono i farmaci a contrastare il piede diabetico:
• Antibiotici per le infezioni, consigliati sempre dopo aver fatto un esame culturale e un antibiogramma.
• Farmaci vasodilatatoriche servono a portare maggiore afflusso arterioso periferico.
• In base alle lesioni, il paziente ha bisogno di assistenza dell’infermierepiuttosto frequente (generalmente quotidiana) per il cambio della medicazione e per scegliere la calzatura più adatta con aiuto di podologo e posturologo.
• Plantari e calzature ortopedicheche permettono il corretto appoggio del piede, scaricando il peso del corpo su tutta la sua superficie.
• Medicazione specifica per le ulcere(se in corso) per guarirle in modo efficace.
Qual è il trattamento chirurgico per il piede diabetico?
Tra i trattamenti chirurgici per il piede diabetico troviamo:
• Angioplastica e posizionamento di stent in vasi ostruiti o stenotici.
• Necresectomia delle zone necrotiche o con fibrina.

• Amputazioni minori (falangi, metatarsi e asportazioni di frammenti ossei malarici).
La gangrena può essere provocata da un’ulcera del piede diabetico che si approfonda poi nel piano osseo. Complice la ridotta sensibilità dei nervi, si può arrivare a un’ulcera profonda con infezione.
I problemi circolatori causano un alto rischio di infezione; l’infezione e l’angiopatia diabetica portano a un’ulteriore riduzione del flusso di sangue, causando la gangrena, cioè la necrosi dei tessuti del corpo.
Quando si sviluppa la gangrena, bisogna eseguire un’amputazione della zona malata e può essere un’amputazione maggiore o minore, a seconda della quantità di piede da amputare (cercando sempre di amputare il meno possibile ed evitando, se possibile, di arrivare all’amputazione dell’arto intero, per prevenire la diffusione dell’infezione ad altri tessuti sani del corpo).
Quando si perde la capacità di sentire le dita dei piedi, questi si possono ferire frequentemente, senza che la persona se ne accorga; spesso poi da una ferita si può sviluppare un’ulcera, che può scaturire in una grave infezione. Il medico rimuove il tessuto morto; poi, vi è la possibilità di utilizzare vari metodi e metodiche per coprire il tessuto mancante o farlo rigenerare:
• Può essere usata la sostituzione, con innesti di pelle o con vari tipi di medicazioni più meno avanzate.
• Si può stimolare la rigenerazione dei tessuti asportati con metodi alternativi, che si raggruppano nella cosiddetta medicina rigenerativa.
• Da anni si usa la ozonoterapia, sia in forma di bagni della zona o con olio ozonizzato, sia con infiltrazioni locali con la autoemoterapia ozonizzata.
• Lacamera iperbarica ha delle controindicazioni locali e sistemiche, oltre che di distanza dei centri.

Piede diabetico in Ulcosan NEW

Un piede diabetico complicato in Ulcosan New

È stato inventato nel 1999 e migliorato fino all’ultimo modello, il ULCOSAN NEW o CAMERA MADEYSKI, l’ossigeno in normobarismo. Con tale metodo si porta l’ossigeno a contatto con la lesione a una concentrazione del 95% in 6 minuti senza iperbarismo. Non vi è alcuna controindicazione locale o sistemica e in più arriva l’ossigeno direttamente a contatto con la lesione.

Piede diabetico: quando l’amputazione è necessaria

Piede diabetico e amputazione

Quando un poiede diabetico rischia la amputazione

Testo a cura del dr. Paolo Madeyski, specialista in chirurgia generale.

Ahimè, quando si parla di piede diabetico, a volte, si pensa alla soluzione estrema: quella dell’amputazione del piede.
Fortunatamente, non sempre è necessaria e i trattamenti (insieme alla prevenzione) consentono di evitare questa pratica chirurgica.
Ne parliamo assieme al dr. Paolo Madeyski, specialista in chirurgia.
Quando, in caso di piede diabetico, è necessaria la amputazione?
Quando si sviluppa la gangrena bisogna eseguire un’amputazione della zona malata e può essere un’amputazione maggiore o minore, a seconda della quantità di piede da amputare, cercando di amputare meno possibile e evitando di arrivare alla amputazione dell’arto intero, per prevenire la diffusione dell’infezione ad altri tessuti sani del corpo.
Quando si perde la capacità di sentire le dita dei piedi, questi si possono ferire frequentemente senza che la persona se ne accorga e, spesso, da una ferita si può sviluppare un’ulcera e può diventare una grave infezione. Le infezioni dei piedi si possono diffondere fino alla gamba.
L’infezione e la morte del tessuto si espandono col tempo, ed è necessario amputare l’arto per salvare la vita del paziente.
Un’amputazione si effettua in anestesia generale o con un’epidurale (anestesia locale), a seconda delle condizioni del paziente.
Dalla ferita esce un tubo di drenaggio per far uscire i liquidi in eccesso dai tessuti operati. A guarigione avvenuta, a secondo del tipo di amputazione, si può ricorrere a una protesi.
Dopo l’intervento di chirurgia, il paziente necessita di una riabilitazione e di una scarpa o di un plantare studiato per il piede amputato. Egli deve imparare a tornare alla vita quotidiana senza una parte del corpo. L’arto amputato si può sostituire con una protesi e il fisioterapista può aiutare il paziente a imparare a usare questo ausilio.
Alcuni amputati sentono dolore nell’arto tagliato. Questa patologia è nota come sindrome dell’arto fantasma (lo si ritrova in tutti gli amputati, per qualsiasi causa, non solo nel diabete).
Il mio pensiero sulle complicanze del piede diabetico dopo una casistica di più di 2000 casi: io ritengo che l’amputazione possa essere minore; con asportazione solo di zone necrotiche e dopo un’accurata pulizia, occorre passare alla terapia con ossigeno con la camera normobarica, chiamata Ulcosan NEW a Camera Madeyski.
Noi, quando possibile, amputiamo solo una falange o un metatarso, raramente un dito completamente. L’amputazione dell’avampiede è molto rara e l’amputazione di un arto la riserviamo a casi estremi: nella nostra esperienza ciò avviene solamente per un paziente ogni 100.
Cosa aspettarsi dopo l’amputazione?
La ferita non viene chiusa in quanto la sutura cutanea, in una cute sofferente come quella affetta da vascolarizzazione, farebbe andare in necrosi.
La ferita sarà sottoposta un’ora al giorno a ossigenoterapia in normobarismo. Tale terapia non ha alcuna controindicazione e, specialmente nel piede diabetico (come nelle ferite in gravi arteriopatie periferiche), dà ottimi risultati.
Spesso, l’assistenza infermieristica non serve, se il paziente è seguito dai familiari e usa la terapia con ossigeno tramite la camera normobarica Ulcosan NEW.
La medicazione è semplice. Basta pulire la ferita con soluzione fisiologica e poi fare un’ora di ossigeno. Successivamente, occorre solo la medicazione semplice; mai utilizzare pomate, mai garze grasse, mai medicazioni avanzate.
Il mio pensiero dopo 46 anni di chirurgia si riassume in tre concetti:
1. Non siamo stati fatti o creati per essere operati.
2. Per amputare c’è sempre tempo.
3. A volte la costanza e le terapie a disposizione possono dare una qualità di vita accettabile e migliore rispetto alla chirurgia demolitiva.

VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA

VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA PER LA TERAPIA DELLE ULCERE TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI E DELLE COMPLICANZE DEL PIEDE DIABETICO

VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA

Ulcosan New o Camera Madeyski

Per maggiorti informazione visitare
www.cameramadeyski.it

I problemi vascolari legati a deficit arterioso e all’insufficienza venosa a carico degli arti inferiori rappresentano la causa principale delle lesioni trofiche degli arti inferiori assieme alla neuroangiopatia diabetica
In sostanza i seguenti problemi
• insufficienza venosa,
• deficit arterioso,
• diabete, traumi
• decubiti
• iatrogeniche e neoplastiche

sono le cause principali di lesioni trofiche che si trovano agli arti inferiori e principalmente alle gambe, alle caviglie e ai piedi

Queste lesioni rappresentano un problema medico ma anche sociosanitario e economico.
Si stima che in Italia tale patologia colpisca l’1,5% della popolazione e il 5% della popolazione sopra i 65 anni. La diffusione è strettamente correlata all’invecchiamento della popolazione ma anche alle condizioni di vita e al livello di cultura e agli stili di vita che si sono instaurati ai giorni d’oggi.
Sono problemi importanti in quanto il malato con tali lesioni, che per definizioni sono croniche, è spesso inabile, sofferente, depresso, e questo provoca uno scadimento della qualità della vita, e coinvolge l’ambiente familiare per la continua necessità d’assistenza, accompagnata da un decorso lento e non ben definito.

I Costi : per la famiglia, per il paziente e per la Società

Queste lesioni
• sono di difficile cura perché spesso non si può eliminare la loro causa;
• il loro miglioramento dipende dalle risposte individuali, dall’età e dalle patologie associate oltre dalle cause e concause.

Possiamo dividere l’aspetto economico in due

1. Costi diretti (cure e materiali utilizzati, reparti e servizi pubblici o convenzionati, medicina di base, assistenza domiciliare integrata e residenze sanitarie per anziani, spese per diagnosi
2. Costi indiretti con giornate lavorative perse sia dal paziente sia dai familiari coinvolti ed eventuali costi per assicurazioni.
Questi costi , essendo il problema cronico saranno in aumento dato l’invecchiamento della popolazione e lo stile di vita che porta ad un aumento di proible4mi vascolari e all’aumento dei soggetti diabetici

Terapie attualmente a disposizione

• terapie primarie rivolte a risolvere o a migliorare le cause e le concause (farmaci vasoattivi, diabetici, farmaci che agiscono sulla viscosità del sangue, vasodilatori ecc…) farmaci e presidi per le medicazioni (pomate, garze, fasciature, presidi medicati ecc…) e farmaci per le complicanze (anticoagulanti, antibiotici) . Chirurgia vascolare con le varie metodiche e indicazioni. Lipofilling rigenerativo, Pappa di piastrine ec
• terapie chirurgiche volte alla detersione delle lesioni o alla riparazione delle stesse (chirurgia plastica) o asportazione di lesioni osteitiche
• ossigenoterapia attuata nelle camere iperbariche che da buoni risultati, ma è di difficile attuazione per la scarsa reperibilità e per le controindicazioni generali (organiche e psicologiche) che ne limitano l’utilizzo.

Ma ci si trova davanti a trattamenti spesso insufficienti che portano spesso a complicazioni gravi come infezioni, gangrene, amputazioni più o meno maggiori.
Naturalmente queste complicanze comportano problemi di costi per il paziente , per la famiglia e per la sanità sia pubblica che privata .

Il problema dei costi è un problema esistito da tempo ma che attualmente si fa più acuto conoscendo i tagli alla sanità e al limitato potere economico della gente

Ecco allora la terapia alternativa che da diversi anni abbiamo messo a punto : la ossigenoterapia in normobarismo

L’ossigenoterapia normobarica per via topica, che una volta veniva eseguita in modo empirico ma che noi la abbiamo portata a standard scientifici con validazioni da studi medici e dall’uso che si sta espandendo sempre di più. Questa terapia non ha alcuna controindicazione, presenta dei costi modesti, alla portata di tutti anche perché stata portata all’uso domiciliare con vantaggi sia per il paziente (risultati ottimali) sia per il Sistema Sanitario Nazionale (costi minimi in quanto praticabile anche a domicilio da personale non medico).

Vediamo la differenza dei costi fra ossigenoterapia con camera iperbarica e ossigenoterapia con camera normobarica per capire i vantaggi per il paziente ma anche per la Sanità.

• Per il paziente e la famiglia si tratta di spese legate al trasporto del paziente alla Camera Iperbarica che mediamente impegna mezza giornata tra viaggio e tempo della terapia; trattasi di spesa viva di trasporto e di spesa sociale per impegno di una persona per mezza giornata.
• Per quanto riguarda il SSN dobbiamo considerare che il paziente può essere trasportato da mezzo pubblico (ospedale o Comune) alla Camera iperbarica e che tale trasporto implica la spesa del mezzo, dell’autista e del personale paramedico che per legge lo deve accompagnare.

Il costo comunque a carico del SSN è quello legato all’uso della Struttura che ospita la Camera Iperbarica. Le Camere Iperbariche, salvo poche eccezioni, sono di proprietà di strutture private convenzionate con il SSN ma anche quelle che sono in uso presso Strutture Universitarie hanno un costo elevato per l’uso, la manutenzione e per il costo di personale medico e infermieristico
Normalmente alla Struttura che gestisce la camera Iperbarica viene riconosciuto un costo di 90 € a seduta e normalmente sono previsti cicli di 60 sedute; tali sedute vengono eseguite per motivi contingenti alla Struttura 5 giorni su sette (dal lunedì al venerdì). Il costo di 90 Euro comprende l’uso della Camera Iperbarica comprensivo del personale medico e paramedico che deve essere presente per legge
A questo costo deve essere aggiunto il costo della medicazione che non è compreso nei 90 euro.
Si deve aggiungere il costo del trasporto dell’assistito che può essere a carico del SSN o della famiglia.

