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Il movimento di opinione "il ponte" si prefigge di raccogliere le opinioni del cittadino, filtrandole ed elaborandole per capire cos'è importante e più utile per la gente.

Dando spazio a tutte le proposte mantenendo sempre la persona e le persone al primo posto.

Si intendono sviluppare i collegamenti con le associazioni di volontariato, con le istituzioni, con le associazioni di categoria, e dei media per elaborare nel miglior modo ciò che viene esposto dal cittadino. Non limitandoci alla critica in quanto tale, ma impegnandoci a costituire e a a tradurre in realtà le idee.

Al movimento di opinione "il ponte" puo' associarsi chiunque desideri lavorare per migliorare la nostra città: renderla più vivibile e sana; ogni persona indipendentemente dalla colorazione politica e dall'iscrizione a un partito, purchè il suo pensiero sia guidato da sani principi.
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Presepe Vivente a Cà Bodi: 23° edizione

Anche quest’anno torna il Natale a Cà Savio. Torna per merito di quella fucina di uomo del fare di Artiano Bodie . Artiano Bodi non si ferma e ricomincia da capo portando cose nuove inserite nelle tradizioni locali e con lo spirito natalizio ma artigianale che da sempre lo distingue.

Presepe Caà Savio

foto di presepe

Il Cav. Artiano Bodi è il Presidente della Associazione Culturale ” Usi e Costumi Cavallino- Treporti”.
La Asssociazione che vive grazie alla collaborazione di tante persone guidate dall’instancabile Artiano e in primis la sua famiglia , si propone di mantenere vivi i riti delle Tradizioni Popolari in Cavallino-Treporti e nelle isole della Laguna Veneta. Da anni tinene vive le tradizioni in varie occasioni e a Natale si ripresenta con i concorsi e con Il Grande Presepio Vivente che da 23 anni tiene banco nella zona ma non solo.
Il Presepio vivente è di anno in anno cresciuto ed ha resistito a tutto. Mentre altri Presepi viventi nascono e muoiono nel corso degli anni, Il Presepio Vivente in Cà Bodi torna ogni anno e non sarebbe un Natale senza questo Presepio.
Mettiamo alcune foto del presepio dell’anno scorso che potete vedere qui sotto

Presepe

Presepe Cà Savio

Anche quest′anno vi è stata la fila per interpretare Gesù Bambino , La Madonna e San Giuseppe come tutti gli altri personaggi. Le figure sono state scelte ma come sempre rimangono un segreto fino alla sacra rappresentazione.
Putroppo quest’anno vi è stata una influenza particolare che ha colpito diverse persone. E la influenza ha colpito anche diversio figuranti. Gesù Bambino, la Madonna e San Giuseppe sono salvi ma diversi pastori e figuranti che facevano lavori di un tempo saranno a casa e non presenti.

Presepe Cà Savio

Presepe Cà Savio

Intanto partono i concorsi che si svolgono in questo periodo e che vedono le premiazioni il giorno del Presepio dopo il suo svolgimento e dopo aver ascoltato le struggenti canzoni cantate dal Coro Chiara Stella
I concorsi che si concluderanno con la premiazione il giorno dell’Epifania sono cambiati. Causa la crisi quest’anno sono stati aboliti i concorsi delle Pinze e dei Pavineri.
Riamane il Concorso dei Presepi che quest’anno sarà diviso in due sezioni

1) Il Concorso dei Presepi allestiti dalle famiglie che quest’anno è giusto alla 12° edizione con presepi allestiti dentro le case
2) Il concorso dei presepi allestiti nei girdini e all’aperto

Tutti i Presepi sono già disponibili alla visita di tutti quelli che vogliono visitarli. Normalmente vi sono delle frecce e delle indicazioni per segnalare dove si trovano.
Il tutto si concluderà dopo il 23° Grande Presepio Vivente al quale parteciperanno numerosi figuranti e animali.
Seguirà la tradizionale bicchierata con vin brulè e tè caldo e quindi la Premiazione con la partecipazione delle autorità comunali e regionali

Un garzie all’amico Cav. Bodi e a tutta la sua famiglia per l’impegno e la passione che mettono in questa manifestazione

Gli Screening Oncologici e Mammografia

Screening oncologici e mammografia di screening.
Ieri abbiamo letto sui giornali che la Regione Veneto ha cambiato le regole sugli screening oncologici e in modo particolare sullo screening per la patologia mammaria. Ha deciso che la mammografia di screening può essere fatta solo se sintomatica sotto i 50 anni.

Mammografia

La mammografia aiuta nella dignosi

Cosa significa ?
Se una donna vuole fare una mammografia per vedere la sua situazione perchè ha paura , perchè può pensare di avere un tunore, magari perchè lo aveva la mamma, il medico non può farle la impegnativa. La donna dovrà pagare non il ticket ma l’esame completo

Screening senologico

come si taglia lo screening

Molti si ricorderanno che non sono molti gli anni da quando nella nostra zona è partito lo screening mammografico per la diagnosi precoce del tumore al seno
Il sottoscritto aveva ideato nel 1992 uno screening artigianale che consiteva nella visita senologica del medico di famiglia che poi . se lo riteneva, prescriveva la mammografia.
Poi nel 2005 prese il via la mammografia di screening su base istituzionale . No stessi de Il Ponte abbiamo regalato alla ASL EURO 50.000 per la diffusione dello screening mammografico
Era noto che solo la mammografia può fare una diagnosi precoce mentre la ecografia e la visita clinica sono complemento alla diagnosi mentre la citologia o la microistologia definiscono la lesione.

La Regione scriveva ed era valido fino ad ora che gli screening oncologici sono importantissimi, esendo dimostrato in maniera statistica che una diagnosi precoce migliora i risultati chirurgici e medici del tumore mammaria , allungando di molto la vita
Riconosceva anche che il risparmio per lo Stato era significativo
Ora improvvisamente cambia

Riporto qui sotto
quanto ho copiato dal sito della Regione Veneto sia per quanto riguarda gli screening oncologici e sia per quanto riguarda lo screening mammografico

Noi avevamo lanciato il progetto ” Ama Il Tuo Seno ” e con piacere vedo che lo IEO ( Istiuto Europeo Oncologico ” di Milano ha nel suo programma il logo che io avevo messo per la nostra campagna di inoformazione

Ama il Tuo Seno

Programma di diagnosi precoce del tumore al Seno

E vediamo ora cosa dice la Regione Veneto

Screening oncologici

Nel 1996 sono state pubblicate le Linee Guida della Commissione Oncologica Nazionale sugli screening oncologici; i Piani Sanitari Nazionali successivi hanno dato indicazioni alle Regioni e alle Aziende Sanitarie per la realizzazione di programmi di screening oncologici organizzati.
I Programmi di screening oncologici in corso di attività sono attualmente tre: mammografico, citologico (cervice uterina) e colon-rettale.
Gli screening per il tumore della cervice uterina, della mammella e del colon retto sono stati inseriti tra i Livelli Essenziali di Assistenza con DPCM 29.11.2001.
Essi non possono assumere carattere discontinuo o a termine, la loro finalità è quella di ridurre la mortalità per neoplasia, in quanto il tumore viene riscontrato in una fase più precoce. I programmi di screening oncologici sono garantiti per la popolazione che rientra nelle caratteristiche di genere ed età stabiliti dalle Linee Guida della Commissione Oncologica Nazionale e successive integrazioni.
Ciascuna Azienda ULSS è responsabile della gestione dell’intervento sul territorio di propria competenza. In ciascuna Azienda ULSS è presente una segreteria organizzativa che invita il cittadino a recarsi presso la struttura sanitaria per eseguire il test previsto dallo screening.
Nel 2007 è stato approvato dalla Regione il Manuale per l’accreditamento istituzionale dei programmi di screening oncologici (DGRV 4538 del 28.12.2007) che determina i requisiti necessari per la qualità dei programmi attivi in ciascuna Azienda ULSS.
Tutti i programmi di screening possono avvalersi del Sistema Informatico regionale al fine di migliorare il servizio sanitario offerto, rendendolo più veloce, trasparente e sicuro.
Atti e documenti
 Piano Nazionale Prevenzione 2010-2012
 Piano Regionale Prevenzione del Veneto – anni 2010-2012 (D.G.R n. 3139/2010)
 D.G.R n. 1235 del 16 luglio 2013: Recepimento dei documenti Ministeriali di sintesi delle più recenti evidenze scientifiche rispetto ad obiettivi di salute in particolare:”Documento di indirizzo sullo screening per il cancro della prostata, Documento di indirizzo sullo screening per il tumore del polmone con CT scan a bassa dose e il Documento di indirizzo sull’utilizzo del test HPV – DNA come test primario per lo screening del cancro del collo dell’utero”.
 D.G.R. n. 2324 del 28 luglio 2009: Progetto per l’implementazione dell’applicazione software per la gestione dei programmi di screening oncologico (screening mammografico, citologico e del colon retto) da parte delle Aziende ULSS della Regione del Veneto. Trasferimento presso l’Unità Complessa Sistema Informativo Socio Sanitario della Direzione Risorse Socio Sanitarie del “Gruppo tecnico di gestione software regionale per lo screening oncologico”.
 D.G.R. n. 4538 del 28 dicembre 2007: L.R. 16 agosto 2002, n. 22 – D.G.R. n. 2501 del 06/08/2004: – Approvazione del Manuale per l’accreditamento istituzionale dei programmi di screening oncologici delle strutture del Servizio Sanitario Regionale
 D.G.R. n. 2605 del 07 agosto 2007: Sviluppo e promozione della qualità degli screening oncologici. Finanziamento di Programmi di Screening Aziendali e di Programmi di controllo e promozione della qualità. Impegno di spesa.
Approfondimenti e reportistica
 Screening mammografico
 Screening citologico
 Screening colon-rettale
 Altri screening oncologici
 Rapporto Regionale Screening Oncologici 2013-2014 [pdf 5,13MB]
Link utili
 Dipartimenti di Prevenzione delle ULSS del Veneto
 Osservatorio nazionale screening

Screening oncologico mammografico
A questo screening sono invitate le donne tra i 50 e i 69 anni. È gratuito.

