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"Movimento di opinione per la Città un ponte tra la gente, la voce del cittadino tra i cittadini"



Il movimento di opinione "il ponte" si prefigge di raccogliere le opinioni del cittadino, filtrandole ed elaborandole per capire cos'è importante e più utile per la gente.

Dando spazio a tutte le proposte mantenendo sempre la persona e le persone al primo posto.

Si intendono sviluppare i collegamenti con le associazioni di volontariato, con le istituzioni, con le associazioni di categoria, e dei media per elaborare nel miglior modo ciò che viene esposto dal cittadino. Non limitandoci alla critica in quanto tale, ma impegnandoci a costituire e a a tradurre in realtà le idee.

Al movimento di opinione "il ponte" puo' associarsi chiunque desideri lavorare per migliorare la nostra città: renderla più vivibile e sana; ogni persona indipendentemente dalla colorazione politica e dall'iscrizione a un partito, purchè il suo pensiero sia guidato da sani principi.
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Medici, sindaci, e carte di credito…

marino

Un altro articolo che forse non è un racconto, non è un ” ricordo” ma forse è una considerazione sull’argomento del giorno
Dimissioni o non dimissioni ?
Si dimesso ma… i ragionamenti sono belli !

Ecco il ragionamento del nostro F. Fontana

Medici, sindaci, e carte di credito…

Chi ha letto il mio libro lo sa già, per gli altri (che spero magari vengano spronati a leggerlo…) dico che Martin Hoeckstra è il personaggio forse più tragico e divertente allo stesso tempo del romanzo.
E’ un borgomastro, ovviamente di pura fantasia, che nella Germania Est, alcuni anni prima che cadessero il Muro e il comunismo, regge il piccolo villaggio montano di Winkel (Cantuccio), situato, nella mia immaginazione, tra le gole meno dolci e più selvagge dei Monti Metalliferi.
E’, fatalità quasi incredibile, un medico (giuro, non ho doti di preveggenza :-) ) e la sua caratteristica principale è quella di accentrare tutto nelle sue mani. Povero cristo, non tanto (o non solo) per manie di grandezza, quanto perchè il paesino è talmente piccolo da non annoverare nessuno, oltre a lui, disposto a fare il vicesindaco, il capo delle guardie, il farmacista, il giudice conciliatore, etc… (fortuna che ha trovato un candidato disposto a fare da unico consigliere comunale: sua moglie, la saggia Katharina!).
E’ senza dubbio una macchietta, preda di isterismi (mitiche le denunce e controdenunce che si scambia col proprio vice, ovvero con se stesso), di schizofrenia, e anche di arroganza, se vogliamo; oltre a una innegabile inclinazione verso un blando, simpatico ma comunque pericoloso totalitarismo!
Però, a suo indubbio onore, bisogna riconoscergli una virtù: non ha mai posseduto alcuna carta di credito per effettuare cene e spese di rappresentanza, non ha mai usato un solo quattrino che non fosse SUO per effettuare le SUE spese e per dare lustro al SUO incarico: perfino nelle occasioni conviviali i rinfreschi venivano preparati dalla saggia e paziente moglie, con le sue manine e con i propri ingredienti, non acquistati in pasticceria con i denari del Municipio, ovvero della cittadinanza, ovvero della “splendida comunità socialista dei contadini e degli operai di Winkel”!
Facendo un salto di qualche decennio e di alcune migliaia di chilometri oggi sentiamo che c’è gente che, dopo aver speso (in cene? in viaggi? in altro? Boh… non mi interessa neppure saperlo, non mi sono informato su questi dettagli dato che li giudico superflui) migliaia di Euro con la carta di credito “istituzionale” (le aboliremo prima o poi queste robacce???????) ora, siccome qualcuno ha fatto le pulci, ha deciso di “rimborsare” quelle spese di tasca propria. Magari presumendo di fare la figura dell’onesto senza macchia e senza difetto.
Ma scherziamo??? Io non so se chi fa queste cose sia onesto o no, non sono un giudice e non abito neppure dentro alla coscienza di nessun sindaco e di nessun medico, quindi non emetto opinioni di alcun tipo, però apparirebbe chiaro anche a un bambino che se io, nell’esercizio di una funzione pubblica, effettuo una spesa con soldi non miei e poi, per mettere a tacere alcuni “rumors”, li RIMBORSO, vuole dire o che sono un benefattore o che quei soldi non dovevo usarli in quel modo. Sbaglio??? Siccome io ai benefattori non ci credo… uno più uno fa due!
E poi, al di là della scarsissima opportunità del gesto (infatti io, se so di avere ragione, i soldi NON li rimborso! E spiego anche il perchè: non difendendomi, ma attaccando!!!), se nessuno avesse fatto le pulci, quei soldi sarebbero stati ugualmente rimborsati oppure sarebbero passati, come si suol dire, in cavalleria?
Insomma, parlando di medici e di sindaci, la mia conclusione è questa: meglio leggersi “La percezione delle Pleiadi” e farsi 4 risate su Martin Hoeckstra piuttosto che leggere i giornali di questi giorni e versare 4.000 lacrime di delusione, di disperazione e soprattutto di rabbia per come è ridotta l’etica politica in questa nostra amata Italia!!!!!
Un abbraccio, amici!

Quando il tempo lo prevedeva Bernacca… by F. Fontana

Il nostro Scrittore Prof. Fontana continua i suoi ricordi; il suo viaggio nel passato recente.
Oggi ci fa rivivere Le Previsioni del Tempo.
Bernacca era Bernacca