Il costo quindi per può essere calcolato per giorno di applicazione o per ciclo di applicazioni.
Il costo giornaliero può variare a seconda la distanza ma medialmente sarà di 90 + 20 + 100 euro .
Il costo di un ciclo di 60 sedute sarà pertanto di circa 12.000 euro .
Na notare che difficilmente il paziente sarà guarito dopo 60 sedute di camera iperbarica. Dipende dal tipo di lesione. Dalla Grandezza della lesione, dalla profondità della lesione e dalle condizioni circolatorie e in genere dalla causa che ha dato le lesioni trofiche

La ossigenoterapia normobarica viene eseguita nei primi 3-4 giorni in ambiente ospedaliero in quanto si pratica ( e dovrebbe essere lo stesso per il trattamento in camera iperbarica ) la pulizia o la toliletta e successivamente a domicilio

Il fatto che la terapia viene eseguita a domicilio comporta facilmente la soluzione di due problemi:
1) l’azzeramento delle spese di trasporto del paziente.
2) La terapia viene eseguita tutti i giorni , sabato e domenica compresi

Un altro vantaggio comprovato nel tempo e da tempo è la diminuzione dell’assistenza medica e infermieristica. Infatti l’uso domiciliare comporta l’automedicazione. Tale medicazione è semplice ed è tanto semplice che viene eseguita da un familiare che non ha nessuna cultura medica o paramedica Per tale motivo vengono di molto diminuiti i costi delle medicazioni sia come materiale che come personale infermieristico e medico
Il nostro protocollo prevede una medicazione giornaliera eseguita con acqua fisiologica o acqua ossigenata e una ora di ossigeno topico. Successivamente medicazione semplice con garze umide con fisiologica. Il costo delle medicazioni è quindi trascurabile e può essere una spesa di un euro al giorno alla quale si aggiunge il costo dell’ossigeno che può variare da uno a due euro al giorno
Rimane allora solo il costo del dispositivo che può essere acquistato se la lesione è cronica ed ha scarsa tendenza alla guarigione o affittato se la lesione guarisce nel corso dei mesi
I costo dell’uso della Camera Normobarica attualmente praticato al paziente varia da 180 a 240 Euro mensili (con uso di 30 giorni su 30 il mese) . Si tratta allora di un costo di 10 euro al girono o di 250 di media euro al mese.
Rispetto quindi all’uso della Camera iperbarica il risparmio è evidente
Se noi vediamo che
-l’uso è domiciliare e quindi comodo per il paziente
-non vi sono costi di trasporto
-le medicazioni sono semplici e sono automedicazioni
-i controlli medici sono settimanali o ogni due settimane

Si può considerare il vantaggio economico dell’uso della ossigenoterapia in normobarismo con uso domiciliare

Riassumendo possiamo considerare

• il risparmio dei costi sociosanitari del trasporto;
• la continuità terapeutica senza interruzioni per 30 gg il mese, tra la tranquillità del proprio ambiente di vita e senza traumi;
• la facilità di diffusione con la possibilità di raggiungere tutti quei pazienti eleggibili (si calcola 200.000 in Italia), che al momento non possono curarsi con l’ossigeno per la scarsa disponibilità di Camere Iperbariche nel territorio, (quest’ultime utilizzate circa all’ 80% per curare ulcere croniche)

Si è potuto vedere (vedi Progetto di Legge N 4409) che i costi maggiori sono assorbiti dalle spese da parte del personale medico e paramedico seguiti dalle spese per le medicazioni varie. Nel caso delle terapia con Ossigeno per via topica, i protocolli riducono al minimo l’uso di personale medico e paramedico e l’uso di vari presidi medici (come garze medicate, antibiotici, pomate ecc…),
in quanto è stato scientificamente dimostrato che:
l’ossigeno per via topica:
• asciuga le ferite, stimola la granulazione dei tessuti ed incentiva la vascolarizzazione
• stimola la granulazione del tessuto
• facilita l’attecchimento degli innesti
• diminuisce il dolore
• migliora la secrezione rendendo sopportabile l’odore dello stesso
• la terapia è gestibile anche da un familiare del paziente stesso.

Ulteriori risparmi

COSTO DEL PERSONALE
• Per quanto riguarda il personale paramedico, (la spesa maggiore attualmente) l’assistenza si riduce alla collaborazione con il medico durante il solo controllo ambulatoriale o domiciliare che viene consigliato una volta ogni 15 giorni.
• Lo stesso diconsi per il personale medico o specialistico che controlla ogni 15 giorni l’andamento della patologia e ne giudica il decorso.

COSTO DELLE MEDICAZIONI
Per quanto riguarda le medicazioni queste si possono dividere i medicazioni semplici, quelle che riducono l’essudato e quelle attive che non solo proteggono la lesione controllando l’essudato ma contribuiscono anche al processo di rigenerazione tissutale.
I costi sono variabili e spesso si è indotti ad usare medicazioni con costi inferiori senza considerare che il miglioramento o la guarigione di una lesione previene ulteriori spese a carico del SSN.
La linea guida del Royal College of General Practitioners in U.K. suggerisce che gli operatori sanitari anche se non vi sono prove sufficienti a raccomandare una medicazione piuttosto che un’altra, devono usare le medicazioni che soddisfino esigenze cliniche, costi e esigenze del paziente e situazione della lesione.
Nella stessa Inghilterra il trattamento avviene generalmente a domicilio per ridurre la spesa delle istituzioni sanitarie,

Orbene nel protocollo della ossigenoterapia topica si sommano tutti questi consigli che troviamo nelle linee guida per il trattamento di tale lesioni nel Regno Unito, ovvero;
• Si riduce la spesa Ospedaliera e quella del personale medico e paramedico.
• Si usa un trattamento con efficacia e compliance del paziente e dei familiari con vantaggi non solo oggettivi (andamento della lesione) ma soggettivi (netta diminuzione dei sintomi e quindi con benessere del paziente, a costi nettamente inferiore ad altri trattamenti.
• La medicazione viene semplificata in quanto non si usa alcuna medicazione passiva o attiva per ridurre o eliminare la essudazione e la sovrainfezione o stimolare il tessuto di granulazione; si usa infatti solo una medicazione semplice con fisiologica che ha il vantaggio di detergere la lesione per una utilizzazione migliore dell’ossigeno topico, lasciando all’ossigeno stesso il compito di ridurre la infezione, la essudazione e stimolare il tessuto di granulazione.

In sostanza si ottengono risparmi considerevoli sulla spesa sanitaria del personale medico e paramedico e sul costo delle medicazioni.
Entrambi questi parametri e questi risparmi sono difficilmente quantificabili in quanto attualmente non ci sono protocolli standardizzati di diagnosi e di terapia e di assistenza.
Ma si può quantificare facilmente un risparmio dal 30 al 50% sulla spesa di personale medico e paramedico ed un risparmio superiore al 50% per quanto riguarda la spesa per medicinali.
A questi risparmi si deve sommare il risparmio quantificabile per paziente che utilizzi la camera normobarica rispetto alla camera iperbarica come abbiamo descritto nei paragrafi precedenti.

Madeyski Paolo

Lipofilling Rigenerativo: nuova terapia per le ulcere degli arti inferiori anche nel nostro territorio

 

 

 

 

 

 

 

Il trattamento delle ulcere croniche con il Lipofilling Rigenerativo anche nel nostro territorio

Il Lipofilling Rigenerativo: storia, descrizione, usi, esperienze e sviluppi futuri.

Dal  2013 anche nella divisione di Chirurgia della Casa di Cura Rizzola a San Donà di Piave si inizia una nuova tecnica per la terapia delle ulcere croniche degli arti inferiori. Questa tecnica verrà applicata alleulcere che resistono al trattamento usuale che noi pratichiamo. La tecnica viene attuata in collaborazione dal Dr Corezzola, chirurgo plastico, e dal Dr Madeyski sulle ulcere che non hanno risposto alla terapia usuale. Ora tale terapia si estende dando agli ammalati un possibilità di guarigione in più. Pochi sono i centri in Italia che la eseguono e quindi tale terapia rappresenta un fiore all’occhiello della nostra San Donà

Normalmente noi eseguiamo una toilette chirurgica e quindi sottoponiamo il paziente ad ossigenoterapia normobarica con il dispositivo ULCOSAN di nostra invenzione. I risultati in genere sono buoni o ottimi arrivando ad una guarigione in tempi variabili secondo il tipo di lesione nell’80% dei casi.