Lo screening mammografico prevede l’esecuzione del test mammografico ogni 2 anni, quale esame di primo livello. Qualora il test risultasse positivo o dubbio la donna verrà inviata all’esecuzione del secondo livello di approfondimento, per concludere l’iter diagnostico- terapeutico ed eseguire i controlli successivi opportuni.

I programmi di screening mammografico attivi nelle Aziende ULSS della Regione sono completi.

I dati europei presentati recentemente in letteratura (Suppl. Journal of Medical Screening; 9/2012), hanno confermato che lo screening mammografico organizzato è in grado di ridurre significativamente la mortalità per il tumore della mammella femminile.

Nel corso degli ultimi anni, nella Regione del Veneto vi è stata una progressiva dismissione delle apparecchiature radiologiche analogiche per le mammografie, che sono state sostituite da quelle digitali.
I vantaggi di questa evoluzione tecnologica sono molteplici, in particolare riguardano:
• la qualità delle immagini ottenute,
• la loro più agevole lettura
• la riduzione della dose di radiazioni erogata per prestazione
• la loro maggiore sensibilità e specificità
• aumento dell’efficacia dei programmi di screening.
Link utili
 Dipartimenti di Prevenzione delle ULSS del Veneto
 Osservatorio nazionale screening

Complessivamente la popolazione obiettivo da invitare a inizio 2014, costituta dalle donne residenti di età compresa tra i 50 ed i 69 anni, era pari a 645.126 donne. Un elevato numero di queste (71.987) sono state escluse dall’invito perché già affette dalla patologia, per aver effettuato spontaneamente il test di recente o per altri motivi. Pertanto nella Tavola 2 viene riportato il dato relativo all’estensione “corretta”, calcolata come il rapporto tra il numero di persone invitate ed il target su base annuale, costituito dal numero di residenti meno le donne escluse prima dell’invito. Anche se si registrano risultati diversi tra i singoli programmi, la maggioranza di essi ha riportato valori di estensione ottimali. Complessivamente, infatti, sono state invitate 284.153 donne, per un’estensione corretta su base annuale del 97,9%, un ottimo risultato che evidenzia come i programmi del Veneto siano riusciti a garantire l’offerta dello screening alla grande maggioranza della popolazione. E’ interessante valutare anche l’andamento dell’estensione su un periodo più lungo di un anno solare, poiché per diverse ragioni è possibile che i programmi non abbiano un andamento costante degli inviti, per cui un valore non ottimale ottenuto in un anno potrebbe venire compensato da quello dell’anno precedente. Quello che è fondamentale è che il programma sia in grado di invitare tutta la popolazione target nell’ambito del round cioè, nel caso dello screening mammografico, in due anni. La Figura 1 riporta le estensioni corrette degli inviti registrate nell’ultimo biennio 2013-2014. L’estensione corretta media ottenuta nel periodo è pari al 99,1%d . Si conferma che diversi programmi hanno un andamento degli inviti non del tutto omogeneo da un anno all’altro. Tuttavia, nella maggioranza dei casi il risultato complessivo è molto positivo, con soltanto un paio di programmi che non ha raggiunto un’estensione complessiva media dell’90%e . Si osservi come in molti casi l’incremento di estensione legato alla correzione dell’indicatore è rilevante: questo è un segno dell’efficacia del lavoro di pulizia delle liste che viene effettuato dalle segreterie dei programmi e si traduce in una maggiore efficienza degli inviti, i quali vengono rivolti ad una popolazione meglio selezionata e quindi con maggiori probabilità di risposta all’invito. Da sottolineare il caso dell’ULSS 14, dove la quota di donne invitate nel 2014 raggiunge il 143% a fronte del 54% dell’anno precedente: questo forte sbilanciamento degli inviti è dovuta alla particolare suddivisione del territorio ed alla relativa organizzazione degli inviti, per cui un anno vengono invitati i comuni di Cavarzere e Cona, e l’anno successivo quello di Chioggia dove si concentra più di due terzi della popolazione, raggiungendo alla fine del biennio un estensione media ottimale del 98,5%.

Premesse Il tumore della mammella rappresenta la neoplasia più frequente ed è ancora la prima causa di morte per tumore nel sesso femminile: si verificano circa 1.000 decessi all’anno, il tasso osservato è stabile, mentre il tasso standardizzato prosegue il trend storico di lieve riduzione. Si stima, sulla base dei dati del Registro Tumori del Veneto (RTV), che nel 2012 in Veneto i nuovi casi di tumore della mammella siano stati 4.425, pari al 32% di tutte le neoplasie nelle donne. Nel 2013 i decessi per questa causa sono stati 95517, il 15% delle morti per tumore nel sesso femminile. Lo screening mammografico è rivolto alle donne fra i 50 e i 69 anni, che in Veneto sono circa 645.000, invitate ad eseguire una mammografia con frequenza biennale. L’obiettivo primario del programma di screening è la riduzione della mortalità specifica per tumore della mammella. Obiettivo secondario è l’applicazione di terapie chirurgiche e mediche il più possibile conservative ed accettabili. Ambedue questi obiettivi sono legati alla individuazione dei tumori quando sono ancora di piccole dimensioni, senza interessamento dei linfonodi e senza metastasi a distanza. Modelli organizzativi Nella realizzazione dello screening mammografico il miglior rapporto costo/benefici è legato all’osservanza del modello organizzativo standard indicato dalle linee guida nazionali ed internazionali. Questo prevede la doppia lettura differita della mammografia (Mx), con il successivo richiamo delle positive/sospette per gli approfondimenti. La doppia lettura viene utilizzata da tutti i programmi della regione. A fine 2013 le ULSS 9, 12, 13, 14 utilizzavano un’unità mobile per la mammografia di primo livello, con lettura differita. Estensione Nel 2013 lo screening mammografico era presente in tutte le ULSS con una popolazione bersaglio di 629.027 donne (dati ISTAT al 01/01/2013). Complessivamente sono state invitate 278.596 donne, pari al 100% della popolazione bersaglio annuale, al netto delle donne escluse prima dell’invito (Tavola 2 in Appendice). A livello delle singole Aziende, tenuto conto delle esclusioni effettuate prima dell’invito, nell’anno 2013, 20 programmi su 21 hanno invitato almeno l’80% delle donne eleggibili (Figura 2). La chiave di lettura più appropriata rimane comunque l’analisi dei risultati di ciascun programma nel tempo. Vi è infine da segnalare che quasi tutti i programmi hanno diversi round organizzativi al loro attivo. Questo implica che in Veneto la maggior parte dell’attività di screening è rappresentata da esami effettuati in donne già screenate in precedenza (155.075, rispetto a 28.560 in donne al primo esame). Inoltre, delle donne ai primi esami, le neo-cinquantenni costituiscono la maggioranza: il 77,4%. Queste considerazioni, come vedremo, sono rilevanti nella interpretazione dei risultati di alcuni indicatori, come l’adesione e la detection rat
Il valore medio regionale dell’adesione corretta nel 2013 (74,5%) non subisce oscillazioni rispetto all’anno precedente, mantenendosi comunque notevolmente superiore alla media dei programmi italiani del 2013 (62,2%) ed in linea con lo standard desiderabile GISMa (75%) (Figura 3). Questo dato, che va interpretato a livello locale, può essere letto come un indicatore di qualità percepita dalle utenti e della conseguente capacità dei programmi di “fidelizzare” le donne che hanno già aderito almeno una volta, vista la quota prevalente di donne agli esami successivi. L’andamento temporale dell’adesione nei singoli programmi denota in alcune ULSS una variabilità che potrebbe riflettere una differenza geografica o anagrafica delle invitate in anni diversi, oppure una quota maggiore di donne invitate ad esami successivi. Qualora le differenze tra due anni successivi siano particolarmente elevate il dato andrebbe verificato localmente.
I tempi della procedura di screening È importante che le donne che aderiscono alla mammografia ricevano una risposta sufficientemente tempestiva, anche se il risultato è normale, ma soprattutto che l’approfondimento diagnostico per le donne positive al test sia effettuato in tempi brevi. In caso di mammografia negativa il 64,3% delle risposte è stato inviato alle donne entro 15 giorni 67 LO SCREENING MAMMOGRAFICO – I RISULTATI DEI PROGRAMMI DI SCREENING 2013 dall’esecuzione del test: il dato non subisce variazioni rispetto al 2012 e resta inferiore allo standard accettabile GISMa (Tabella 2). I programmi che in più del 50% dei casi hanno impiegato più di 15 giorni per l’invio delle risposte sono otto. L’andamento dei tempi di risposta si riflette anche sui tempi di esecuzione degli approfondimenti: di questi il 66% è stato eseguito entro un mese dalla mammografia di screening (il 69% nel 2012, il 57% nel 2011) e solo il 54,6% entro lo standard dei 20 giorni. Si sottolinea però una elevata variabilità tra i programmi. In quattro di questi la percentuale si abbassa al di sotto 30%, ossia più del 70% degli approfondimenti viene eseguito oltre i 28 giorni, con conseguente maggior carico d’ansia per le donne risultate positive (ULSS 6, 9, 14, 17). Anche a livello italiano si riscontra la permanente difficoltà nel raggiungere lo standard desiderabile: nel biennio 2011-12 solo il 71% degli invii degli esiti negativi avviene entro 21 dalla mammografia, mentre solo il 63% degli approfondimenti vengono eseguiti entro 28 giorni dalla mammografia29.
Richiami intermedi Le Linee Guida europee raccomandano di evitare i richiami intermedi conseguenti ad una sessione di primo livello (standard desiderabile: 0%), a causa della bassa probabilità di avere dalla mammografia un quadro più chiaro dopo un intervallo di tempo limitato7 . Andrebbero evitate anche le mammografie eseguite prima dei due anni dopo una sessione di approfondimento negativo (richiami precoci: standard accettabile 10%); permangono però valori inaccettabilmente bassi in alcune ULSS. Pur considerando i limiti dei dati, questi risultati implicano evidenti difformità di comportamento diagnostico tra i diversi programmi. Il rapporto fra lesioni benigne e maligne Questo indicatore si calcola sulle pazienti cui è stata consigliata una verifica chirurgica e deve essere il più basso possibile. Originariamente il suo scopo era quello di monitorare uno dei possibili effetti 70 negativi degli screening, ma l’uso di metodiche diagnostiche microinvasive (agobiopsia, mammotome) al posto delle biopsie chirurgiche ha tolto progressivamente significato a questo indicatore, che dovrà essere sostituito. Infatti sia la media regionale (0,12) che i valori di quasi tutti i programmi rientrano nel valore desiderabile (range 0,00 – 0,38), anche nelle donne 50-54enni (0,23).
Nel 2013, ogni 1.000 donne screenate per la prima volta sono state identificate 6,5 neoplasie, dato in leggero aumento rispetto all’anno precedente ma comunque inferiore allo standard di riferimento
Come l’anno precedente, tredici programmi su ventuno hanno riportato un tasso di identificazione inferiore allo standard di riferimento. Per interpretare questo dato, va ricordato che nella nostra Regione il ricorso alla mammografia spontanea è una pratica diffusa e c’è ragione per ritenere che lo sia maggiormente nelle donne sotto i 50 anni. Quanto più elevata è la quota di donne che si sono sottoposte a mammografie spontanee precedenti il primo esame di screening, tanto meno il primo screening sarà di “prevalenza”, e sarà invece più simile allo screening di “incidenza” dei round successivi. Purtroppo il dato sull’esecuzione di mammografie spontanee fuori dallo screening non è disponibile. Per questi motivi, unitamente al fatto che le donne al primo esame di screening rappresentano solo il 16,8% del totale dell’attività di screening, questo indicatore va considerato meno rilevante e meno rappresentativo della performance diagnostica dei programmi rispetto all’omologo sulle donne agli esami successivi. Complessivamente, il tasso di identificazione negli esami successivi è di poco al di sopra dello standard, tre quarti dei programmi riescono a raggiungerlo, e globalmente risulta di poco superiore rispetto all’anno precedente (Figura 7). La variabilità territoriale del tasso di identificazione dipende non solo dalla sensibilità diagnostica del radiologo, ma anche da altri fattori, tra cui per esempio la diffusione dell’utilizzo della mammografia prima dell’avvio del programma.