bernacca1

Sono ricordi che ci fanno sentire più vecchi ma sono la nostra giovinezza

Quando il tempo lo prevedeva Bernacca…

Una delle mie grandi passioni, oltre alla storia, alla politica, etc… è la meteorologia. Da sempre sto col naso all’insù a guardare, a scrutare, a capire, e penso che anche il mio ultimo romanzo, “La percezione delle Pleiadi” ed. Albatros il Filo, di cui ho già avuto modo di parlare da queste pagine, ne sia una dimostrazione (se volete visitate la pagina Facebook Francesco Fontana “Pleiadi”, e chiacchieriamo un po’ insieme!).
La meteo mi affascina ancor oggi che ho 52 anni, ma quando ero bambino, ragazzino… che ricordi!
Volete intraprendere assieme a me questo meteo-viaggio a cavallo delle vecchie, belle, semplici trasmissioni meteorologiche di Mamma Tv e Zia Radio? Bè… io parto, chi vuole mi segua, il biglietto è gratis!
L’appuntamento principe per il meteo-appassionato di 40 – 45 anni fa era sul 1° canale Tv, ore 19.25, “Che tempo fa”. Non c’era verso, io dovevo vedere la trasmissione, bisognava essere a casa per le 19.20, altrimenti entravo in fibrillazione. Dopo un po’ di pubblicità (forse era “Intermezzo”? O “Tic Tac”? O forse ancora “Arcobaleno”? Mah… voi vi ricordate quei meravigliosi minicaroselli?) ecco che alle 19.25 in punto (anni dopo alle 19.50) compariva il sobrio barometro in bianco e nero della Rai e le 7 – 8 note di xilofono annunciavano l’elegante, educato, semplice, competente colonnello Edmondo Bernacca. Anche la domenica? Sì, anche la domenica; e anche a Natale e Capodanno… altro che festività e ponti, a quei tempi gli Uomini erano Uomini e i cavalli erano cavalli… Solo in estate per un paio di settimane il buon Bernacca si assentava e allora il bollettino, molto spartano, lo leggeva una “signorina”. E quando arrivava quel momento il mio commento era sempre: “Nooo! La signorina!”
Tornando a Bernacca, egli esordiva con le temperature minime e massime delle principali città italiane, una tabella a due colonne con nomi (in ordine alfabetico da Alghero a Verona) e accanto le magiche cifre, che quando erano basse o addirittura negative mi mandavano in visibilio (sono sempre stato un “freddista” estremo).
Poi il colonnello passava alla grande lavagna con l’Europa e la mappa delle isobare disegnata da lui: che mano, che poesia! Le perturbazioni erano dei segmenti seghettati con triangolini stile schiena di drago se fredde, invece con semicerchi stile mezzaluna se calde; per qualche anno confesso che non capivo proprio quelle che alternavano i semicerchi e i triangolini (erano i fronti “occlusi”, troppa roba per un bambino di 6 – 8 anni!). Appena sotto nella gerarchia del maltempo c’erano i “fronti d’instabilità”, semplici segmenti tratteggiati e talora accompagnati dalla “R con freccina” del “rovescio o temporale”. Le perturbazioni erano numerate mese per mese; raramente si superava il n° 15, ma ricordo mesi che andavano anche oltre il 20! E poi c’erano gli afflussi freddi e caldi: una freccia piena indicava l’afflusso freddo, una vuota quello caldo. Quando vedevo una bella perturbazione appoggiata all’arco alpino, inserita in una fitta serie di isobare (correnti intense) e seguita da una bella frecciona piena, allora godevo: freddo, forse neve in arrivo!
Bernacca era sempre sobrio, mai sensazionalista, sempre con i piedi per terra e gli occhi verso le nuvole, mai il contrario… come invece oggi spesso accade a tanti meteorologi d’occasione, prezzolati e senza passione: occhi a terra e piedi per aria.
Ma torniamo a noi; giungeva il momento delle previsioni per il giorno successivo: ecco la carta d’Italia con rettangolini magnetici attaccati qua e là su cui era scritto semplicemente “SERENO” oppure “PIOGGIA” o ancora “NUVOLOSO” etc.. Io andavo in visibilio quando leggevo, vicino al Veneto, “NEVE”!
Non rammento se poi c’era anche una cartina per i venti e mari, rammento invece benissimo che la trasmissione si chiudeva con la previsione delle temperature; quando sentivo dire dal colonnello “in sensibile diminuzione” partivo per il paradiso. Alle 19.30 in punto era tutto finito. E’ incredibile pensare a come Bernacca in 5 minuti riuscisse a dire cose così belle e intelligenti, quando invece oggi tanti invece in 5 ore riescono a dire solo idiozie: in politica, nello sport, nell’informazione e, purtroppo, anche in meteorologia…
Gustato il piatto forte, passiamo ai contorni. In Tv non c’era molto altro, sul 2° canale i bollettini erano scarni e senza cartine, io non li guardavo neppure. C’era però la radio; la bella radio di una volta!
La prima osservazione che mi viene spontanea è che i programmi, tutti i programmi, erano in orario; seguivano una scaletta chiara e comprensibile; le stazioni si sentivano bene, non come oggi che è tutto un gracchiare e un sovrapporsi di radio libere su quelle nazionali e viceversa.
Ma torniamo a noi: la poesia della meteo-radio toccava la sua vetta più elevata con il “Bollettino del mare”. Ricordate? Ce n’erano diversi, io ricordo bene quello delle 15.35 su Radio 2, dopo il giornale radio economico e la lettura dei cambi della Lira, e quello delle 23.25, a chiusura dei programmi, credo su Radio 1.
Il “Bollettino del mare” veniva letto molto lentamente, per permettere a i marinai di prendere appunti. Iniziava con gli “Avvisi” che riguardavano tutti i settori del Mediterraneo (per anni mi sono chiesto dove diavolo erano il mare di Alboran e le Bocche di Bonifacio…) e potevano essere avvisi di “temporali” e “burrasche”, sia “in corso” che “previsti” (o “previste”). Io godevo da matti quando si parlava di “Burrasca da Nordest Forza 7 o 8 su Adriatico settentrionale” perché voleva dire Bora e freddo su di noi! Le burrasche in genere erano Forza 7 o 8 (al di sotto non è “burrasca”); Forza 9 era già qualcosa di eccezionale; ricordo solo un caso in cui venne segnalata una Forza 10 (e forse anche Forza 11) sui mari meridionali italiani, era il dicembre 1976 e passava un potentissimo e profondissimo ciclone oceanico da Ovest! E non si chiamava più “Burrasca” bensì “Tempesta”. Poesia, pura poesia!
Poi si passava alla “Situazione”, una descrizione di pressione, fronti e perturbazioni, sempre riferita a tutto il Mediterraneo. Ricordo, come un’interessante curiosità, che nei periodi estivi veniva quasi sempre segnalata una “corrente settentrionale di tipo monsonico” sul Mediterraneo orientale. E io mi chiedevo? I monsoni in Europa??? In effetti si trattava di quei venti semipermanenti che rendono gradevolissima l’estate dalla Grecia verso Est.
Ed ecco poi le previsioni, settore per settore, limitate però ai mari italiani: si iniziava con il Mare di Corsica e si finiva con il “mio” Adriatico settentrionale. La previsione (per 12 ore) era così scandita: direzione e forza del vento – stato del cielo – fenomeni (eventuali) – visibilità – stato del mare – tendenza per le 12 ore successive. Che precisione, che professionalità, che poesia! Lasciate che anche qui racconti come godevo quando lo speaker diceva, per l’Adriatico settentrionale, “Neve”. Accadeva molto di rado, in genere quando nevicava in terraferma in mare o non nevicava o nevicava poco e quindi la neve non veniva citata come fenomeno; ma in occasione delle nevicate più potenti (come a fine dicembre 1976) invece sì, veniva detto, e io ascoltavo quelle quattro lettere con una soddisfazione enorme!
Il commiato del Bollettino erano gli “Avvisi ai naviganti”, comunicazoni tecniche su boe, moli, fari etc… che servivano ai marinai, ma avevano poco o nulla di meteorologico.
Poi in radio c’erano le classiche “Previsioni del tempo emesse da servizio meteorologico del’aereonautica”, un minuto circa di bollettino in coda ad alcuni giornali radio con scarne ma chiare informazioni così scandite: situazione – tempo previsto – temperatura (prevista) – venti – mari.
Ricordo che iniziavo a sperare nella neve ovviamente quando veniva prevista in Val Padana, ma anche quando era annunciata sulle Alpi (i “rilievi”) già oltre gli 800 mt.: avevo sperimentato infatti che qualche fiocco poteva scendere fin verso Venezia pure in quelle occasioni.
In coda ad altri giornali radio c’erano le temperature minime o massime (o entrambe, ciò ovviamente dal pomeriggio in poi) registrate nella giornata. E per radio venivano sempre lette le stazioni col nome dell’aereoporto; nomi che avrò sentito centinaia, migliaia di volte, e non ho più dimenticato: Alghero? Fertilia! Verona? Villafranca! Bari? Palese! Napoli? Capodichino! Torino? Caselle! Venezia? Lido! Genova? Sestri! Cagliari? Elmas! E così via… altre gocce di poesia…
Chissà se anche il ricordo di quelle trasmissioni così semplici, belle, ingenue ed esaustive allo stesso tempo contrbuiscono a farci realizzare che il clima è cambiato, che le stagioni non sono più le stesse, che l’atmosfera ha perso gradualità, dolcezza, equilibrio… Forse no, forse è proprio vero che il clima sta cambiando come è sempre cambiato, d’altra parte il Global Warming è misurato dai termometri, non solo dalle nostre impressioni. Ma se… se ci fosse ancora Bernacca a raccontarci il tempo giorno per giorno forse anche il Global Warming ci infastidirebbe di meno! Cosa ne dite?