Ma rimangono sempre i casi difficili e ulcere che hanno scarsa tendenza alla guarigione. A volte un innesto liberosulla ulcera chiude definitivamente la lesione con un buon risultato e con scomparsa della sintomatologia dolorosa. Abbiamo quindi deciso di iniziare due nuove terapie: la pappa di piastrine e il lipofilling.

Il lipofilling è una tecnica usata all’inizio per scopi diversi, cioè o per fini estetici o plastici o ricostruttivi. L’idea di usare il grasso per riempire zone del corpo avallate o che avevano avuto trattamenti demolitivi o radianti nasce circa due secoli fa, ma solo nel 1950 ci fu il primo articolo che riguardava l’uso del grasso corporeo per la correzione del profilo. Poichè poteva causare rigetto nel corso degli anni la questione è stata approfondita fino a ottenere dei risultati davvero soddisfacenti.

Il Professore Coleman, un noto e famoso chirurgo, nel 1998 ha presentato i risultati ottenuti con una speciale tecnica d’infiltrazione da lui chiamata Lipostructure. In realtà la tecnica riguarda un innesto di tessuti che sono trasferiti in modo da mantenere intatta la struttura vascolare: il grasso è aspirato mediante una cannula collegata a una siringa e poi iniettato nella zona da dover trattare. Se il grasso è iniettato in grandi quantità non tutte le cellule adipose, sopravvivranno perché non a diretto contatto con il tessuto vascolarizzato. Su piano più squisitamente scientifico gli studi più importanti sul lipofilling sono stati svolti e pubblicati da un gruppo italiano guidato dal Dr. Gino Rigotti di Verona il quale ha per primo fornito solide basi scientifiche che spiegassero i risultati (talora soprendenti) raggiungibili con tale tecnica.

Ma poi venne la chirurgia che possiamo chiamare rigenerativa in quanto tendeva a stimolare la rigenerazione dei tessuti mancanti e la granulazione dei tessuti di zone come le ulcere croniche che avevano scarsa tendenza alla rigenerazione.

La medicina rigenerativa è una branca molto recente, nata con la proposta di Whitman nel 1997 di integrare nella colla di fibrina dei concentrati piastrinici. Nel 1998 Marx et al hanno dimostrato che il concentrato piastrinico (PRP) era in grado di indurre rigenerazione ossea in campo odonto-stomatologico. 
Nello stesso periodo si è scoperta la possibilità delle cellule staminali di riparare molteplici tessuti.
 La medicina rigenerativa si basa dunque sull’impiego clinico di cellule staminali e/o di prodotti biologici (PRP), che hanno la proprietà di indurre la migrazione delle cellule staminali nel tessuto danneggiato, di stimolarle a riprodursi e, alla fine del processo, di ottenere la riparazione dei tessuti lesi.
Quando i tessuti sono danneggiati, le cellule staminali sono in grado di promuovere la riparazione di tessuti di varia natura come pelle, tendini, ossa, muscoli. 
Questa peculiare capacità delle cellule staminali può essere sfruttata per applicazioni terapeutiche che sono praticamente illimitate.

Il principio alla base del lipofilling consiste nel prelievo di grasso da una parte del corpo e il suo trasferimento in un’altra. Il tessuto adiposo viene prelevato da una sede donatrice (di solito l’interno delle ginocchia, l’addome o la parte laterale delle cosce) con una procedura molto simile ad una piccola liposuzione eseguibile in anestesia locale. Il piccolo foro di accesso viene chiuso con un punto di sutura e la zona prelievo viene fasciata.
Il grasso prelevato a questo punto può essere direttamente iniettato nella zona da riempire o come nel caso nostro nelle ulcere croniche.

La tecnica più utilizzata è quella della centrifugazione, proprio descritta dal Dr. Coleman. Il passaggio prevede l’inserimento delle siringhe di grasso prelevato dentro una apposita centrifuga per alcuni minuti, che ne consentirà la separazione del grasso puro dalle parti non utili quali il siero e l’olio. A questo punto il grasso è pronto per essere impiantato attraverso una serie di semplici iniezioni con delle siringhe ed aghi normali. Nel tessuto impiantato le due componenti principali sono gli adipociti ovvero le cellule adipose (il vero e proprio grasso) e la componente vascolo-stromale ossia il tessuto che normalmente fornisce l’”impalcatura” del tessuto adiposo e nel cui contesto sono comprese le cellule staminali. Sono proprio gli adipociti e le cellule staminali che, come vedremo fra poco, consentono di raggiungere i risultati voluti.

I risultati sono principalmente due:
1. Soluzione di problemi estetici con aumento di volume per il riempimento di depressioni patologiche (esito di trauma, decubiti o interventi chirurgici) o per il miglioramento estetico di specifiche aree anatomiche (seno, zigomi, labbra, glutei, etc..)
2. Stimolazione del tessuto di riparazione di ulcere croniche con effetto anti infiammatorio e stimolante la granulazione. I principali responsabili sono le cellule staminali e i fattori di crescita plasmatici. In parole semplici la componente vascolo stromale ha la capacita di “sanificare” aree affette da infiammazione cronica come negli esiti di radioterapia e nelle ulcere croniche Chiaramente non ci dobbiamo aspettare miracoli come sempre in medicina e specie nel campo delle ulcere che per definizione sono croniche.

I risultati ottenibili non sono sempre riproducibili in tutti i pazienti e questo dipende soprattutto dall’ imprevedibilità della percentuale di attecchimento di ogni singolo impianto di tessuto adiposo. In linea generale l’attecchimento varia dal 30-50% per ogni seduta che può essere ripetuta a distanza.

Il Video che mostra il lavoro fatto alle Canarie e in Spagna in vista del Congresso di Barcellona

Con questo video si vuole mostrare il lavoro fatto alle Canarie e in modo particolare all’Università di Santa Cruz e in Spagna con l’ossigenoterapia normobarica

I pazienti sono trattati sia per le ulcere degli arti inferiori che per le lesioni del piede diabetico

Il video era stato realizzato in vista del Congresso di Barcellona sul Piede Diabetico che è tenuto con la nostra partecipazione a fine settembre

 

 

La Prevenzione delle complicanze del piede diabetico si sta facendo strada anche a San Donà di Piave

Nei giorni scorsi vi abbiamo dato notizia della importante iniziativa promossa dall’Associazione dei Diabetici per prevenire le complicanze del piede diabetico con una conferenza ma specialmente per le visite gratuite con i podologici per capire i problemi dei diabetici e dare i consigli sulla prevenzione delle complicanze.