Stadio alla diagnosi
I casi trovati allo screening nel 2013 sono 1.105: lo stadio è stato riportato nell’86,6% dei casi, rispetto all’85,6% del 2012 e all’81,5% del 2011. In 148 casi i programmi non hanno ricevuto informazioni (60 casi con stadiazione ignota), oppure i tumori sono risultati non operabili. Si continua a registrare quindi una certa perdita di informazioni. I cancri in situ sono 142 (14,8%). La dimensione del tumore rappresenta un ottimo parametro per predire la probabilità di buon esito della terapia. Lo screening mira ovviamente a identificare lesioni di piccole dimensioni. Degli 804 casi invasivi, 458 (47,9%) avevano dimensione fino a 1 cm, e tra questi 49 erano microinvasivi e 26 avevano diffusione linfonodale. Il tasso di identificazione per i tumori invasivi fino a 10 mm è stato di 1,63 per 1.000 donne esaminate (standard: >1,5 ogni 1.000 donne esaminate). La proporzione di casi identificati allo screening in stadio II o più avanzato è stata del 27,8% ai primi esami e del 27,1% a quelli successivi (standard desiderabile6 :

Trattamento chirurgico nei tumori invasivi

La correlazione tra pT e tipo di intervento chirurgico (conservativo/radicale, con/senza dissezione ascellare) è stata riportata per 821 tumori invasivi. Nell’81,6% dei casi (n = 670) si tratta di tumori invasivi ≥ 2 cm (85,3% nel 2012, 84% nel 2011). I trattamenti riportati sono stati prevalentemente conservativi (80,5% nel 2013 e 82,4% nel 2012) con o senza dissezione ascellare, coerentemente con l’elevata proporzione di lesioni di basso stadio. Come atteso e coerentemente con una distribuzione più favorevole delle dimensioni delle lesioni, i trattamenti conservativi sono risultati più frequenti negli esami successivi, rispetto ai primi esami (82,8% rispetto al 70,6%).

Conclusioni
Si riassumuno i più rilevanti indicatori di qualità dello screening mammografico della Regione Veneto per il periodo 2011-2013, con gli standard di riferimento definiti dal GISMa. Nel 2013 l’estensione media migliora nettamente rispetto ai valori ottenuti negli anni precedenti. Permangono tuttavia delle difficoltà nel mantenere e, dove necessario, aumentare i volumi di lavoro in circa un quinto delle ULSS. Il dato dell’adesione corretta non subisce variazioni rispetto al 2012, si posiziona leggermente al di sotto dello standard desiderabile del 75%, ma riesce comunque a mantenere lo scarto di miglioramento rispetto al 2010 e a mantenersi superiore alla media nazionale. Il tasso di richiamo ai primi esami aumenta di un punto e mezzo percentuale, continuando ad essere superiore allo standard accettabile. Agli esami successivi il tasso di richiamo si attesta agli stessi livelli dell’anno precedente. Si conferma l’andamento virtuoso di diminuzione dei richiami intermedi, come raccomandato dalle Linee Guida Europee che ne sconsigliano l’utilizzo. I tempi con cui i programmi inviano la risposta negativa non registrano variazioni sostanziali nel 2013, mentre continuano a migliorare i tempi di invio ad approfondimento. Questo dato, che potrebbe essere legato ad una revisione degli aspetti organizzativi nei richiami all’approfondimento, va confermato nei prossimi anni. Nel 2013 i tumori screen detected sono stati 1.105. Come nell’anno precedente, il tasso di identificazione agli esami successivi soddisfa lo standard di riferimento, mentre ai primi esami rimane inferiore, ma con un netto miglioramento rispetto agli anni precedenti. Una possibile spiegazione sta nel frequente ricorso alla mammografia nelle donne < 50 anni.

Complessivamente
, gli indicatori risultano soddisfacenti nel confronto con gli standard nazionali, e stabili rispetto all’anno precedente. Ognuno di essi però deriva dalla composizione di valori molto variegati nelle diverse ULSS, cui si rimanda per una più adeguata valutazione delle realtà locali. Con l’adozione della doppia lettura da parte di tutte le ULSS, diminuisce la difformità dei modelli organizzativi e dei percorsi diagnostici, che comporta un uso poco efficiente della risorsa più scarsa, cioè il tempo-radiologo. Alcune realtà soffrono ancora nel garantire il reinvito a due anni a tutta la popolazione di riferimento, mentre in altre il recupero dei dati relativi agli approfondimenti e agli interventi risulta ancora di difficile attuazione

Piede diabetico da una intervista di pazienti.it

Piede diabetico: dalla prevenzione , ai sintomi, alla diagnosi, alla terapia.

In questa intervista condotta da www.pazienti.it il Dr Madeyski Parla del Piede diabetico
Parla dei sintomi e specialmente in questa prima parte della intervista il Dr Madeyski Parla del Piede diabetico come si presenta e che sintomi da al paziente
Parla dei sintomi e specialmente dei primi sintomi

Sintomi piede diabetico

I sintomi del piede diabetico

I sintomi del piede diabetico

Come può apparire un piede diabetico dopo che i sintomi sono peggiorati arrivando a complicanze
Importante è riconoscere i primi sintomi per non arrivare ad una diagnosi tardiva

