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Se lo stato non interviene allora i Sindaci possono fare una ordinanza !

IL significato di queste ordinanze prende lo spunto della paura creato dalla diffusione in Africa dell’Ebola ma che si accompagna alla costatazione di alcune malattie che sembravano sparite o in netta diminuzione ai nostri giorni. Non si tratta di discriminazione  ma di prevenzione e come tutti sanno è il Sindaco il Responsabile della Salute dei Cittadini. Per tale motivo una ordinanza simile è a favore della Salute dei Cittadini, della loro tranquillità e della loro Sicurezza.

Norme quelle elencate nelle ordinanza dovrebbero essere applicate  in tutto il territorio italiano al fine di limitare non solo l’ebola ma tutte le malattie infettive che sono attualmente in aumento

Pier Luigi Lopalco. Direttore della Sezione per la Valutazione Scientifica, ECDC – Stoccolma.   Professore Associato di Igiene – Università di Bari spiega la diffusione delle malattie infettive in rapporto ai flussi migranti.

La chiara disproporzione di casi di AIDS, tubercolosi ed epatite B nella popolazione migrante suggerisce come la condizione di immigrato rappresenti ancora oggi nell’UE un determinante di salute importante che fa degli immigrati una popolazione piú fragile con minore accesso ai programmi di prevenzione.

I Rapporto dell’ECDC (European Center for Disease Control and Prevention) “Valutazione del carico delle malattie infettive nella popolazione di immigrati nell’Unione Europea poprta dati che mostriamo in riassunto

Queste le principali conclusioni del Rapporto:

HIV: tra il 2007 ed il 2011 ben il 39% dei nuovi casi di infezione da HIV provengono dalla popolazione immigrata  Questo dimostra come esista una chiara sproporzione fra l’incidenza di nuovi casi di HIV fra la popolazione “indigena” e quella immigrata. L’aumento è dato specialmente per i cittadini provenienti dall’America latina e dall’Est Europa.  La via di trasmissione piú frequente é risultata essere attraverso rapporti eterosessuali non protetti, anche se nei migranti dal Sud America resta elevata la quota legata ai rapporti omosessuali. Ma non si tratterebbe  di “importazione” di casi, bensì di problemi legati ad una maggiore suscettibilità di questi soggetti all’infezione una volta arrivati in UE (comportamenti a rischio, mancanza di modelli di prevenzione, ecc.)

Tubercolosi: anche per la tubercolosi, si é osservato un trend in aumento di casi legati alla popolazione migrante: dal 10% nel 2000 al 25% nel 2010. Allarmante il dato che mentre l’incidenza sembra ridursi nella popolazione “indigena”, si registri un aumento dei casi nella popolazione immigrata. Tale evidenza suggerisce la necessitá di mettere in atto specifiche strategie di prevenzione in quei gruppi di popolazione che sono stati evidenziati a maggior rischio.

Gonorrea e sifilide sembrano non differire in maniera significativa fra popolazione immigrata e residente. Mentre i dati a nostra disposizione non ci consentono di trarre conclusioni riguardo morbillo, rosolia ed epatite C. Al contrario, l’epatite B colpisce in maniera discriminatoria le popolazioni immigrate, anche grazie al fatto che in tutti i Paesi UE le strategie vaccinali contro l’epatite B hanno ridotto al minimo la circolazione locale del virus.

Un ulteriore problema di salute da affrontare nella popolazione migrante è la possibilità di acquisizione di malaria legata a viaggi di ritorno per visitare i paesi di origine , oppure alla presenza di malaria nei lavoratori stagionali. L’Africa sub-Sahariana é al primo posto per i casi importati di malaria da P. falciparum..

La conclusione principale del Rapporto é rappresentata dall’evidenza che i dati a nostra disposizione sono ancora piuttosto frammentari e che é necessario un forte sforzo da parte della Sanitá Pubblica per migliorare la qualitá dell’informazione per poter attuare misure preventive meglio mirate. I dati sulla diffusione di alcune patologie (quali HIV e TB) fra la popolazione immigrata e quella “indigena” sono piuttosto scarsi, anche se la chiara sproporzione di casi nella popolazione migrante suggerisce come la di immigrato rappresenti ancora oggi in Europa un determinante di salute importante che fa degli immigranti una popolazione più fragile e con minor accesso ai programmi di prevenzione.

 

Il problema della possibilità di infettarsi del virus dell’ebola rappresenta un problema a parte e per tale problema riportiamo quanto proposto dal Protocollo del Ministero della Salute

“E’ altamente improbabile, ma non impossibile”, che persone infettate da virus Ebola in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone possano arrivare in Italia e quindi sviluppare sintomi dopo il loro arrivo. Si apre così la circolare del ministero della Salute che lo scorso agosto ha stabilito il protocollo per affrontare il rischio Ebola nel nostro Paese.