Abbiamo sempre parlato della importanza della prevenzione non solo dei tumori ma di ogni altra patologia e quindi anche del diabete. E tutti sanno che una delle complicanze più pericolose di tale malattia è quella del piede diabatico

Con tale nome si intende il rischio che il paziente diabetico da lunga data e mal trattato possa incorrere in infezioni specialmente al piede in quanto manca una sensibilità data da disturbi alle terminazioni nervose e vascolari

E proprio questo è stata uno dei punti fondamentali del Congresso al quale abbiamo partecipato a Barcellona sul Piede Diabetico

Oltre la Prevenzione , la diagnosi e poi la terapia che deve cercare di limitare le amputazioni, almeno quelle maggiori

Noi siamo stati invitati perchè grazie alla terapia che abbiamo messo a punto con la ossigenoterapia normobarica abbiamo ridotto le amputazioni. Nel 2012 abbiamo avuto nessuna amputazione maggiore e solo due amputazione di avampiede.

Faccio qui il riassunto del Congresso al quale ho partecipato dando lustro anche a San Donà di Piave avendo portato la casistica della Casa di Cura Rizzola

Il 18 e 19 settembre si è tenuto a Sitges il 4° congreso multidisciplinare del Piede diabetico. Per chi non lo sapesse Sitges è un noto posto in riva al mare a 30 km di Barcellona. E’ stato scelto per la sua notorietà e perche esiste un albergo prestigioso hotel con sale congressuali prestigiose. E questo perchè tale Congresso è un evento nazionale con partecipazione internazionale.

I relatori erano medici prestigiosi che si occupano del piede diabetico sia in Spagna che alle Canarie che in Germania, Inghilterra e USA.

Per l’Italia erano presenti il Dr GIacomo Clerici da Sesto San Giovanni e il Dr Alberto Piagessi da Pisa. Nomi prestigiosi che non hanno bisogno certo di presentazione. Potete avere delucidazioni su tali insigni relatori sul sito www.piediabetico2013.org

Vi era un altro medico dall’Italia, sicuramente più modesto ed era il Dr Madeyski Paolo da San Donà di Piave.

Le relazioni erano spagnolo, italiane , tedesche e inglesi. Come sottotitolo vi era  : El Pie diabetico en Espana: presente y futuro

Non posso citare invece tutti relatori spagnoli in quanto erano molti e di prestigio ma porterebbe  via spazio alla conclusione del congresso, ma uno merita una menzione particolare e lo devo citare perchè ha rappresentato la MPSYSTEM. Si tratta del Dr Francis Diaz Cabreras che lavora all’Università di Santa Cruz, dirige le strutture mediche collegate ed è anche Oncologo di nome.

Il Dr Diaz Cabreras dirige i lavori scientifici che trattano le ulcere difficili e il piede diabetico nelle Canarie con l’ULCOSAN.

Il giorno 19  alle 11,30 è stato a tenere un minisimposio sui protocolli e sulla terapia con ossigenonormabarico  che aveva il titolo di ” Tratamiemento de las ulceras con camara normobariica local de Madeyski “. Ha illustrato l’argomento con delle diapositive in spagnolo riportando la casistica della Casa di Cura Rizzola di San Donà di Piave e parlando della sua esperienza alle Canarie. La relazione è stata eseguita dal Dr Diaz Cabrera in quanto segue lui i lavori alle Canerie e perchè il Dr Madeyski avrebbe avuto difficoltà a fare una relazione in spagnolo  e non era giusto e cortese farla in inglese con la traduzione simultanea.

 

La relazione è stata esauriente ed ha destato l’attenzione della platea e un lungo applauso. Alla fine è seguito un coffee breck e la dimostrazione è stat che allo stand della MPSYSTEM ai tavoli del caffè vi è stato un interessamento particolare. Possiamo dire , e i filmati lo confermano, che lo stand della MPSYSTEM è stato il più visitato negli intervalli da coffee break e di pranzo nei due giorni del congresso. E non solo da medici spagnoli e di altri paesi m anche da distributori di dispositivi medici che chiedevano di collaborare. La frase più bella per noi è stat quella di un dottoressa spagnola che ha detto apertamente allo stand ” Este Ulcosan fue la estrella del día” non poteva essere un commenti più bello per noi

il precedente congresso su questo argomento era stato tenuto nel 2007 a Toledo. Quest’anno si voleva comparare i risultati e le esperienza dei medici che lavorano su tale patologia  in Spagna con altri gruppi internazionali mostrando i risultati di entrambi i tipi di gruppo.Il tutto precedeva il Congreso del Grupo de Studio Europeo de Pie Diabetico sempre a Sitges. . Lo scopo poi era di cercare di unificare i protocolli di diagnosi, e di terapia con una visione globale più possibile.

Le relazioni sono state molteplici ma vorrei citare delle conferenze magistrali che hanno colpito tutti noi presenti.

il Dr Javier Aragon Sanchez , Chairman del congresso, è stato magistrale nella relazione magistrale: Anatomia della infezione nel piede diabetico che metteva in luce le motivazioni e i rischi di amputazioni i maggiori e non si conosce bene tale anatomia. Adesso si cerca di amputare al minimo e tale impegno si attua con la conoscenza ottimale della anatomia del piede e delle possibilità anatomiche di diffondere la infezione.

relazione precisa e esauriente dalla grande esperienza del Dr Giacomo Clerici sui ” Sostituti dermici nei problemi del piede diabetico”

Conferenza magistrale di rilievo dall’altro ospite italiano Dr Alberto Piaggesi che ha parlato dei risultati e della valutazione del team multidisciplinare che tratta il piede neuroischemico

Con soddisfazione visto l’interesse del nostro di terapia siamo stati chiamati ad esporre alcuni casi di lesioni al piede diabetico nel pomeriggio della giornata conclusiva . La relazione è stata fatta con alcune diapositive dal Dr Francis Diaz Cabrera  assieme al Dr Madeyski che ha puntualizzato i risultati ottenuti in inglese.

L’incontro è stato importante, utile a tutti noi e  denso di soddisfazione per noi della MPSYSTEM.

Grazie al lavoro anche del Dr Lucio Marrone che assieme al Dr Francis Diaz Cabrera ha messo a punto la organizzazione per la MPSYSTEM a tale convegno

Reclutamento dei pazienti da trattare con ossigenoterapia topica

Vogliamo illustrare come la ossigenoterapia sia una ottima terapia ma solo se applicata secondo le indicazioni e usando i protocolli pere tale patologia.

Non si promettono miracoli ma i risultati buoni avvengono perché vengono selezionati i pazienti e la terapia viene applicata solo nei casi suscettibili di beneficio della terapia. Altrimenti si usano altre terapie

 

Reclutamento dei pazienti

Si possono trattare tutte le tipologia di ulcere agli arti inferiori ma se noi dobbiamo pare un reclutamento ponendo un protocollo per iniziare in un reparto questo tipo di terapia allora dobbiamo dare delle indicazioni
Le indicazioni sono le seguenti in modo da avere dati standardizzati e protocolli standardizzati

1) Pazienti con ulcere flebostatiche
2) Pazienti con ulcere diabetiche

Età: sono eleggibili pazienti con età compresa dai 50 ai 90 anni suddivisi in classi
a) Tra i 50 e i 60 anni
b) Tra i 60 e i 70 anni
c) Tra i 70 e i 90 anni

Sesso: sono distinti il sesso maschile da quello femminile.