Piede diabetico complicato

una necrosi si di un piede diabetico complicatoi

Testo a cura del dr. Paolo Madeyski, specialista in chirurgia generale.
________________________________________
Il piede diabetico è un disturbo che colpisce i pazienti con diabete grave. Difficile è trattare le lesioni cutanee al piede e, spesso, le persone colpite tendono a subire delle infezioni acute e dolorose.
Abbiamo rivolto alcune domande al dr. Paolo Madeyski, chirurgo, per capire insieme quali sono i primi campanelli d’allarme da non sottovalutare.
Piede diabetico: qual è l’incidenza del disturbo?
Il diabete è una patologia molto frequente e in aumento per lo stile di vita ai giorni nostri.
Una delle conseguenza più frequenti è la condizione denominata piede diabetico. Trattasi di una condizione che si riscontra nelle persone con diabete di tipo 1 ma anche con tipo 2.
L’OMS ci dice che circa il 15% dei diabetici andrà incontro nella sua vita a una lesione trofica del piede, che può richiedere cure mediche fino ad arrivare a terapie chirurgiche anche demolitive.
Tali lesioni, se non trattate precocemente, possono aver bisogno di trattamenti importanti, come l’amputazione di una piccola porzione di tessuto o di un dito (amputazioni minori) o, addirittura, del piede e di un arto (amputazioni maggiori).
Il diabete, se non viene curato in maniera corretta, comporta problemi legati a una complicanza tipica dei diabetici e cioè alla neuroangiopatia diabetica. Questa situazione è collegata a una riduzione della sensibilità negli arti del paziente, riduzione provocata appunto dal diabete mellito, che può danneggiare i nervi degli arti inferiori e dei piedi.
Come conseguenza di tale riduzione della sensibilità, si registra una difficoltà nell’avvertire la presenza di iniziali lesioni nella zona dei piedi. Ma, oltre al danno neurologico, vi è una riduzione della circolazione arteriosa negli arti inferiori, con danni al trofismo con maggiore fragilità della cute, che facilmente si lesiona anche per minimi traumatismi, fino ad arrivare a ulcere.
Se poi a un’angioneuropatia diabetica con diminuzione della sensibilità aggiungiamo il fumo, l’utilizzo di scarpe non adeguate, la presenza di deformazione delle dita (come alluce valgo o piede di Charcot), la situazione diventa complessa e grave, sia per i sintomi che per le conseguenze.
Naturalmente, i sintomi dipendono dalla gravità della lesione.
Quali sono i sintomi del piede diabetico?
I sintomi iniziali del piede diabetico sono principalmente:
• la perdita dei peli;
• le unghie che iniziano a crescere male;
• la sensazione di freddo.
Sono sintomi molto comuni e, quindi, spesso sottovalutati, in quanto legati alla arteriopatia che normalmente tali pazienti hanno, poiché le arterie e i capillari distali degli arti inferiori finiscono per chiudersi progressivamente.
Spesso, non si riesce ad avvertire l’arto e il piede viene appoggiato in maniera scorretta, favorendo indurimenti della pelle, come calli e vesciche.
Il vero problema è che, perdendo la sensibilità, non si riesce ad accorgersi di lesioni anche minime o ustioni o piccole ulcere, che possono infettarsi causando una progressiva cancrena dei tessuti. Ricordiamo che solo una parte dei diabetici lamenta dolori ai piedi, perché in genere il piede diabetico è asintomatico.

Piede diabetico cronico

un piede diabetico deformato negli anni

All’inizio, l’ulcera si forma sul bordo dell’unghia dell’alluce, oppure sotto la pianta del piede, nella zona più vicina alle dita e poi si può espandere a tutte le dita e a tutto il piede. Può iniziare come arrossamento di una parte del piede, come gonfiore o, a causa della presenza di vesciche, si manifesta attraverso difficoltà nel camminare, dolore, cambiamento del colore della pelle o febbre.
I diabetici sono predisposti alle infezioni batteriche e fungine nel piede, a causa della cattiva alimentazione. L’aumento del livello di zucchero nel sangue rappresenta una minaccia per il sistema immunitario della persona. E le infezioni possono non fermarsi ai tessuti molli, ma colpire anche l’osso e il midollo osseo (osteomielite).
Qual è lo stile di vita da adottare in caso di diabete?
In casi di diabete grave, il consiglio è di:
• avere una massima igiene e controllo dei piedi;
• mai sottovalutare qualsiasi dolore ai piedi, specialmente alle dita, o bruciore costante, formicolii, edemi, arrossamento localizzato, muscoli doloranti e deboli agli arti inferiori, calli, pelle infiammata e naturalmente ulcerazioni.
È bene ricordarsi che ogni piccolo campanello d’allarme è da segnalare al proprio medico, se si è affetti da diabete, perché il contesto della malattia modifica decisamente la percezione di un piccolo taglio o di una ferita arrossata.

Come curare il piede diabetico

Pazienti.it ha intervistato il Paolo Madeyski, specialista in chirurgia generale su come curare il piede diabetico. Naturalmente il piede diabetico e le varie complicanze

Piede diabetico che si complica

Come si forma la complicanza del piede diabtico

Su Pazienti.it il Dr Madeyski Parla delle terapie del piede diabetico
Curare il piede diabetico è possibile, sebbene la migliore arma sia sempre quella della prevenzione.
Ce lo conferma il dr. Paolo Madeyski, chirurgo generale.
Quali sono ad oggi le cure possibili per il piede diabetico?
La vera cura del piede diabetico è rappresentata senza dubbio dalla prevenzione.
Per non correre il rischio, il soggetto dovrà ispezionare per bene i piedi, dovrà evitare di camminare senza scarpe, dovrà evitare le fonti di calore dirette (borsa calda, caminetto, stufa, ecc.), dovrà curare eventuali calli con l’aiuto di un podologo esperto e dovrà sottoporsi a un’accurata visita dal medico almeno una volta l’anno, per controllare approfonditamente lo stato di salute dei propri piedi.
Il medico, dopo un’accurata anamnesi, effettua l’esame obiettivo e controlla eventuali esami del paziente. Oltre agli esami del sangue per il diabete e la funzionalità renale, importante è un ecodoppler arterioso agli arti inferiori e ai tronchi sovra aortici, per valutare come impostare la terapia. Solo in casi particolari si passa ad angiografia e RNM. Importante è, invece, l’esame culturale e l’antibiogramma, se ci sono lesioni aperte.
In cosa consistono le cure mediche e riabilitative per il piede diabetico?
Dopo la prevenzione, l’unico modo per curare il diabete è mantenere uno stile di vita sano, mangiare in modo equilibrato, per avere giusti livelli di zucchero nel sangue, e fare movimento. Anzi, il movimento attivo se misurato è la miglior medicina.
Diversi sono i farmaci a contrastare il piede diabetico:
• Antibiotici per le infezioni, consigliati sempre dopo aver fatto un esame culturale e un antibiogramma.
• Farmaci vasodilatatoriche servono a portare maggiore afflusso arterioso periferico.
• In base alle lesioni, il paziente ha bisogno di assistenza dell’infermierepiuttosto frequente (generalmente quotidiana) per il cambio della medicazione e per scegliere la calzatura più adatta con aiuto di podologo e posturologo.
• Plantari e calzature ortopedicheche permettono il corretto appoggio del piede, scaricando il peso del corpo su tutta la sua superficie.
• Medicazione specifica per le ulcere(se in corso) per guarirle in modo efficace.
Qual è il trattamento chirurgico per il piede diabetico?
Tra i trattamenti chirurgici per il piede diabetico troviamo:
• Angioplastica e posizionamento di stent in vasi ostruiti o stenotici.
• Necresectomia delle zone necrotiche o con fibrina.

• Amputazioni minori (falangi, metatarsi e asportazioni di frammenti ossei malarici).
La gangrena può essere provocata da un’ulcera del piede diabetico che si approfonda poi nel piano osseo. Complice la ridotta sensibilità dei nervi, si può arrivare a un’ulcera profonda con infezione.
I problemi circolatori causano un alto rischio di infezione; l’infezione e l’angiopatia diabetica portano a un’ulteriore riduzione del flusso di sangue, causando la gangrena, cioè la necrosi dei tessuti del corpo.
Quando si sviluppa la gangrena, bisogna eseguire un’amputazione della zona malata e può essere un’amputazione maggiore o minore, a seconda della quantità di piede da amputare (cercando sempre di amputare il meno possibile ed evitando, se possibile, di arrivare all’amputazione dell’arto intero, per prevenire la diffusione dell’infezione ad altri tessuti sani del corpo).
Quando si perde la capacità di sentire le dita dei piedi, questi si possono ferire frequentemente, senza che la persona se ne accorga; spesso poi da una ferita si può sviluppare un’ulcera, che può scaturire in una grave infezione. Il medico rimuove il tessuto morto; poi, vi è la possibilità di utilizzare vari metodi e metodiche per coprire il tessuto mancante o farlo rigenerare:
• Può essere usata la sostituzione, con innesti di pelle o con vari tipi di medicazioni più meno avanzate.
• Si può stimolare la rigenerazione dei tessuti asportati con metodi alternativi, che si raggruppano nella cosiddetta medicina rigenerativa.
• Da anni si usa la ozonoterapia, sia in forma di bagni della zona o con olio ozonizzato, sia con infiltrazioni locali con la autoemoterapia ozonizzata.
• Lacamera iperbarica ha delle controindicazioni locali e sistemiche, oltre che di distanza dei centri.

Piede diabetico in Ulcosan NEW

Un piede diabetico complicato in Ulcosan New

È stato inventato nel 1999 e migliorato fino all’ultimo modello, il ULCOSAN NEW o CAMERA MADEYSKI, l’ossigeno in normobarismo. Con tale metodo si porta l’ossigeno a contatto con la lesione a una concentrazione del 95% in 6 minuti senza iperbarismo. Non vi è alcuna controindicazione locale o sistemica e in più arriva l’ossigeno direttamente a contatto con la lesione.

Piede diabetico: quando l’amputazione è necessaria

Piede diabetico e amputazione

Quando un poiede diabetico rischia la amputazione

Testo a cura del dr. Paolo Madeyski, specialista in chirurgia generale.