Francesco Fontana

Ospedale Unico: un passo avanti e un passo indietro: Possibili soluzioni !

 

Un passo avanti e un passo indietro. Rimaniamo fermi . Ma rimanere fermi significa andare indietro.

Indietro dall’Ospedale Unico. Ma avanti verso il caos. Avanti per non dare risposte ai cittadini.

Vi ricordate il vecchio Ospedale?

Si può rimanere ai vecchi tempi ?

 

E allora vediamo la situazione e facciamo il punto su cosa può succedere e sui prossimi scenari

Bisogna dire che difficilmente la Regione , Il Governatore Zaia e la Giunta, avrebbero fatto un passo indietro. Fare un passo indietro significherebbe rivedere le schede di dotazione ospedaliera, ripensare alla strategia sanitaria non solo degli Ospedali ma anche di tutto il sistema sanitario del Veneto Orientale.

La Conferenza dei Sindaci si era espressa alla unanimità , dopo che al Convegno organizzato da ” Il Ponte” i due Sindaci ( quello di Eraclea e quello di San Donà ) si erano espressi alla costruzione del nuovo Ospedale, ma come avevamo detto al Convegno i campanilismi si sarebbero fatti vivi e la politica sarebbe entrata dalla finestra. E allora erano cominciati i passi indietro

Passi indietro che erano stati fatti da diversi Sindaci e in modo particolare da quello di San Donà e di quello di Portogruaro. Il motivo era semplice e lo avevamo già detto al Convegno: nessuno voleva avere l’ospedale dell’altra città favorito rispetto al suo. In sostanza tutti temevano di perdere l’Ospedale sotto casa , nella propria città a vantaggio della città alternativa. E anche il pensare di un Ospedale a mezza via non accontentava tutti.

Tutti in sostanza volevano avere il nuovo Ospedale a casa loro . Tutti avevano paura di perdere consensi. Certamente ufficialmente tenevano una altra posizione e una altra giustificazione. Tutti esprimevano la paura di non avere  una assistenza pronta per i propri abitanti. Temevano di perdere un Ospedale, temevano che un edificio sarebbe stato abbandonato. Ma tutto sommato temevano di perdere consensi presso la propria popolazione , temevano di non aver difeso i propri cittadini

Varie sono state le opinioni e varie le soluzioni.

Ci fu anche un  documento ufficiale del PD e del Sindaco Cereser ( che ricordiamo è dello stesso partito del Sindaco di Portogruaro) che rimetteva tutto in discussione. Voleva un cambiamento delle schede ospedaliere e chiedeva di riorganizzare la sanità in modo diverso

Cosa diceva questo documento

“Per quanto riguarda infine gli obiettivi a breve termine, si ribadisce che il PD chiede l’immediata sospensione dell’applicazione delle schede ospedaliere ed esprime la propria ferma opposizione alla ristrutturazione ospedaliera del presidio di San Donà come previsto dalle schede stesse reclamandone, in ogni caso, il potenziamento dei servizi sino agli standard previsti, per garantire, qui, ora e sino alla realizzazione concreta di eventuali alternative, la salute dei cittadini di San Donà e dei comuni limitrofi.