Patologie concomitanti: devono essere segnate sul prospetto con i farmaci in uso

Patologie correlate o favorenti: si deve distinguere se presente una componente
*arteriosa
*flebostatica
*mista arteriosa e flebostatica
*diabetica
*traumatica
*del collageno con terapia cortisonica associata

valutazioni e controlli

Deve essere valutato al momento dell’inserimento del paziente
• Presenza di tessuto necrotico,
• Facilità al sanguinamento
• Quantità e composizione dell’essudato,
• Presenza e tipologia dei patogeni,
• PH della ferita,
• Compromissione del gradiente di O2,
• Danno neurologico periferico (in particolare per la patologia diabetica),
• Diametro della lesione
• Profondità della ferita
• Non corretta gestione della malattia.
• Dolore o bruciore o fastidio del paziente

Ogni 7 giorni saranno raccolti i seguenti dati
1) Variazioni della quantità della secrezione
2) Variazioni del tipo della secrezione
3) Dolore del paziente
4) Gradimento del paziente
5) Facilità al sanguinamento
6) Diametro della lesione
7) Profondità della lesione
8) Tessuto di granulazione

 

durata e modalità del trattamento

• Variabile a secondo la patologia e i risultati e il decorso, (da due a sei mesi, i dati saranno raccolti settimanalmente e vi sarà una valutazione a tre e a 6 mesi)
• Il paziente avrà un trattamento quotidiano 6 giorni su 7
• Il trattamento sarà di 1 o 2 ore il giorno (distanziati di 6 ore)
• Non si tiene conto della pressione barometrica all’interno della camera distrettuale in quanto ininfluente
• Si dovrà invece valutare il grado umidità e il gradimento del paziente secondo il grado di umidità che viene variata aggiungendo acqua all’interno

La Tipologia delle ulcere che si possono trattare e che noi abbiamo trattate sono le seguenti
ulcere flebostatiche
ulcere ischemiche in ASO + miste
osteomieliti
lesioni traumatiche
Ustioni
Microfratture
preparazioni a trapianti dermo-epidermici o lembi ricostruttivi.
O pazienti che avevano subito trapianti dermo-epidermici

 

Come si possono curare le ulcere degli arti inferiori e il piede diabetico nella nostra ASL

Vogliamo parlare di come si curano le ulcere degli arti inferiori e il piede diabetico. Specialmente guardando alla nostra ASL. Nella Casa di Cura Rizzola il trattamento di elezione è la ossigenoterapia con camera normobarica. Vogliamo dare però una panoramica su come si presentano e quali sono le terapia che sono a disposizione degli ammalati.

Vi ricordo poi che negli ultimi mesi abbiamo poi eseguito la Lipofilling rigenerativo sempre per le ulcere e stiamo avendo risultati molto buoni

Eziologia delle lesioni ulcerative degli arti inferiori.
Schematicamente possono essere
-flebostatiche: come complicanza di insufficienza venosa superficiale (varici) o di insufficienza venosa profonda (sindrome postflebitica)
-Arteriose (ischemiche)
-Diabetiche
-Traumatiche
-Nelle collagenopatie per causa intrinseca alla malattia o per la terapia cortisonica abituale

Tipi di terapia a disposizione
Medica: che comprende il trattamento farmacologico (generale e topica) e il trattamento combinato dato da medicazioni e farmaci.
Chirurgica: sia per eliminare le cause che per trattare le complicanze arrivando fino alla chirurgia plastica.
Camera iperbarica. Che si basa sul principio dell’ossigenoterapia in iperbarismo.

Terapie a confronto
L’ossigenoterapia iperbarica locale rappresenta la tappa evolutiva di quell’utilizzata negli ultimi trent’anni per il trattamento di diverse patologie legate a deficit circolatori o a patologie infettive
L’ossigeno somministrato agisce sui tessuti devitalizzati o, comunque, sofferenti, con meccanismo da contatto e mediante l’azione della componente disciolta nel sangue in parte legata alla emoglobina, in parte disciolta nel sangue come componente libera (quest’ultima rappresenta la componente attiva della sostanza).
Nella camera iperbarica generale si ottiene un aumento della pressione ambientale (iperbarismo) mentre rimane invariata la concentrazione o pressione parziale di ossigeno.
Tutto questo determina un aumento della disponibilità di ossigeno da parte dei tessuti sia per quanto riguarda la componente da contatto che quella disciolta nel plasma.
Vi sono delle controindicazioni che limitano l’uso della camera iperbarica. Queste sono mediche, personali e sociali. E si possono così riassumere:
Mediche: malattie cardiocircolatorie, respiratorie e cocleovestibolari
Personali: problemi psicologici oltre alla claustrofobia
Sociali: difficile reperibilità (poche e private), mancanza di posti letto, costi alti di produzione e di utilizzo e difficoltà di strutture ospedaliere o dei soggetti domiciliari al raggiungimento delle camere stesse con aumento dei costi sociali e personali.
Ossigenoterapia in normobarismo
La soluzione a tanti problemi della camera iperbarica si possono trovare nella ossigenoterapia in normobarismo applicata in maniera distrettuale.
Il concetto sostanziale è quello di consentire l’applicazione locale della terapia eseguita in camera iperbarica a patologie ad estensione limitata con il vantaggio di non avere controindicazioni assolute.
Il concetto di terapia normobarica distrettuale trova applicazione empirica nei principi e nelle applicazioni in diversi Reparti di Chirurgia generale ad indirizzo vascolare che in Reparti di dermatologia.
Non si lavora in iperbarismo ma in normobarismo e non si lavora quindi introducendo tutto il corpo nella camera iperbarica ma soltanto la parte del corpo che abbisogna della ossigenoterapia.
Vengono quindi a cadere tutte le controindicazioni e si abbattono i costi sia personali sia sociali.

differenze
Nella camera per ossigenoterapia distrettuale la percentuale di Ossigeno all’interno (a contatto con la lesione) è circa del 95% rispetto al 21-23 % presente nella camera iperbarica generale. D’altra parte l’ossigeno disciolto nel plasma aumenta a 2% volumi rispetto al 6% che per effetto dell’iperbarismo si ha nella camera iperbarica. Noi otteniamo tali valori ponendo al paziente la mascherina e dando ossigeno tramite questa per via naso-orale.
In tale maniera (minor ossigeno disciolto nel plasma, ma aumento dell’ossigeno a contatto con l’ulcera) si ottiene un effetto terapeutico poco dissimile da quello che si ottiene nella camera iperbarica tradizionale, in quanto l’iperbarismo ridotto viene compensato dall’aumento della disponibilità di ossigeno, (In molti reparti e ambulatori chirurgici e dermatologici questo tipo di terapia viene da anni applicata in modo empirico e non standardizzabile, l’ossigeno viene fornito attraverso un tubo di polietilene collegato alla sorgente, l’ambiente viene creato attraverso un sacchetto di plastica chiuso attorno all’arto da trattare). La critica che si può portare a tale terapia applicata fino ad ora era quella di essere una terapia empirica, artigianale: non vi era una precisione per quanto riguardava la concentrazione dell’ossigeno, la concentrazione dell’umidità e il tempo di utilizzo era quindi soggettivo.