Ahimè, quando si parla di piede diabetico, a volte, si pensa alla soluzione estrema: quella dell’amputazione del piede.
Fortunatamente, non sempre è necessaria e i trattamenti (insieme alla prevenzione) consentono di evitare questa pratica chirurgica.
Ne parliamo assieme al dr. Paolo Madeyski, specialista in chirurgia.
Quando, in caso di piede diabetico, è necessaria la amputazione?
Quando si sviluppa la gangrena bisogna eseguire un’amputazione della zona malata e può essere un’amputazione maggiore o minore, a seconda della quantità di piede da amputare, cercando di amputare meno possibile e evitando di arrivare alla amputazione dell’arto intero, per prevenire la diffusione dell’infezione ad altri tessuti sani del corpo.
Quando si perde la capacità di sentire le dita dei piedi, questi si possono ferire frequentemente senza che la persona se ne accorga e, spesso, da una ferita si può sviluppare un’ulcera e può diventare una grave infezione. Le infezioni dei piedi si possono diffondere fino alla gamba.
L’infezione e la morte del tessuto si espandono col tempo, ed è necessario amputare l’arto per salvare la vita del paziente.
Un’amputazione si effettua in anestesia generale o con un’epidurale (anestesia locale), a seconda delle condizioni del paziente.
Dalla ferita esce un tubo di drenaggio per far uscire i liquidi in eccesso dai tessuti operati. A guarigione avvenuta, a secondo del tipo di amputazione, si può ricorrere a una protesi.
Dopo l’intervento di chirurgia, il paziente necessita di una riabilitazione e di una scarpa o di un plantare studiato per il piede amputato. Egli deve imparare a tornare alla vita quotidiana senza una parte del corpo. L’arto amputato si può sostituire con una protesi e il fisioterapista può aiutare il paziente a imparare a usare questo ausilio.
Alcuni amputati sentono dolore nell’arto tagliato. Questa patologia è nota come sindrome dell’arto fantasma (lo si ritrova in tutti gli amputati, per qualsiasi causa, non solo nel diabete).
Il mio pensiero sulle complicanze del piede diabetico dopo una casistica di più di 2000 casi: io ritengo che l’amputazione possa essere minore; con asportazione solo di zone necrotiche e dopo un’accurata pulizia, occorre passare alla terapia con ossigeno con la camera normobarica, chiamata Ulcosan NEW a Camera Madeyski.
Noi, quando possibile, amputiamo solo una falange o un metatarso, raramente un dito completamente. L’amputazione dell’avampiede è molto rara e l’amputazione di un arto la riserviamo a casi estremi: nella nostra esperienza ciò avviene solamente per un paziente ogni 100.
Cosa aspettarsi dopo l’amputazione?
La ferita non viene chiusa in quanto la sutura cutanea, in una cute sofferente come quella affetta da vascolarizzazione, farebbe andare in necrosi.
La ferita sarà sottoposta un’ora al giorno a ossigenoterapia in normobarismo. Tale terapia non ha alcuna controindicazione e, specialmente nel piede diabetico (come nelle ferite in gravi arteriopatie periferiche), dà ottimi risultati.
Spesso, l’assistenza infermieristica non serve, se il paziente è seguito dai familiari e usa la terapia con ossigeno tramite la camera normobarica Ulcosan NEW.
La medicazione è semplice. Basta pulire la ferita con soluzione fisiologica e poi fare un’ora di ossigeno. Successivamente, occorre solo la medicazione semplice; mai utilizzare pomate, mai garze grasse, mai medicazioni avanzate.
Il mio pensiero dopo 46 anni di chirurgia si riassume in tre concetti:
1. Non siamo stati fatti o creati per essere operati.
2. Per amputare c’è sempre tempo.
3. A volte la costanza e le terapie a disposizione possono dare una qualità di vita accettabile e migliore rispetto alla chirurgia demolitiva.

VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA

VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA PER LA TERAPIA DELLE ULCERE TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI E DELLE COMPLICANZE DEL PIEDE DIABETICO

VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA

Ulcosan New o Camera Madeyski

Per maggiorti informazione visitare
www.cameramadeyski.it

I problemi vascolari legati a deficit arterioso e all’insufficienza venosa a carico degli arti inferiori rappresentano la causa principale delle lesioni trofiche degli arti inferiori assieme alla neuroangiopatia diabetica
In sostanza i seguenti problemi
• insufficienza venosa,
• deficit arterioso,
• diabete, traumi
• decubiti
• iatrogeniche e neoplastiche

sono le cause principali di lesioni trofiche che si trovano agli arti inferiori e principalmente alle gambe, alle caviglie e ai piedi

Queste lesioni rappresentano un problema medico ma anche sociosanitario e economico.
Si stima che in Italia tale patologia colpisca l’1,5% della popolazione e il 5% della popolazione sopra i 65 anni. La diffusione è strettamente correlata all’invecchiamento della popolazione ma anche alle condizioni di vita e al livello di cultura e agli stili di vita che si sono instaurati ai giorni d’oggi.
Sono problemi importanti in quanto il malato con tali lesioni, che per definizioni sono croniche, è spesso inabile, sofferente, depresso, e questo provoca uno scadimento della qualità della vita, e coinvolge l’ambiente familiare per la continua necessità d’assistenza, accompagnata da un decorso lento e non ben definito.

I Costi : per la famiglia, per il paziente e per la Società

Queste lesioni
• sono di difficile cura perché spesso non si può eliminare la loro causa;
• il loro miglioramento dipende dalle risposte individuali, dall’età e dalle patologie associate oltre dalle cause e concause.

Possiamo dividere l’aspetto economico in due

1. Costi diretti (cure e materiali utilizzati, reparti e servizi pubblici o convenzionati, medicina di base, assistenza domiciliare integrata e residenze sanitarie per anziani, spese per diagnosi
2. Costi indiretti con giornate lavorative perse sia dal paziente sia dai familiari coinvolti ed eventuali costi per assicurazioni.
Questi costi , essendo il problema cronico saranno in aumento dato l’invecchiamento della popolazione e lo stile di vita che porta ad un aumento di proible4mi vascolari e all’aumento dei soggetti diabetici

Terapie attualmente a disposizione

• terapie primarie rivolte a risolvere o a migliorare le cause e le concause (farmaci vasoattivi, diabetici, farmaci che agiscono sulla viscosità del sangue, vasodilatori ecc…) farmaci e presidi per le medicazioni (pomate, garze, fasciature, presidi medicati ecc…) e farmaci per le complicanze (anticoagulanti, antibiotici) . Chirurgia vascolare con le varie metodiche e indicazioni. Lipofilling rigenerativo, Pappa di piastrine ec
• terapie chirurgiche volte alla detersione delle lesioni o alla riparazione delle stesse (chirurgia plastica) o asportazione di lesioni osteitiche
• ossigenoterapia attuata nelle camere iperbariche che da buoni risultati, ma è di difficile attuazione per la scarsa reperibilità e per le controindicazioni generali (organiche e psicologiche) che ne limitano l’utilizzo.

Ma ci si trova davanti a trattamenti spesso insufficienti che portano spesso a complicazioni gravi come infezioni, gangrene, amputazioni più o meno maggiori.
Naturalmente queste complicanze comportano problemi di costi per il paziente , per la famiglia e per la sanità sia pubblica che privata .

Il problema dei costi è un problema esistito da tempo ma che attualmente si fa più acuto conoscendo i tagli alla sanità e al limitato potere economico della gente

Ecco allora la terapia alternativa che da diversi anni abbiamo messo a punto : la ossigenoterapia in normobarismo

L’ossigenoterapia normobarica per via topica, che una volta veniva eseguita in modo empirico ma che noi la abbiamo portata a standard scientifici con validazioni da studi medici e dall’uso che si sta espandendo sempre di più. Questa terapia non ha alcuna controindicazione, presenta dei costi modesti, alla portata di tutti anche perché stata portata all’uso domiciliare con vantaggi sia per il paziente (risultati ottimali) sia per il Sistema Sanitario Nazionale (costi minimi in quanto praticabile anche a domicilio da personale non medico).

Vediamo la differenza dei costi fra ossigenoterapia con camera iperbarica e ossigenoterapia con camera normobarica per capire i vantaggi per il paziente ma anche per la Sanità.

• Per il paziente e la famiglia si tratta di spese legate al trasporto del paziente alla Camera Iperbarica che mediamente impegna mezza giornata tra viaggio e tempo della terapia; trattasi di spesa viva di trasporto e di spesa sociale per impegno di una persona per mezza giornata.
• Per quanto riguarda il SSN dobbiamo considerare che il paziente può essere trasportato da mezzo pubblico (ospedale o Comune) alla Camera iperbarica e che tale trasporto implica la spesa del mezzo, dell’autista e del personale paramedico che per legge lo deve accompagnare.

Il costo comunque a carico del SSN è quello legato all’uso della Struttura che ospita la Camera Iperbarica. Le Camere Iperbariche, salvo poche eccezioni, sono di proprietà di strutture private convenzionate con il SSN ma anche quelle che sono in uso presso Strutture Universitarie hanno un costo elevato per l’uso, la manutenzione e per il costo di personale medico e infermieristico
Normalmente alla Struttura che gestisce la camera Iperbarica viene riconosciuto un costo di 90 € a seduta e normalmente sono previsti cicli di 60 sedute; tali sedute vengono eseguite per motivi contingenti alla Struttura 5 giorni su sette (dal lunedì al venerdì). Il costo di 90 Euro comprende l’uso della Camera Iperbarica comprensivo del personale medico e paramedico che deve essere presente per legge
A questo costo deve essere aggiunto il costo della medicazione che non è compreso nei 90 euro.
Si deve aggiungere il costo del trasporto dell’assistito che può essere a carico del SSN o della famiglia.