Partito Democratico – Circolo di San Donà 12 febbraio 2014”

 

Sembrava tutto quindi ritornare in gioco e la conclusione era uno stallo, un passo indietro e ritornare alla Sanità attuale

Ma poi venne la decisione di sentire una commissione tecnica che decidesse quale era il miglior sito per un Ospedale unico.

La soluzione è stata come l’uovo di Colombo. Una commissione tecnica assieme ai Sindaci delle Principali città interessate avrebbe deciso la locazione del nuovo Ospedale. La città ( Portogruaro o San Donà ) che sarebbe stata più distante dal nuovo Ospedale avrebbe avuto una sede di Pronto intervento in modo da garantire una assistenza veloce a tutti.

Nello stesso tempo la Conferenza dei Sindaci  venne alla stessa decisione e la decisione è stata presa alla unanimità.

Si era quindi  fatto un passo AVANTI !

Ma la gente cosa dice. I cittadini parlano a secondo la loro esperienza personale; non molti possono ragionare in senso razionale e obbiettivo, anche perché non possono prescindere del partito al quale si ispirano.

 

Ospedale unico ? No grazie ! sembrano dire oramai molti. Si moltiplicano le riunioni di addetti ai lavori, di sindaci, di medici, di associazioni  che dicono la loro opinione. Vi sono ora comitati che cercano di fare marcia indietro alla decisione della Giunta Regionale.

Noi de ” Il Ponte ” avevamo fatto un convegno in ottobre l’anno scorso con rappresentanti dei vertici della Sanità Regionale e della ASL e ci venne spiegato che l’Ospedale Unico era la sola possibilità attuale per portare una eccellenza nella nostra Sanità locale.

Si era spiegato che i costi per mettere al passo i vecchi Ospedali era troppo alto, che la sanità moderna andava verso questa direzione, che i soldi erano stati trovati…..

Si disse anche che entro 5 anni l’Ospedale Unico sarebbe stato pronto  . IO ero scettico tanto che finii gli intervento del convegno dando appuntamento a tutti fra 5 anni e vedere chi aveva ragione : loro o io che pensavo che tutto poteva avvenire fra 10 anni.

Dissi fra 10 anni pensando a tanti problemi ma poiché nessuno in quel convegno criticò, a parte uno del pubblico, le schede ospedaliere che andavano incontro all’Ospedale Unico e facevano un percorso in attesa di tale Ospedale, diedi per buono che l’Ospedale UNICO  SI SAREBBE FATTO.

Era presente anche il Sindaco di San Donà che diede l’OK alle schede regionali. Lo stesso Sindaco parlò però che il percorso fosse fatto entro determinati termini e che non si lasciasse sguarnita la popolazione nei servizi fino ai prossimi 5 anni.

Lo stesso Vicesindaco di San Donà che è un medico era d’accordo nel progetto ma ora tale vicesindaco è stato estromesso dalla giunta proprio per le sue posizioni spesso in contrasto con quello del sindaco.

Jesolo aveva accettato la sua conversione in un Ospedale unico con indirizzo riabilitativo e di lungodegenza che poteva far pensare a pacchetti per i turisti e ad incentivare il turismo.

Ma poi sono cominciate i litigi per la sede. Tutti volevano un Ospedale sotto casa , più vicino alla propria casa e ora tutti volevano l’Ospedale Unico a casa loro. Bene Ospedale Unico ma a San Donà o a Portogruaro. Sono cominciate le polemiche. Si disse : bene lasciamo che siano i tecnici della regione a decidere la sede. Ma alla fine anche questa soluzione non andava bene.

Il consigliere Trevisiol di Musile ha dichiarato , almeno letto sui giornali, che l’Ospedale Unico doveva essere fatto a Caposile  e che doveva essere lasciato l’Ospedale di Portogruaro.

Sono intervenuti il Dr Merli ex Sindaco e Ex Presidente della Conferenza dei Sindaci per la Sanità

Ma per quanto finora detto, quando si parla di politica socio sanitaria, non ha alcun senso concentrare l’attenzione solo sul tema ospedaliero, ma dobbiamo partire dai bisogni delle persone per la costruzione di un disegno complessivo, che comprende il servizio ospedaliero, in grado di rispondere alle legittime aspettative di una società post industriale che si definisce ai massimi livelli nazionali ed europei in tema di diritto alla salute.

Partire dalla rete dei servizi sul territorio.

Indipendentemente dalla soluzione che si vuole dare al tema della riorganizzazione ospedaliera (ospedali in rete od ospedale unico, servizio pubblico e servizio privato, in concorrenza o complementari, ecc.), resta del tutto da risolvere il problema dei servizi territoriali, sia sul versante della progettazione che, ancor più importante, della loro realizzazione. Si tratta, come noto, di dotare i distretti socio sanitari degli strumenti e delle    risorse utili per la costruzione di una rete di servizi, che ha il proprio fulcro sui medici di medicina generale e sui pediatri di libera scelta, organizzati e integrati con i servizi necessari – hospice, ospedali di comunità, RSA, unità riabilitative territoriali, centri diurni, ADI, ecc. – per garantire un sistema di cure vicino alle persone ed alle loro famiglie, per evitare ricoveri impropri negli ospedali, per garantire l’assistenza e la cura post- ospedaliera.

Il potenziamento dei servizi territoriali potrà così avere, inoltre, un importante ruolo nella prevenzione, obiettivo raggiungibile solo attraverso una diffusa e diversa cultura della salute.

Una rete dei servizi così intesa permetterebbe agli ospedali di concentrarsi, in linea con la propria mission, solo sui problemi acuti, mentre il percorso per le persone in condizione di fragilità – ad esempio in dimissioni protette – o di cronicità, potrebbero trovare soluzione negli altri servizi integrati della rete territoriale.

Per realizzare tutto questo è necessaria una politica di sviluppo con adeguati finanziamenti per l’apertura, da subito, dei nuovi servizi territoriali mancanti o insufficienti.

Contrariamente a quanto fin qui auspicato, da oltre un anno a questa parte assistiamo ad una riorganizzazione che va esattamente nella direzione opposta, a partire dalla riduzione dei servizi territoriali e dall’incomprensibile riduzione da due distretti socio sanitari ad uno solo, coincidente con tutta l’ULSS 10.