I buoni risultati della metodica ci hanno spinto a cercarne un’applicazione più razionale, ripetibile ed esteticamente gradevole che garantisse nello stesso tempo concentrazioni d’ossigeno, grado d’umidità, gradienti pressori noti con tempi d’utilizzo prevedibili.
Noi abbiamo anche presente che elementi fondamentali che ostacolano le terapie delle ulcere flebostatiche e in genere dei tessuti devitalizzati sono la diminuzione della tensione d’ossigeno e la presenza d’essudato e di tessuto necrotico.
Per risolvere queste difficoltà è allo studio l’ottimizzazione dell’ossigenoterapia con l’ausilio di farmaci attivi che vengano introdotti tramite nebulizzatore e che vadano a raggiungere le lesioni aperte. Una migliore ossigenazione delle cellule incentivate da farmaci che agiscano direttamente sui meccanismi cellula-cellula potranno essere utili in tutti i tessuti devitalizzati e anche nelle lesioni diabetiche.
vantaggi
• Elevata compliance
• Efficacia documentata
• Basso costo d’acquisto e d’esercizio
• Facile disponibilità della terapia
• Assenza di controindicazioni assolute
• Rapida formazione del personale.

Anche nella nostra ASL la terapia di lipofilling per le ulcere degli arti inferiori

Da questo mese ( marzo 2013 ) anche nella divisione di Chirurgia della Casa di Cura Rizzola a San Donà di Piave si inizia una nuova tecnica per la terapia delle ulcere croniche degli arti inferiori.

Questa tecnica verrà applicata alle ulcere che resistono al trattamento usuale che noi pratichiamo La tecnica viene attuata in collaborazione dal Dr Corezzola , chirurgo plastico, e dal Dr Madeyski sulle ulcere che non hanno risposto alla terapia usuale Normalmente noi eseguiamo una toilette chirurgica ( come potete vedere dai filmati su youtube ) e quindi sottoponiamo il paziente ad ossigenoterapia normobarica con il dispositivo ULCOSAN di nostra invenzione. I risultati in genere sono buoni o ottimi arrivando ad una guarigione in tempi variabili secondo il tipo di lesione nell’80% dei casi Ma rimangono sempre i casi difficili e ulcere che hanno scarsa tendenza alla guarigione. A volte un innesto libero sulla ulcera chiude definitivamente la lesione con un buon risultato e con scomparsa della sintomatologia dolorosa

Abbiamo quindi deciso di iniziare due nuove terapie: la pappa di piastrine e il lipofilling Da questo mese cominciamo il trattamento con il lipofilling

Vediamo di cosa si tratta

Il Lipofilling venne usato all’inizio per scopi diversi. A fini estetici o plastici o ricostruttivi. L’idea di usare il grasso per riempire zone del corpo avallate o che avevano avuto trattamenti demolitivi o radianti nasce circa due secoli fa Ma solo nel 1950 è letto ci fù il primo articolo che riguardava l’uso del grasso corporeo per la correzione del profilo. Poichè poteva causare rigetto nel corso degli anni la questione è stata approfondita fino a ottenere dei risultati davvero soddisfacenti Il Professore Coleman, un noto e famoso chirurgo, nel 1998 ha presentato i risultati ottenuti con una speciale tecnica d’infiltrazione da lui chiamata Lipostructure. In realtà la tecnica riguarda un innesto di tessuti che sono trasferiti in modo da mantenere intatta la struttura vascolare: il grasso è aspirato mediante una cannula collegata a una siringa e poi iniettato nella zona da dover trattare. Se il grasso è iniettato in grandi quantità non tutte le cellule adipose, sopravvivranno perché non a diretto contatto con il tessuto vascolarizzato

Su piano più squisitamente scientifico gli studi più importanti sul lipofilling sono stati svolti e pubblicati da un gruppo italiano guidato dal Dr. Gino Rigotti di Verona il quale ha per primo fornito solide basi scientifiche che spiegassero i risultati (talora soprendenti) raggiungibili con tale tecnica.

Ma poi venne la chirurgia che possiamo chiamare rigenerativa in quanto tendeva a stimolare la rigenerazione dei tessuti mancanti e stimolare la granulazione dei tessuti di zone come le ulcere croniche che avevano scarsa tendenza alla rigenerazione La medicina rigenerativa è una branca molto recente, nata con la proposta di Whitman nel 1997 di integrare nella colla di fibrina dei concentrati piastrinici. Nel 1998 Marx et al hanno dimostrato che il concentrato piastrinico (PRP) era in grado di indurre rigenerazione ossea in campo odonto-stomatologico. 
Nello stesso periodo si è scoperta la possibilità delle cellule staminali di riparare molteplici tessuti.

La medicina rigenerativa si basa dunque sull’impiego clinico di cellule staminali e/o di prodotti biologici (PRP), che hanno la proprietà di indurre la migrazione delle cellule staminali nel tessuto danneggiato, di stimolarle a riprodursi e, alla fine del processo, di ottenere la riparazione dei tessuti lesi. 
Quando i tessuti sono danneggiati, le cellule staminali sono in grado di promuovere la riparazione di tessuti di varia natura come pelle, tendini, ossa, muscoli. 
Questa peculiare capacità delle cellule staminali può essere sfruttata per applicazioni terapeutiche che sono praticamente illimitate.

Il principio alla base del lipofilling consiste nel prelievo di grasso da una parte del corpo e il suo trasferimento in un’altra. Il tessuto adiposo viene prelevato da una sede donatrice (di solito l’interno delle ginocchia, l’addome o la parte laterale delle cosce) con una procedura molto simile ad una piccola liposuzione eseguibile in anestesia locale. Il piccolo foro di accesso viene chiuso con un punto di sutura e la zona prelievo viene fasciata. Il grasso prelevato a questo punto può essere direttamente iniettato nella zona da riempire o come nel caso nostro nelle ulcere croniche La tecnica più utilizzata è quella della centrifugazione, proprio descritta dal Dr. Coleman. Il passaggio prevede l’inserimento delle siringhe di grasso prelevato dentro una apposita centrifuga per alcuni minuti, che ne consentirà la separazione del grasso puro dalle parti non utili quali il siero e l’olio. A questo punto il grasso è pronto per essere impiantato attraverso una serie di semplici iniezioni con delle siringhe ed aghi normali. Nel tessuto impiantato le due componenti principali sono gli adipociti ovvero le cellule adipose (il vero e proprio grasso) e la componente vascolo-stromale ossia il tessuto che normalmente fornisce l’”impalcatura” del tessuto adiposo e nel cui contesto sono comprese le cellule staminali. Sono proprio gli adipociti e le cellule staminali che, come vedremo fra poco, consentono di raggiungere i risultati voluti.

I risultati sono principalmente due 1. Soluzione di problemi estetici con aumento di volume per il riempimento di depressioni patologiche (esito di trauma, decubiti o interventi chirurgici) o per il miglioramento estetico di specifiche aree anatomiche (seno, zigomi, labbra, glutei, etc..). 2. Stimolazione del tessuto di riparazione di ulcere croniche con effetto anti infiammatorio e stimolante la granulazione .