Il costo quindi per può essere calcolato per giorno di applicazione o per ciclo di applicazioni.
Il costo giornaliero può variare a seconda la distanza ma medialmente sarà di 90 + 20 + 100 euro .
Il costo di un ciclo di 60 sedute sarà pertanto di circa 12.000 euro .
Na notare che difficilmente il paziente sarà guarito dopo 60 sedute di camera iperbarica. Dipende dal tipo di lesione. Dalla Grandezza della lesione, dalla profondità della lesione e dalle condizioni circolatorie e in genere dalla causa che ha dato le lesioni trofiche

La ossigenoterapia normobarica viene eseguita nei primi 3-4 giorni in ambiente ospedaliero in quanto si pratica ( e dovrebbe essere lo stesso per il trattamento in camera iperbarica ) la pulizia o la toliletta e successivamente a domicilio

Il fatto che la terapia viene eseguita a domicilio comporta facilmente la soluzione di due problemi:
1) l’azzeramento delle spese di trasporto del paziente.
2) La terapia viene eseguita tutti i giorni , sabato e domenica compresi

Un altro vantaggio comprovato nel tempo e da tempo è la diminuzione dell’assistenza medica e infermieristica. Infatti l’uso domiciliare comporta l’automedicazione. Tale medicazione è semplice ed è tanto semplice che viene eseguita da un familiare che non ha nessuna cultura medica o paramedica Per tale motivo vengono di molto diminuiti i costi delle medicazioni sia come materiale che come personale infermieristico e medico
Il nostro protocollo prevede una medicazione giornaliera eseguita con acqua fisiologica o acqua ossigenata e una ora di ossigeno topico. Successivamente medicazione semplice con garze umide con fisiologica. Il costo delle medicazioni è quindi trascurabile e può essere una spesa di un euro al giorno alla quale si aggiunge il costo dell’ossigeno che può variare da uno a due euro al giorno
Rimane allora solo il costo del dispositivo che può essere acquistato se la lesione è cronica ed ha scarsa tendenza alla guarigione o affittato se la lesione guarisce nel corso dei mesi
I costo dell’uso della Camera Normobarica attualmente praticato al paziente varia da 180 a 240 Euro mensili (con uso di 30 giorni su 30 il mese) . Si tratta allora di un costo di 10 euro al girono o di 250 di media euro al mese.
Rispetto quindi all’uso della Camera iperbarica il risparmio è evidente
Se noi vediamo che
-l’uso è domiciliare e quindi comodo per il paziente
-non vi sono costi di trasporto
-le medicazioni sono semplici e sono automedicazioni
-i controlli medici sono settimanali o ogni due settimane

Si può considerare il vantaggio economico dell’uso della ossigenoterapia in normobarismo con uso domiciliare

Riassumendo possiamo considerare

• il risparmio dei costi sociosanitari del trasporto;
• la continuità terapeutica senza interruzioni per 30 gg il mese, tra la tranquillità del proprio ambiente di vita e senza traumi;
• la facilità di diffusione con la possibilità di raggiungere tutti quei pazienti eleggibili (si calcola 200.000 in Italia), che al momento non possono curarsi con l’ossigeno per la scarsa disponibilità di Camere Iperbariche nel territorio, (quest’ultime utilizzate circa all’ 80% per curare ulcere croniche)

Si è potuto vedere (vedi Progetto di Legge N 4409) che i costi maggiori sono assorbiti dalle spese da parte del personale medico e paramedico seguiti dalle spese per le medicazioni varie. Nel caso delle terapia con Ossigeno per via topica, i protocolli riducono al minimo l’uso di personale medico e paramedico e l’uso di vari presidi medici (come garze medicate, antibiotici, pomate ecc…),
in quanto è stato scientificamente dimostrato che:
l’ossigeno per via topica:
• asciuga le ferite, stimola la granulazione dei tessuti ed incentiva la vascolarizzazione
• stimola la granulazione del tessuto
• facilita l’attecchimento degli innesti
• diminuisce il dolore
• migliora la secrezione rendendo sopportabile l’odore dello stesso
• la terapia è gestibile anche da un familiare del paziente stesso.

Ulteriori risparmi

COSTO DEL PERSONALE
• Per quanto riguarda il personale paramedico, (la spesa maggiore attualmente) l’assistenza si riduce alla collaborazione con il medico durante il solo controllo ambulatoriale o domiciliare che viene consigliato una volta ogni 15 giorni.
• Lo stesso diconsi per il personale medico o specialistico che controlla ogni 15 giorni l’andamento della patologia e ne giudica il decorso.

COSTO DELLE MEDICAZIONI
Per quanto riguarda le medicazioni queste si possono dividere i medicazioni semplici, quelle che riducono l’essudato e quelle attive che non solo proteggono la lesione controllando l’essudato ma contribuiscono anche al processo di rigenerazione tissutale.
I costi sono variabili e spesso si è indotti ad usare medicazioni con costi inferiori senza considerare che il miglioramento o la guarigione di una lesione previene ulteriori spese a carico del SSN.
La linea guida del Royal College of General Practitioners in U.K. suggerisce che gli operatori sanitari anche se non vi sono prove sufficienti a raccomandare una medicazione piuttosto che un’altra, devono usare le medicazioni che soddisfino esigenze cliniche, costi e esigenze del paziente e situazione della lesione.
Nella stessa Inghilterra il trattamento avviene generalmente a domicilio per ridurre la spesa delle istituzioni sanitarie,

Orbene nel protocollo della ossigenoterapia topica si sommano tutti questi consigli che troviamo nelle linee guida per il trattamento di tale lesioni nel Regno Unito, ovvero;
• Si riduce la spesa Ospedaliera e quella del personale medico e paramedico.
• Si usa un trattamento con efficacia e compliance del paziente e dei familiari con vantaggi non solo oggettivi (andamento della lesione) ma soggettivi (netta diminuzione dei sintomi e quindi con benessere del paziente, a costi nettamente inferiore ad altri trattamenti.
• La medicazione viene semplificata in quanto non si usa alcuna medicazione passiva o attiva per ridurre o eliminare la essudazione e la sovrainfezione o stimolare il tessuto di granulazione; si usa infatti solo una medicazione semplice con fisiologica che ha il vantaggio di detergere la lesione per una utilizzazione migliore dell’ossigeno topico, lasciando all’ossigeno stesso il compito di ridurre la infezione, la essudazione e stimolare il tessuto di granulazione.

In sostanza si ottengono risparmi considerevoli sulla spesa sanitaria del personale medico e paramedico e sul costo delle medicazioni.
Entrambi questi parametri e questi risparmi sono difficilmente quantificabili in quanto attualmente non ci sono protocolli standardizzati di diagnosi e di terapia e di assistenza.
Ma si può quantificare facilmente un risparmio dal 30 al 50% sulla spesa di personale medico e paramedico ed un risparmio superiore al 50% per quanto riguarda la spesa per medicinali.
A questi risparmi si deve sommare il risparmio quantificabile per paziente che utilizzi la camera normobarica rispetto alla camera iperbarica come abbiamo descritto nei paragrafi precedenti.

Madeyski Paolo

UNA PROPOSTA PER L’ITALIA DEL DOMANI SE A OTTOBRE VINCESSE IL NO (MA ANCHE IL SI’…)

renzi
bicameralismo
Riportaimo delle considerazioni del Nostro Scrittore Francesco Fontana.
In sostanza non si tratta di giudicare se rinnovare camera e senato ma come rifarli per rendere moderno il nostro sistema
Non si può pretendere che nulla cambi. Tutto feremo a volte significa andare indietro.
Si o no. Decisione difficle se si intende votare per questo tipo di riforma o se ne vuole una altra
Ma qualcosa si deve fare
Ma cosaà
Qui riporto le considerazioni del Fontana ma non è un invito a votare si o no
Sono solo considerazioni su nostro futuro

UNA PROPOSTA PER L’ITALIA DEL DOMANI
SE A OTTOBRE VINCESSE IL NO
(MA ANCHE IL SI’…)

Renzi, sbagliando, personalizza il referendum di ottobre. Però ha ragione quando dice che si tratta di un appuntamento importantissimo. Lo penso anch’io.
Se passa il SI’ passa una riforma criticabilissima ma che almeno mette fine al bicameralismo perfetto, ormai deleterio.
Se passa il NO il governo va a casa e, presumibilmente, si rivota.
Io, amici, voterò SI’, turandomi il naso.
Ma sarei dispostissimo a votare NO se un esponente di quel fronte adottasse una simile proposta. Abbiate la pazienza di leggerla e dire la vostra:
“Se passa il NO avremo impedito una riforma imperfetta e raffazzonata ma soprattutto dovremo, un minuto dopo la bocciatura della riforma stessa, elaborarne un’altra da approvare in breve tempo per rendere l’Italia un paese moderno, mettendo mano anche alla brutta riforma elettorale. Ecco allora i 2 semplicissimi punti su cui costruire le nuove Istituzioni:
1) Una Camera con 500 deputati eletti con sistema maggioritario, senza liste e capilista bloccati, a due turni, e premio di maggioranza del 60% alla coalizione vincente al 2° turno (col 55% dell’Italicum in Italia non si governa). Questa avrà le attribuzioni dell’attuale Camera;
2) Un Senato con 200 membri, eletti con sistema proporzionale, che si occupa degli affari regionali; quindi NON dà la fiducia al governo, NON vota le leggi di bilancio e NON vota leggi a rilevanza nazionale.”
Lascio poi ai “costituzionalisti” sbizzarrirsi in arzigogoli su come eleggere il PDR, sul titolo V, etc… A me basterebbe che, dopo l’eventuale vittoria del NO (ma anche del SI’…), ci si mettesse subito al lavoro sulla base dei 2 punti sopra indicati. Allora sarei prontissimo a votare NO anch’io.
E’ proprio utopia?
Commentate e, se siete d’accordo, condividete e fate girare, chissà che non arrivi all’orecchio di qualcuno d’importante che poi la faccia propria… avremo l’orgoglio di essere stati anche noi, nel nostro piccolo, un po’ padri costituenti!