L’ospedale unico è veramente la scelta migliore e più conveniente ?

Da alcuni anni, ma recentemente in modo più frequente, all’interno dell’ULSS 10 si sta sostenendo l’opportunità di passare da un modello di strutture ospedaliere policentrico all’idea dell’ospedale unico.

Questa affermazione, sostenuta dalla direzione generale dell’ULSS 10, non è mai stata accompagnata da un preliminare di massima, non è stato detto con certezza quanto costerà (si è sentito dire 100, 150, 170 milioni di €… chi offre di più?), non è stato detto in che modo i cittadini, attraverso le tasse, dovranno pagarlo, non è stata presentata alcuna seria analisi circa i costi di gestione, né una seria analisi circa i costi sociali di una simile iniziativa.

Ad incrementare la confusione e la demagogia contribuisce il fatto che quando viene sbandierata l’ipotesi dell’ospedale unico sembra ne debba esistere, per l’appunto, uno solo. Ma non è così. L’ospedale unico, infatti, non sostituirebbe tutti e 4 gli ospedali esistenti, ma solo due, perché l’ospedale ad indirizzo monospecialistico riabilitativo di Jesolo continuerebbe ad esistere, così come la Casa di Cura privata Rizzola. La riduzione sarebbe dagli attuali 4 a 3, da realizzarsi, come sopra ricordato, non si sa quando, dove, con che soldi… e soprattutto perché.

Ma quando si parla di costi, dobbiamo pensare che non si tratta solo di quelli economici, ma anche di quelli sociali. Con una conformazione geografica come quella dell’ULSS 10, un solo ospedale, ancorché centrale, obbligherebbe la stragrande maggioranza dei cittadini a sobbarcarsi distanze e tempi di percorrenza inaccettabili e non convenienti, considerato anche il sistema viario e di trasporti pubblici esistente. Un ulteriore buon motivo per andare a trovare le risposte in altre ULSS incrementando ulteriormente le “fughe” verso l’esterno.

L’ULSS 10 dovrebbe concentrarsi sugli aspetti che le sono propri, ovvero sulla gestione, sull’aumento della qualità dei servizi, sulla diminuzione delle c.d. “fughe”. In questo campo riteniamo che l’equilibrio di bilancio a cui la direzione generale naturalmente tende, debba essere ottenuto non abbattendo la spesa tagliando i servizi, come si sta facendo in questo periodo, ma aumentando le entrate migliorando ed integrando i servizi stessi, sviluppando una maggiore attrazione e una maggiore fiducia da parte dei cittadini nei confronti dell’ULSS 10.

Il clima si fa rovente

Si può modificare il piano e fare , come abbiamo sempre sostenuto, Ospedali differenziati che non facciano tutti le stesse cose.

 

Ritorniamo su quello che noi abbiamo sempre sostenuto da più da 20 anni. Ospedali differenziati non come specialità ma come reparti che a parte le parti basilari facciano patologie differenziate.

Forse l’Ospedale Unico potrebbe essere la soluzione migliore ma vi  sono alcuni problemi che hanno riportato diverse persone

Il vero problema è il lato economico

Dove sono i soldi ?

Vi è un piano di fattibilità ?

Dove farlo’

La distanza di un Pronto Soccorso efficiente

Diversi mi hanno parlato della possibilità di perdere alcuni specialisti

Diversi hanno paura di ritrovarsi con il caos che esiste all’Ospedale Dell’Angelo a Mestre

I problemi effettivamente sono diversi

Molti si chiedono che fine faranno gli attuali Ospedali. Sarà un buttar via i soldi investiti.

Difficile dare una risposta

Tanti dicono che sarebbe meglio far funzionare i tre Ospedali esistenti e la Casa di Cura

Ma perchè ci sono le fughe

La gente non va in Friuli perchè lo ritiene comodo ma perchè trova ivi delle eccellenze.

Ecco cosa manca nella nostra ASL. Manca spesso la eccellenza. Non che non ci siano reparti e medici al top ma manca la eccellenza.

La soluzione migliore sarebbe un Ospedale unico di tipo pubblico e un ospedale privato per dare la scelta al cittadino e la possibilità diversa di cura e diagnosi, sempre nel limite dell’economia di mercato.

Ma questo non è realizzabile in questo periodo di difficoltà economica  e quindi si deve ritornare a ripassare ad una altra soluzione

Bisogna tenere presenta la distribuzione di popolazione nel nostro territorio e della viabilità attuale e prossima ventura e le patologie e le statistiche epidemiologiche nei prossimi anni.

Dovrebbero esserci due Ospedali di rete ( San Donà e Portogruaro) con alta specializzazione ma con specializzazioni diversificate per patologia e un Ospedale a gestione privata che segua le direttive della Sanità pubblica e che abbia reparti specializzati per specialità carenti negli altri Ospedali

Esempi di questo tipo ci sono già in Italia e all’estero.

La suddivisione di competenza e di specializzazione darebbe la possibilità di avere le strumentazioni necessarie ai tempi senza dovere creare doppioni che costerebbero e sarebbero sottoutilizzate. Lo stesso ragionamento vale evidentemente per il personale medico e anche paramedico. Al giorno di oggi il medico non sa tutto e non può eccellere su tutto. Sarà più conveniente specializzarsi in alcune cose e non in tutte dando quindi una garanzia di professionalità maggiore.

Chi può al giorno di oggi chiede : “dove devo andare per essere curato meglio per tale patologia?”. Ma tale scelta non deve essere data solo ad alcuni cittadini ma a tutti.

Quindi due Ospedali con specialità diverse in grado di affrontare al meglio ogni situazione. Se la capacità di posti e di specialità sarà ottimale allora  il cittadino andrà in quel ospedale che meglio risolverà la sua esigenza indipendentemente dei pochi chilometri eventualmente in più.

Quello che si vuol dire  è che degli ospedali fotocopie l’uno dell’altro non soddisfano il cittadino anche se vicini a casa in quanto non sono perfetti ma limitati come posti letto, come risorse materiali e come risorse professionali.