I principali responsabili sono le cellule staminali e i fattori di crescita plasmatici. In parole semplici la componente vascolo stromale ha la capacita di “sanificare” aree affette da infiammazione cronica come negli esiti di radioterapia e nelle ulcere croniche

Chiaramente non ci dobbiamo aspettare miracoli come sempre in medicina e specie nel campo delle ulcere che per definizione sono croniche I risultati ottenibili non sono sempre riproducibili in tutti i pazienti e questo dipende soprattutto dall’mprevedibilità della percentuale di attecchimento di ogni singolo impianto di tessuto adiposo. In linea generale l’attecchimento varia dal 30-50% per ogni seduta che può essere ripetuta a distanza..

Prevenzione dell’osteoporosi e delle lesioni agli arti inferiori nell’anziano fragile. Efficacia di un approccio multidisciplinare e descrizione di un caso.

Prevenzione dell’osteoporosi e delle lesioni agli arti inferiori nell’anziano fragile. Efficacia di un approccio multidisciplinare e descrizione di un caso.

U.F. di Chirurgia e Lungodegenza-Geriatria Riabilitativa

Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, San Donà di Piave (Ve)

Si vuole mettere l’accento sul come l’approccio multidisciplinare e la collaborazione tra reparti, unità operative e medici possa portare a risultati migliori che non quando si lavora in maniera burocratica tramite consulenze richieste e referti scritti. Il dialogo tra medici e tra reparti portano spesso a risultati superiori a quanto uno si potrebbe aspettare .

In questo caso si trattava di un caso difficile , proveniente da un altro Ospedale nel quale non era disponibile la ossigenoterapia normobarica . Anche qui sottolineiamo come l’aver trasferito in altra struttura che aveva tale terapia dimostra che se un medico riconosce che una patologia può essere tratta meglio in una altra struttura la deve trasferire .

La relazione  che segue è stata redatta dal Dr Francescon , specialista in Geriatria e in Osetoporosi

 

L’anziano fragile è una entità clinica studiata dalle Società Scientifiche Geriatriche, in particolare negli ultimi 20 anni, perché l’invecchiamento demografico della popolazione  ha comportato l’aumento soprattutto degli ultraottantenni, i cosidetti grandi vecchi, che  possono andare incontro  alla  cosidetta  sindrome da fragilità.

In questi pazienti le patologie sono di solito multiple e la loro interazione rende difficile una diagnosi precisa. Frequenti risultano pure le complicanze rilevate in questi soggetti, a volte anche chirurgiche o dovute a cadute o conseguenti a malnutrizione, disidratazione, confusione mentale, uso di farmaci, infezioni etc.

Recentemente è giunto alla nostra osservazione un paziente che ben si presta alla descrizione come esempio  paradigmatico ”dello stato di fragilità” sottolineando, inoltre,  come sia importante, nell’anziano fragile, una  prevenzione dell’osteoporosi, delle cadute e delle lesioni ischemiche agli arti inferiori.

La paziente, una donna di 84 anni, già nel Gennaio del 2013 era stata ricoverata presso la nostra Struttura  per broncolpolmonite  dx a lenta risoluzione, ciò aveva comportato l’allettamento prolungato della signora  che era stata anche sottoposta  alle  cure del caso compreso, l’ossigeno terapia. Dopo ciclo di FKT aveva ripreso, seppur con difficoltà la deambulazione a piccoli passi, con sostegno di un accompagnatore.

La donna era affetta dalla seguente polipatologia: cardiopatia ipertensiva con valvulopatia aortica, fibrillazione atriale cronica in scompenso , pregressa ulcera gastrica, anemia carenziale, ipotiroidismo in trattamento sostitutivo, insufficienza respiratoria cronica. Fortunamente le funzioni cognitive erano conservate, leggeva ogni giorno più di un quotidiano e  fino a circa sei mesi fa guidava anche l’automobile.

Dopo la dimissione le sue condizioni generali si erano stabilizzate, ma un giorno, mentre veniva aiutata dalla figlia a scendere le scale della sua abitazione, cadeva accidentalmente coinvolgendo anche la figlia che a sua volta si procurava una frattura della spalla .

L a paziente si procurava una vasta lacerazione al polpaccio di sinistra con importante perdita anche di massa muscolare; nella caduta per sua fortuna, la figlia, con il suo corpo attutiva la caduta della signora, altrimenti la frattura femorale sarebbe stata pressochè certa in quanto affetta da osteoporosi di grado elevato. Ricoverata nuovamente, è stata gestita con approccio multidisciplinare dalle equipe di Chirurgia e di  Lungodegenza Geriatrica Riabilitativa della Clinica Rizzola di San Donà di Piave.

E’ stata eseguita  toilette chirurgica che ha richiesto sacrificio anche di parte muscolare e  suture delle masse muscolari. Seguita anche per la componente medica  è stata emotrasfusa e curati i vistosi gonfiori alle gambe che avrebbero ostacolato la guarigione delle lesioni; successivamente ha continuato le cure anche antibiotiche per la prevenzione di infezioni  e seguito applicazioni di Ossigeno terapia in camera normobarica per favorire la guarigione, come si evidenzia nelle foto documentanti le lesioni alla gamba, prima e dopo le cure.

Alcuni giorni fa, è stata dimessa in compenso ripristinato e con recupero delle capacità di deambulazione, come prima del ricovero. Lo stato mentale durante la degenza è sempre risultato adeguato, negli ultimi giorni aveva ripreso l’abituale lettura dei suoi due quotidiani.

 

Chi vuole vedere tutte le foto che dimostrano la guarigione della lesione posso andare a leggere l’articolo su

www.mpsystem.info

 

Foto all’ingresso

 

Foto alla dimissione dopo 5 settimane di terapia con ossigeno

 

Percorso razionale per una persona con ulcere agli arti inferiori o un piede diabetico presso la Chirurgia della Casa di Cura Rizzola

Nell’ambulatorio della Casa di Cura Rizzola esiste un percorso definito e razionale per una persona che si presenta con delle ulcere agli arti inferiori o con una complicanza di un piede diabetico

 

Quando una persona si presenta nell’ambulatorio dedicato alla patologia delle ulcere degli arti inferiori la strada razionale da seguire secondo la nostra esperienza è la seguente
1) Anamnesi per capire la eziologia della lesione
2) esame obiettivo per vedere le caratteristiche della lesione e valutare se vi è una componente venosa, arteriosa o diabetica
3) Programmare gli accertamenti : Ecodoppler venoso e arterioso; es culturale e antibiogramma dalla lesione; eventuale radiografia se la lesione è su piede diabetico. Come secondo livello AngioRNM , consulenza diabetologica, visita oculistica e esami per definire la crasi ematica, la funzionalità epatica e renale.
6) Tearapia antibiotica mirata
4) se la lesione presenta zone di necrosi, di fibrosi, osteomielite ecc si deve programmare una toilette chirurgica della lesione.
5) Eseguire terapia medica ( se insuff arteriosa) o angiopalstica o bypass se necessita di una rivascolarizzazione.
6) asportazione di zone ossee con osteomielite
7) Medicazioni con sola fisiologica o H2O2 e ossigenoterapia normobarica topica per almeno una ora al giorno
8) Medicazioni e controlli settimanali o con tempi decisi a secondo la situazione locale o generale

Riteniamo che questo sia l’approccio razionale ad un paziente che presenta una lesione trofica degli arti inferiori ( ulcere o piede diabetico)