LAMENTITE CONTINUA: UN MALE TIPICAMENTE ITALIOTA

Gli Italiani si lamentano sempre. Si stava meglio quando si stava peggio. Va tutto male. Peeggio di così…
Si sorride poco e ci lamentiamo spesso.
lamentarsi fa male al cuore
Se se lItalia vnce allora siamo contenti ma se arriva secondo giù critiche e…. ma si doveva proprio vincere ?
Ecco allora le considerazioni del nostro F. Fontana.
I ristoranti sono sempre pieni…i povferi fumano e hanno la teelvisione piatta anche nelle baracche.

LAMENTITE CONTINUA: UN MALE TIPICAMENTE ITALIOTA

Dopo un po’ di tempo ho il piacere di riprendere qualche riflessione stimolata dal mio libro “La percezione delle Pleiadi”, ed. Albatros, che nella sua lunga peregrinazione storica lungo il 20° Secolo narra, giocoforza, di periodi belli e di altri difficili.
Ebbene, la riflessione che vorrei condividere, e che so risulterà ampiamente IMPOPOLARE (ma io la penso così e ci tengo comunque a esprimermi), oggi mi viene data dal vedere su Facebook una valanga di post, commenti, riflessioni che denunciano come l’Italia sia “in rovina”, oppure “nella cacca”, o ancora “finita” oppure “nello sfacelo”, e chi più ne ha…
E, ironia della sorte, spesso chi si spertica in simili litanie è gente che sta bene, o almeno che vive dignitosamente, che ha un lavoro, che insomma bene o male campa; chi fa la fame sotto un ponte in genere non ha tempo di scrivere sui social… ;)
Certo, saremo anche messi male, ci sarà tanta gente povera o addirittura in miseria (ma a volte, riconosciamolo, è anche colpa di queste persone, non è che tutti si sappiano gestire con oculatezza…, io conosco elementi che vanno a chiedere la carità in Comune e poi fumano 3 pacchetti al giorno, hanno la parabola e fanno colazione al bar), il debito pubblico è alto, la disoccupazione pure e la classe politica con i suoi privilegi fa spesso SCHIFO, sono il primo a denunciarlo, non equivochiamo, non ho l’anello al naso come i tori…
Ma usare termini come quelli di cui sopra fa dimenticare che comunque l’80% degli italiani è proprietario di una casa, che la nostra sanità è, se non proprio gratuita, molto più “umana” di quella per esempio dei civilissimi USA (di cui pure io sono innamorato) dove se ti viene una malattia grave devi venderti anche le mutande, che larghe fasce della popolazione comunque possono permettersi una vita dignitosa… insomma saremo anche in crisi, ma parlare di ROVINA o di SFACELO mi sembra la solita litania di pianto e lamentela che si recita perchè è comunque sempre obbligatorio lamentarsi, altrimenti ti prendono per matto. Caso mai ci sono enormi ingiustizie, squilibri sociali intollerabili, ma denucniare ciò è ben diverso che gridare alla ROVINA!
Se noi siamo alla ROVINA cosa sono allora in Spagna, in Portogallo, in Grecia, in Bulgaria, in Romania etc… per non parlare di moltissimi paesi extraeuropei?
No, io a questa sceneggiata continua non ci sto, sono consapevolissimo dei problemi e degli obbrobri che caratterizzano il mio Paese, compiuti da chi governa e da chi fa opposizione (tanto, davanti ai vitalizi si trovano sempre quasi tutti d’accordo, no…?) , ma sono anche consapevole che comunque il mio, il nostro Paese è meraviglioso, ha un livello di protezione sociale inferiore forse solo a quella scandinava e tedesca, e in esso, ne sono ad esempio io la dimostrazione, anche un semplice impiegato con uno stipendio modesto e una moglie e una figlia da mantenere può vivere dignitosamente. Allora, perchè lamentarci sempre, dimenticando che almeno tre quarti del mondo, forse l’80%, sta peggio, molto peggio di noi???
Non vorrei, lo dico come simpatica provocazione, che oggi fossimo alla SFACELO solo perchè governa Renzi, mentre se governasse Berlusconi o Salvini saremmo in paradiso… ;) E che, al contrario, se governasse la destra, a lamentarsi sarebbe la sinistra…!
Mah… Italia: terra di eterna partigianeria! Questa mi sembra la sintesi più logica di tutto quanto sopra detto. :-(

Uomini e sciacalli: Commento e consideraioni di F. Fontana

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Nessuno dei due : Buonanno e Fontana hanno bisogno di presentazioni
Uno è morto e l’altro continua a scrivere come uomo di sinistra ma con il buon senso che pochi hanno
Io sposo in pieno il commento di F. Fontana, scrittore da nooi molto apprezzato.
Io aggiungo solo un commento: leggere le furia di commenti oltraggiosi verso Buonanno mi lasciano perplesso e credo che i commenti politici non tengano conto che i figli del Buonanno sofriranno nel leggere i commmenti sul loro padre e il dolore alal m,orte del padre aumenterà alal louce di quello che leggeranno

Uomini e sciacalli

“Il sonno della ragione genera mostri” è una famosa frase attribuita a numerosi intellettuali, dal pittore Francisco Goya (è il titolo di una sua acquaforte) al filosofo Immanuel Kant, allo storico Johan Huzinga etc…
Io credo che sia una delle frasi più vere mai pronunciate da qualcuno. Un fatto accaduto recentemente mi ha dato ulteriore conferma di ciò.
Mi riferisco alla morte dell’esponente leghista Gianluca Buonanno, scomparso a soli 50 anni in uno schianto sulla pedemontana dei Laghi. I mostri generati dall’irrazionalità, che in questo caso assume le sembianze della più becera “ideologia”, non si sono fermati neppure di fronte alla morte.
Che Buonanno fosse un personaggio particolare, pittoresco, provocatore e anche molto, molto controverso non lo devo dire certo io che appartengo a tutt’altra cultura politica e, se mi permettete, anche etica.
Che io mi sia sempre sentito lontanissimo da Buonanno non mi ha però autorizzato a gioire o addirittura a farmi beffe per la sua morte. Certo, detestando io ogni ipocrisia, non mi sono neppure sperticato in lodi post mortem verso di lui, se uno non lo lodo in vita non vedo perchè devo lodarlo in morte, infatti non è che la morte ci santifichi. Però non mi sono neppure permesso nè di estrenare nè di provare alcuna gioia. Solo rispetto e silenzio.
Invece molte, troppe persone sul web, sui social in generale, sui media, si sono abbandonate a manifestazioni che non giudico bestiali solo perchè ho un profondo rispetto per le bestie.
Abbiamo sentito intellettualoni e professoroni perdersi in affermazioni che io mi vergognerei solo a pensarle, figuriamoci a pubblicarle! Abbiamo visto esponenti politici fare dell’ironia non certo da… salotto, ma da trivio. Abbiamo assistito a fuoriuscite di odio, di rancore, di disprezzo, esattamente come la lava fuoriesce dalla bocca di un vulcano o come altri fluidi fuoriescono da altri orifizi.
E, già che ci siamo e che abbiamo dichiarato guerra all’ipocrisia, ammettiamo che anche qui, da queste pagine, si sono levate prese di posizione assolutamente esecrabili, offensive, oppure semplicemente… stupide.
Non faccio nomi e cognomi, altrimenti sarebbe troppa la tentazione di precisare poi “Pinco Pallino… un nome una garanzia” vista la recidività da parte di determinati elementi, ma… a buon intenditor una parola basta! E qua dentro, per fortuna, a prescindere dalla nostra idea politica, dx o centro o sx (come me), siamo in tanti a essere buoni intenditori e ad aver pesato come meritano certi pollastri.
Purtroppo la conclusione è solo una: laddove domina l’ideologia la ragione dorme; e laddove la ragione dorme i mostri sono sempre pronti a uscir fuori, oggi per sputare sulla memoria del povero Gianluca Buonanno, domani per fare di tutto un falò e potre poi gioire, sulle macerie, urlando “Ce l’abbiamo fatta, finalmente, a scassare tutto! Evviva lo sfascismo!”