Quindi non un altro Ospedale fotocopia ma un Ospedale con Riabilitazione specializzata con degenza e con Day Hospital  e una Lungodegenza capiente per tutta la ASL. Naturalmente vi sarebbe il problema del turismo estivo. Per tale motivo La Regione ha deciso  che ci sarà un Pronto soccorso autonomo con un Primario. Si tratterà di sopportarlo nel periodo estivo con aumento del personale medico e infermieristico .

 

E per San Donà e per Portogruaro. Cosa ci aspettiamo visto che i costi di un Unico Ospedale sono proibitivi ?

Un Primario o Direttore delle divisioni mediche a San Donà e una Direzione chirurgica a Portogruaro.?

Vi ricordate quando oltre ai vari Primari venne creato il Direttore del Dipartimento?. Vi era una Direttore di dipartimento (Chirurgia o Medicina ) e rimanevano i primari dei due anzi tre Ospedali. Ora rimangono solo i Direttori dei Dipartimenti e non ci saranno più gli altri primari. Cambierà il nome ma la struttura cambierà poco.

Io credo che quello che noi sosteniamo da anni sarebbe stata la soluzione di tanti problemi

Noi  abbiamo sempre proposto di Razionalizzare i vari Ospedali differenziandoli sia nei reparti che negli Ospedali.

In sostanza i vari reparti avrebbero avuta un ruolo differenziato in modo che in ogni reparto ci fosse una eccellenza per quanto riguarda  le varie patologie

Questo avrebbe comportato una riduzione di spesa e una ottimizzazione delle risorse umane e tecnologiche

Non si può spendere molto per avere le stesse attrezzature in ogni reparto perché si avrebbero attrezzature non di eccellenza e gli stessi operatori avrebbero una esperienza limitata e non eccellente in una data patologia.

Una chirurgia per esempio avrebbe trattato alcune patologie e per tale reparto si sarebbe investito nelle migliori tecnologie e si sarebbe  dato al personale e medico e paramedico una formazione eccellente.

Questo vale per chirurgia e per medicina e per i vari servizi

Non si può tutto centralizzare ma si può ottimizzare strumenti e personale per dare eccellenza agli Ospedali con vantaggi economici e un servizi ottimale alla popolazione.

La polemica Ospedale unico o meno è solo una polemica che ci fa tornare indietro negli anni quando vi erano i vari campanili e tutti pensavo a sè stessi.

Ora il cittadino vuole essere curato nel modo migliore con la attrezzatura migliore

E tutto questo ha dei costi

E allora conviene avere due poli attrezzati con le attrezzature migliori e con gli specialisti con la maggior esperienza e formati in modo tale da rappresentare quella eccellenza che attualmente manca.

In ultimo la Casa di Cura Rizzola. Deve rappresentare una alternativa alla popolazione sempre che possa rappresentare dei poli di eccellenza per determinate patologia e che il rapporto costi-benefici sia favorevole.

Se la struttura può dare alcuni servizi di eccellenza a costi competitivi non si vede perche non possa esistere nella modalità e nell’ottica descritta sopra.

Il Dr Madeyski all’Università di Santa Cruz

Motivo di soddisfazione per il Dr Madeyski ma anche per la cittadinanza di San Donà il fatto che il Dr Madeyski, Presidente del “IL POnte” sia stato inviato all’Università di Santa Cruz di Tenerife per illustrare la sua terapia con l’ossigeno normobarico per la cura delle ulcere difficili degli arti inferiori e per il piede diabetico

Questa settimana sulle televisioni è andato in onda un servizio che raccontava questa esperienza mostrando in alcuni filmati momenti delle lezioni , ove si può vedere l’interesse degli operatori locali verso tale terapia.

Il Dott Madeyski è rimasto 5 giorni facendo tre cilci di lezioni e incontri al giorno sia nelle strutture universitarie che negli Ospedali pubblici e anche in quelli privati

Di cosa ha parlato?

Ha parlato delle ulcere difficili e di come si trattano con il suo dispositivo ULCOSAN tramite l’ossigenoterapia normobarica

Ma cosa sono le ulcere difficili cutanee degli arti inferiori?

Vediamolo brevemente

 

Le lesioni cutanee croniche sono aree di sostanza dermo-ipodermica che non dimostrano alcuna tendenza alla riparazione spontanea.

Questo tipo di lesioni, particolarmente dolorose e debilitanti per il paziente, sono quasi sempre la manifestazione di una condizione patologica concomitante la quale determina un arresto della cicatrizzazione a causa dell’alterata omeostasi vascolare dovuta a processi endogeni o esogeni di varia natura. Questi fattori determinano infatti un rallentamento dei processi di ricostruzione della matrice fondamentale e di riepitelizzazione, favorendo infine un processo di necrosi per essiccamento.

Il processo di risoluzione della lesione può variare in modo molto evidente a seconda di come si protegge la ferita dagli agenti esterni quali microtraumi meccanici ed alterazioni della temperatura al di fuori del range fisiologico.

Le lesioni croniche sono rappresentate dalle ulcere ischemiche, dalle ulcere diabetiche, da quelle venose e dalle lesioni da decubito che non riepitelizzano.

Sono spesso chiamate ulcere difficili in quanto proprio come lesioni croniche sono di difficili guarigione. In diversi Ospedali sono nati e stanno nascendo Ambulatori per le Ulcere difficili in quanto solo medici e personale specializzato posso essere a conoscenza delle terapia più dedicate per tale patologia

 

Quale il metodo che usa il Dr Madeyski presso la Casa di Cura Rizzola dove dirige il Reparto di Chirurgia

Usa la Ossigenoterapia normobarica con il dispositivo ULCOSAN. Vediamo come è nata tale terapia e tale dispositivo e di cosa si tratta

 