Maggior vigilanza da parte degli operatori sanitari
“Anche se la probabilità di casi importati nel nostro Paese è molto bassa – si legge nel documento – la capacità di risposta del sistema sanitario nazionale, nell’ipotesi del verificarsi di casi di Ebola sul nostro territorio, è adeguata ad individuarli e confermarli, e ad isolarli, per interrompere la possibile trasmissione anche di
questo agente patogeno altamente infettivo. Di conseguenza, è importante richiamare gli operatori sanitari ad essere vigili nei confronti di coloro che hanno visitato le zone colpite dalla febbre emorragica virale e sviluppano una malattia non altrimenti spiegabile”.

Potenziali fattori di rischio d’infezione
I pazienti devono ricevere rapidamente cure mediche e devono essere indagati i potenziali fattori di rischio di infezione e le modalità di un loro recente viaggio, considerando se:
- hanno recentemente visitato una delle aree affette
- hanno manifestano i seguenti sintomi, soprattutto ad insorgenza improvvisa, entro 21 giorni dalla visita nelle zone colpite: febbre, mal di testa, mal di gola, diarrea profusa e vomito, malessere generale.

21 giorni: periodo massimo d’incubazione
Febbre emorragica virale deve essere sospettata in soggetti con febbre (>38C) o storia di febbre nelle ultime 24 ore:
- che hanno visitato una zona affetta da Ebola entro 21 giorni
- che hanno curato o sono entrati in contatto con i fluidi corporei o campioni clinici di un soggetto o di un animale, vivo o morto, malato o fortemente sospettato di avere la febbre emorragica virale. In caso si sospetti febbre emorragica virale, non devono essere trascurate diagnosi alternative, come la malaria.

Protocollo da seguire
Nell’eventualità di un possibile caso ai “soggetti residenti in/viaggiatori di ritorno da” aree affette, all’arrivo nel nostro Paese, sarà consegnato un foglio informativo nel quale sono invitati a rivolgersi al medico di fiducia o ai servizi sanitari, in caso manifestino determinati sintomi entro 21 giorni dal loro arrivo. Se il medico consultato valuterà un paziente come sospetto caso di Ebola, in base ai criteri clinici e ai criteri epidemiologici, si metterà in contatto con il reparto di malattie infettive di riferimento per la gestione del paziente. I medici del reparto di malattie infettive interessato faranno una prima valutazione per escludere o confermare il sospetto di Ebola. In questo secondo caso, contatteranno l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”, per confrontarsi sulla diagnosi e per l’eventuale gestione del paziente e per il prelievo e l’invio di campioni biologici al laboratorio a più elevato livello di biosicurezza (BSL4), sempre presso l’INMI “L.Spallanzani”.

Per evitare inutili psicosi, il Guardian ha stilato un prontuario di prevenzione dal virus. Tutto quello che è possibile fare per evitare, per quanto possibile, il contagio.

1. Come si trasmette l’ebola?

Ebola si trasmette attraverso i fluidi corporei. Sangue, vomito o feci dei malati sono i fluidi più infettivi in assoluto,.

2. Posso contagiarmi andando in palestra?

No. Anzitutto perché nessuno con i sintomi dell’ebola avrebbe la forza di fare esercizio fisico. E quando è in incubazione, il virus non è ancora infettivo. Il sudore, al contrario di quanto è stato spesso comunicato, non è una delle primarie cause di passaggio del virus. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha specificato che il virus non è mai stato isolato nel sudore.

3. Posso contrarre l’ebola se qualcuno starnutisce vicino a me?

Esiste una possibilità di contrarre il virus in caso una persona infetta starnutisca violentemente addosso a qualcun altro, ma soltanto negli ultimi stadi della malattia Il virus non si trasmette per via aerea.

4. Posso infettarmi nei bagni pubblici?

Sì. Qualsiasi tipo di contatto con le feci di chi è malato è particolarmente pericoloso, e il virus è stato individuato anche nelle urine.

 

5. Ebola è sessualmente trasmissibile?  

Sì, e il virus può sopravvivere nello sperma e nei fluidi vaginali fino a 90 giorni, anche nelle persone che sono ormai guarite da ebola.

6. Posso contrarre l’ebola se salgo sullo stesso taxi preso da un infetto?  

Nonostante il virus si trasmetta attraverso le superfici toccate dai fluidi corporei di un malato, è difficile che questo accada su un taxi. A meno che l’infetto non abbia vomitato o sanguinato sui sedili.

 

7. Posso ammalarmi toccando la maniglia di una porta toccata da un malato?    

Sì, se la maniglia è stata contaminata da sangue, vomito o feci infette

8. Ci sono pericoli alimentari?

Se il cibo è cotto non si presentano rischi. La carne cruda invece può essere pericolosa.

9. Le misurazioni di temperatura dei passeggeri negli aeroporti sono utili?

Non particolarmente. Anche perché simili misure dovrebbero essere attivate non solo negli aeroporti ma anche nei porti.

Ricordiamo infine che il virus si trasmette solo in pazienti infetti e che quindi l’Ebola si può prendere solo da pazienti che hanno i sintomi dell’ebola in quanto solo allora il virus è presente dei liquidi organici e può essere trasmesso