Dal 2003 la Mpsystem si sta occupando di ossigenoterapia normobarica. Non era una novità da anni ma la MPSystem la ha resa scientifica realizzando un dispositvo certificabile in quanto la validità scientifica era data dalla repetibilità del metodo e dai risultati sostenuti dalla casistica Ma vediamo come agisce l’ossigeno in normobarismo Le le ferite croniche hanno bisogno di una elevata richiesta di sostanza che possano nutrire i tessuti e dare energia per poter guarire. La prima sostanza è cellule è l’ossigeno. Tutti sappiamo che senza ossigeno si muore e anche i tessuti e le cellule senza ossigeno muoiono . L’ossigeno non solo nutre ma serve anche a molti processi che portano alla disinfezione della ferita e a stimolare la crescita dei tessuti e in particolare del tessuto di granulazione e quindi alla reale guarigione delle ferite. Per tale motivo la mancanza di ossigeno nelle cellule è la prima causa del persistere della ferita, che quindi diventa cronica. Con la terapia topica con ossigeno si fornisce ossigeno ai vari tessuti esposti esattamente dove serve, dove il tessuto è sofferente e abbisogna di essere nutrito e stimolato. Fornendo ossigeno alla ferita si promuove la formazione di nuovi vasi sanguigni, si migliora la funzione dei leucociti, si stimola la sintesi del collagene e la proliferazione dei fibroblasti. La ossigenoterapia normobarica è naturale, non è invasiva e specialmente a confronto alla terapia iperbarica, non ha alcuna controindicazioni . Nasce dalla ossigenoterapia che veniva attuata in tanti reparti e cliniche universitarie mettendo la zona che ne aveva bisogno in un sacchetto di plastica in cui insufflava l’ossigeno, anche se tiene conto dei principi derivanti dalla terapia iperbarica, di cui comunque costituisce una evoluzione. La terapia topica con ossigeno è indicata come trattamento aggiuntivo per tutte le ferite croniche, ma in particolare ulcere venose, ulcere arteriose, ferite in diabetici, ulcere da pressione, ustioni, trapianti cutanei,amputazioni. Noi abbiamo avuto ottimi risultati anche come terapia che aiuta i trapianti dopo innesti e in suture difficili per evitare infezioni e dare l’ossigeno per fare chiudere meglio le ferite. Il metodo è semplice. E’ stato come l’uovo di Colombo. Accelera i tempi di guarigione delle ferite e spesso da una reale possibilità di guarigione in alternativa ad altre terapia che difficilmente portano alla guarigione. Ma è importante come abbiamo sempre sostenuto che tale terapia alla portata di tutti, strutture ospedaliere e anche a domicilio fa risparmiare tempo e denaro alle strutture sanitarie e consentendo la terapia anche a domicilio del paziente, è economica, e non ha le controindicazioni tipiche delle camere iperbariche.

Il punto sulla sanità nel territorio sandonatese

Considerazioni sull’attuazione della riorganizzazione della Casa di Cura “Rizzola” di San Donà di Piave (Venezia), che prevede 10 posti letto per ricoveri con degenza nel Comparto di Chirurgia ( Chirurgia Generale e Urologia), e sugli effetti sulla popolazione del Veneto Orientale e dintorni.

Dati attuali

La popolazione della nostra ASL è di 208.000 persone.

Confluisce di fatto la popolazione di Cavallino Preporti che è di 13.000 persone.

Quindi in totale la popolazione reale è di 221.000 persone.

Non contiamo a quanto ammonta la popolazione nel periodi estivo perchè deve essere considerata e trattata in maniera adeguata; in ogni caso non rappresenta una popolazione stabile che abbisogni di strutture e personale in maniera fissa.

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Notte magica della befana / 1

Da una ventina di anni, la comunità di Cavallino-Treporti ha acquisito l’onorifico appellativo di Capitale del Veneto di riti epifanici, secondo disciplinari di antiche tradizioni delle genti lagunari-plavensi. Glielo riconosce la facoltà di scienze umanistiche dell’Università di Trieste. Qui, la gente del giovane e dinamico Comune di Cavallino-Treporti, di antiche ascendenze storiche, rivive le secolari usanze dell’Epifania, con una sacralità pagano-cristiana di forti suggestioni rituali, tra storia e leggenda che, permeate di simbolismi, sconfinano nella poesia di un mondo magico, risucchiato avidamente dagli occhi dei bimbi. Osservato dai vecchi, che puntualmente ne sanno trarre con sapienza gli auspici “bòni” o “mali” che siano, per l’anno appena iniziato.

      Il merito di questo trova fondamento soprattutto nell’opera di conoscenza e di salvaguardia delle antiche usanze dei padri, intrapresa da anni dall’Associazione culturale “Usi e Costumi” di Cavallino-Treporti. Conoscenza che viene espressa da “disciplinari indicatori” frutto di ricerche storiografiche, riguardanti tre espressioni messe con successo a concorso pubblico a premi, libero e gratuito. Sono: i Pavinèri, la Pinsa e i Presepi allestiti dalle famiglie nelle proprie case, e la rappresentazione del Grande Presepio Vivente.

      I “Pavinèri”, alti anche 25 metri, sono cataste di materiali assolutamente naturali da ardere, di risulta dall’anno appena concluso, che a diecine, a centinaia, verranno accesi lunedì sera, 5 gennaio, vigilia dell’Epifania, all’imbrunire con i primi tocchi dell’Ave Maria.

      Innumerevoli saranno ancora le fiamme rossastre, tra le vigne, a trasformare il cielo in uno scenario dantesco, dal mare alla Laguna Nord di Torcello e Burano. L’accensione, recita il disciplinare, avverrà per opera dei più piccoli della famiglia che, accompagnati dai nonni, reggeranno i tizzoni accesi. Ai primi guizzi, si eleveranno ancora, alte le invocazioni a Dio, imploranti salute per la famiglia e parenti lontani, e buoni raccolti. Implorazioni tra le fucilate indirizzate alla Berò’la, a cavallo della sua scopa, e recante una gerla ricolma da frutta ed ortaggi, da cui scenderanno i semi a rigenerare la terra nella primavera a venire. La Pinsa è il pane dolce povero della Pasquetta veneta, del quale, “per rinsaldare le speranze, non ci deve essere cristiano che ne non debba godere almeno di un pezzo (morèo)”. Una presenza tipicamente nostrana, ben distante dal panettone, suo omologo d’impronta industriale.

      Infine, “il presepio allestito nelle famiglie, deve seguire l’ispirazione e l’amore al Bambinello, espressi da Francesco – affermava negli anni ’50, don Loris Capovilla -. Deve essere essenziale, calato nella realtà di ciascuno, da indurre però alla riflessione, al silenzio, alla preghiera.”. E’ questa l’idea ispiratrice per la commissione giudicante, presieduta dal chirurgo, dottor Paolo Madeyski.

(fonte: ilgazzettino)

Notte magica della befana / 2

Ritornano puntuali, anche quest’anno a Cavallino-Treporti, le antiche tradizioni popolari dell’Epifania, avvolte dalla magia sacrale di riti cristiani d’origine pagana.

      E ritornano anche i concorsi a premi dei Pavineri e delle Pinse, la sera della vigilia dell’Epifania, 5 gennaio, giunti alla loro 17. edizione, congiuntamente al più giovane dei concorsi, quello dei Presepi creati e allestiti dalle famiglie nelle proprie case, arrivato alla sua 5. volta. Infine, si ripeterà l’attesa rappresentazione della Natività con l’arrivo dei Magi, con il grande Presepio Vivente, la sera della festività dell’Epifania, 6 gennaio, che quest’anno arriva di martedì.

      Riti che appassionano gli abitanti di Cavallino-Treporti, che in essi ritrovano l’identità dei padri, mediante la conoscenza e l’osservanza dei rituali antichi. Il merito va anche e soprattutto alla locale associazione “Usi e Costumi”, presieduta da Artiano Bodi, cavaliere della Repubblica, che porta avanti il progetto con convinzione e abnegazione, apportando sempre dei correttivi, spesso suggeriti dalla facoltà di scienze umanistiche dell’Università di Trieste. Progetto che è poi condiviso e sostenuto da uno stuolo di associati e collaboratori, che, fra l’altro, si trasformano in attori e figuranti nella rappresentazione della Natività.

      E un “correttivo” giunge proprio quest’anno, in cui il “Premio” dei Pavinèri allestiti dai Comitati è stato soppresso.

      Lo ha deciso il direttivo, riunitosi l’altra sera nella sede dell’associazione, a Ca’ Bodi, in via Fausta-via Brigata Volturno 1 di Ca’ Savio. Presente anche il presidente della commissione giudicante dei concorsi, dott. Paolo Madeyski, riconfermato per acclamazione.

      «Rischiava di trasformarsi in un momento di esasperata competizione tra loro, e questo non è in armonia col disciplinare delle antiche tradizioni, cui noi ci ispiriamo, nei significati e nello spirito», ha spiegato il presidente Artiano Bodi.

      A giorni verranno divulgati i principi su cui poggiano e s’ispirano i tre Concorsi a premi, come s’è detto, liberi e gratuiti a tutte le famiglie: quello dei Pavinèri (famiglie), delle Pinse e dei Presepi.

      All’iniziativa, anche quest’anno hanno dato il patrocinio e il supporto: il Comune e l’azienda di Promozione Turistica di Cavallino-Treporti, la Regione Veneto e la Provincia di Venezia; la Coldiretti e la Cia, la Cooperativa agricola di Saccagnana, i Centri Turistici Union Lido, e Marina di Venezia, Pesca Azzurra di Roberto Savian, Marina Fiorita e Cooperativa Litoranea di Stefano Costantini, Cantina sociale di Jesolo e il Gazzettino.

(fonte: ilgazzettino)

Notte magica della befana / 3

Sarà un anno turbolento caratterizzato da periodi negativi e da altri positivi questo 2009, di appena cinque giorni.

      Lo hanno affermato senza alcun dubbio i vecchi di Cavallino-Treporti nell’osservare l’andamento delle faville e del fumo sprigionatisi dall’accensione di tanti “pavineri”, riapparsi ieri sera, vigilia dell’Epifania e notte magica della Befana, secondo antichi riti sacrali, d’origine celtica.

      Si sono innalzate vigorose e dritte, le faville, a formare enormi colonne verticali, che poi paravano ora a levante ora a ponente, vagando e dissolvendosi nell’immensa volta rossastra del cielo.

      «Segnali quanto meno bizzarri, ma di facile lettura» assicurano gli attempati abitanti di Cavallino-Treporti come Romano Onesto, insignito dell’investitura di “àuspice” dalla saggezza dei padri.

      «Tempi nuovi e non facili, quest’anno. Lo indica – spiega barba Romano – quella colonna alta e dritta di fumo di faville che salgono in fretta, scompaginando la tradizione, per poi muoversi su punti opposti: ora a ponente, ora a levante. Ciò significa che vi si alterneranno avvenimenti negativi ad altri positivi. L’unica cosa buona che caratterizzerà il 2009 sarà la speranza», assicura barba Romano. E un centinaio di ospiti della sua tensostruttura, tra figli, nipoti, pronipoti ed amici, lo hanno applaudito. Al primo tocco dell’Avemaria giunto all’imbrunire di ieri sera, sono riapparsi suggestivi i grandi i fuochi dell’antica tradizione, si è detto, a diecine, forse più di un centinaio, a spuntare e ad ingigantirsi nelle campagne, tra acqua e terra. Dall’altezza contenuta tra i 16-18 metri, i Pavinèri si sono presentati allestiti meglio di sempre, secondo il “disciplinare” indicato dall’associazione locale “Usi e Costumi”, presieduta da Artiano Bodi, promotrice dei concorsi a premi dei pavinèri, della Pinsa e dei Presepi, indetti a titolo gratuito, col supporto di enti pubblici, aziende e privati.

      Grazie alle sue iniziative, oggi, 6 gennaio, a Cavallino-Treporti, si celebra la festività dell’Epifania in modo speciale. Numerose famiglie, che intendano partecipare al Concorso delle Pinse, recheranno, entro le 9,30 a Ca’ Bodi (sede dell’associazione Usi e Costumi), un pezzetto della loro Pinsa per l’assaggio della giuria, presieduta dal chirurgo Paolo Madeyski.

      Alle 17, nel parco di Ca’ Bodi, inizierà la rappresentazione sacra del Grande Presepio Vivente, con diecine tra attori e figuranti, e animali di ogni tipo. A seguire la cerimonia delle premiazioni dei tre concorsi; presenti numerose autorità tra cui il presidente della Provincia, Davide Zoggia.

(fonte: ilgazzettino)

Successo del Dibattito pubblico organizzato dal PONTE sulla Sanità del Veneto Orientale

Conclusioni sul Dibattito organizzato sulla Sanità locale

Sabato 11 febbraio si è tenuto un dibattito pubblico organizzato dal nostro Movimento.
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