Museo della Bonifica. Si può Spostare ?

museo

IL MUSEO DELLA BONIFICA NON SI SPOSTA!
Abbiamo provato a collocare, una accanto all’altra, due immagini tratte da Google earth: la prima relativa al fabbricato attuale del museo e l’altra collocata all’interno della precedente con l’ingombro della nuova sede proposta (Monumento ai Caduti in Guerra). Entrambe le foto sono scattate dalla stessa altezza, per cui non ci sono dubbi sulla proporzione. E’ di tutta evidenza che il museo attuale non può star dentro alla nuova sede proposta. E allora: cosa si vuol fare del fabbricato attuale ? Cosa si farà del materiale che c’è dentro? Avremo due sedi ? Un nuovo museo di che cosa ? E’ in grado il bilancio comunale di sopportare le spese di una doppia gestione? A tutte queste domande, precise, rivolte all’amministrazione in consiglio comunale sono state date solo risposte generiche ed elusive. I cittadini, tranne forse alcuni (e riteniamo siano davvero pochi in verità per i contatti che abbiamo avuto), non desiderano assolutamente questo trasferimento costoso ed inutile. D’altro canto, l’amministrazione continua a trascurare l’attuale sede del museo nelle attività programmate, dimostrando una innaturale caparbietà. Nessuna delle conferenze in programma, di un ciclo di sei conferenze su tematiche riguardanti il periodo della Prima guerra mondiale, si terrà in museo. Ed è da ricordare (ne abbiamo parlato in un nostro post del 27 marzo scorso) che il Museo della Bonifica con altri tre importanti musei della regione, ha istituito la “Rete dei Musei della Grande guerra”, che dovrebbe operare soprattutto in questo periodo all’interno del Centenario anzi, dovrebbe estendersi anche ad altre realtà della regione per creare sistema. Ebbene, non solo la rete non sta operando, ma il Museo della Bonifica, da come abbiamo potuto riscontrare, non è stato mai coinvolto in ALCUNA ATTIVITA’ organizzata da questa amministrazione nell’ambito del Centenario della Grande guerra, come se sull’argomento non avesse mai fatto nulla, mentre invece proprio sulla Grande guerra ha fatto, e ha fatto TANTO, e non poteva essere diversamente a San Donà, città del Piave. Una sezione dedicata, pubblicazioni, ricerche storiche, conferenze, attività didattiche, ideando e allestendo spettacoli sulle rive del Fiume Sacro con migliaia di spettatori, addirittura organizzando un viaggio con un treno con un museo viaggiante installato in un vagone che ha toccato le stazioni più importanti portando alle città di fermata l’acqua del fiume Piave. Da San Donà il convoglio è andato in Slovenia e trainato da una vaporiera a carbone è arrivato sino a Caporetto (Kobarid che dispone di un eccezionale museo di guerra, d’altro canto la travolgente vittoria austrungarica lo richiedeva ma anche l’altrettanto accanita resistenza degli italiani sul Piave meritava che si valorizzasse il museo di San Donà). Fu una esperienza entusiasmante, davvero unica, per chi la visse (c’erano anche dei viaggiatori in quel treno composto da carrozze d’epoca). Certamente torneremo su questi argomenti perché è doveroso anche ricordare quello che si è fatto e perché riteniamo come cittadini (anche se vediamo purtroppo anche in altre realtà che i cittadini ormai non contano più nulla…ma noi non desisteremo) che quello che sta commettendo l’amministrazione sia un errore grave. Non promuovendo il museo proprio in un periodo in cui dovrebbe farlo, sfruttando lo strumento disponibile della rete nato apposta per iniziare ad operare nel periodo del Centenario, crea allo stesso museo un danno di immagine, che poi dovrà essere recuperato, e non sfruttando la favorevole opportunità, originerà anche un danno economico perché comunque la struttura è aperta e costa.
DIFENDIAMO IL MUSEO DELLA BONIFICA !!!

Giustizia sociale: Motivo in più per NON essere comunisti… 

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Oggi riporto delle considerazione sul Comunismo e su ” la Sistra”
Cosa è la Sinistra e cosa è la Destra ?
Cosa è Il Comunismo ?
Riflessioni
Non tutti la pensano nello stesso modo
Leggete cosa scrive Francesco Fontana. Uomo di Sinistra ma NON Comunista !

GIUSTIZIA SOCIALE ED EGUAGLIANZA SOCIALE:
PER CAPIRCI UN PO’ DI PIU’

Mi piace oggi proporre una riflessione di tipo “semantico” su due concetti che troppo spesso vengono confusi tra loro: “giustizia” ed “eguaglianza” sociale.
Chi ha letto il mio romanzo “La percezione delle Pleiadi”, ed. Albatros, si sarà accorto che in esso parlo molto di socialismo e lotta di classe, idee che ovviamente vanno a braccetto con i due concetti oggetto della nostra riflessione: concetti però che non dobbiamo confondere e che anzi, a mio parere, si escludono addirittura l’uno con l’altro essendo, se non antitetici, almeno incompatibili.
La storia del movimento operaio, della lotta di classe, in una parola del “socialismo”, è un’eterna battaglia fra massimalisti e riformisti, marxisti ortodossi e revisionisti, socialcomunisti e socialisti democratici; evito di usare il termine “socialdemocratici” perché qui in Italia, ma non solo (ad esempio anche in Portogallo o in altri paese soprattutto latini) i “socialdemocratici” hanno rappresentato per molti anni tendenze politiche che con il socialismo non avevano nulla a che fare e che, nate magari strizzando un occhio al marxismo (il Saragat del dopoguerra), sono poi evolute in direzione destrorsa e assolutamente antimarxista (il Saragat degli ultimi anni di attività politica o il Partito socialdemocratico portoghese). Schematizzando al massimo, i primi elementi dei dualismi sopra citati puntano alla “eguaglianza sociale” tout court , i secondi alla “giustizia sociale”.
Marx, nella sua grande lezione di politica economica, ha sostanzialmente teorizzato una cosa, tanto semplice quanto formidabile: la socializzazione dei mezzi di produzione (industrie, filiere di produzione, e ogni altra fonte da cui scaturisca una dinamica economica). In altre parole, secondo Marx è auspicabile (anzi, a suo parere è ineluttabile… la storia sembra però dargli torto) che tutto ciò che consente di “produrre” beni sia in mano allo Stato inteso come collettività: è nient’altro che il “comunismo” o “socialismo realizzato”, che a sua volta non può che garantire, esso solo, l’EGUAGLIANZA SOCIALE. Se tutta la produzione è controllata dallo Stato ecco che il privato non può trarne profitto e a tutti viene distribuita eguale ricchezza per il proprio sostentamento.
Prendendo spunto dalla lezione marxiana, ma distaccandosene in maniera netta, il socialismo riformista e democratico invece auspica che lo Stato vigili e in alcuni casi regoli e controlli i mezzi di produzione, ma non li possieda; teorizza dunque che sia lasciata libera iniziativa ai privati e alle associazioni economiche, in modo che chi più merita più abbia, chi più riesce a produrre e a vendere più riesca a guadagnare, ma tutto ciò senza dimenticare una sorta di controllo preventivo, contestuale e successivo alla dinamica economica in grado di smorzare le situazioni di squilibrio nella distribuzione della ricchezza. In sostanza lo scopo del socialismo democratico è fare in modo che tutti possano avere il giusto per sopravvivere dignitosamente, ma che nello stesso tempo chi più merita più possa arricchirsi. Questa è nient’altro che la “GIUSTIZIA SOCIALE”.
Ciascuno ovviamente può pensarla come vuole. Io intanto noto che laddove si diceva (e/o si dice) realizzato il comunismo abbiamo sì assistito all’eguaglianza sociale per il 99,9% della popolazione (purtroppo però all’insegna della miseria), ma a beffardo beneficio di una piccola nomenklatura ricchissima (vedi i tesori di Ceausescu e degli altri dittatori marxisti). E poi comunque, a prescindere da ciò, trovo che fra l’eguaglianza e la giustizia sociale sia da preferire di gran lunga la seconda.
Io non ritengo neppure eticamente sostenibile il concetto di “eguaglianza sociale” tout court, in quanto non vedo per quale motivo il compenso economico non debba essere strettamente legato al merito e alla qualità della prestazione, e soprattutto non vedo perché non si debbano creare le condizioni di “stimolo” al miglioramento continuo della performance lavorativa.
Molto più giusto e, secondo me, autenticamente progressista, è invece il concetto di “giustizia sociale”, in quanto pur tutelando (almeno in teoria) la dignitosa sopravvivenza di qualunque membro della società, si pone però nella posizione di rendere merito a chi è più capace e coscienzioso nella produzione di ricchezza. Il che poi, a valanga, va a ripercuotersi in modo benefico su tutto il sistema socio-economico.
Io quindi sono decisamente anticomunista ma assolutamente socialista liberale e democratico, quindi progressista, oppure, se vogliamo usare un termine oggi non più tanto di moda… “di sinistra”.
Poco mi tange il fatto che proprio da sinistra in tanti mi “accusino” (gli amici lo fanno simpaticamente, altri molto meno) per queste mie posizioni di essere reazionario, destrorso, addirittura (ai suoi tempi) filoberlusconiano… io so benissimo di non essere nessuna di queste cose e lascio che parlino. Mi limito a osservare, con sorriso insieme amaro e compiaciuto, che molti “comunisti” nostrani, “rifondatori”, “irriducibili”, “antagonisti”, etc… si godono i loro superstipendi, le loro superpensioni e i loro supervitalizi alla faccia della povera gente; e appena qualcuno propone non di abolire ma almeno di limitare questi odiosissimi “privilegi” (legalmente corretti, certo, ma eticamente insostenibili, come ha ben detto il presidente dell’Inps, il grande prof. Boeri), sono i primi a firmare ricorsi alle varie Corti che, puntualmente, danno loro ragione… Motivo in più per NON essere comunisti… 

25 APRILE E 1° MAGGIO: HANNO ANCORA SIGNIFICATO?

25-aprile
1 maggio festa lavoro

Il Nostro Francesco Fontana ci mada una sua riflessione
Posso solo dire che condivido in pieno !
Leggete e meditate

25 APRILE E 1° MAGGIO:
HANNO ANCORA SIGNIFICATO?

Mentre scrivo queste riflessioni ci troviamo proprio nella fase tra due feste particolarmente importanti per la nostra nazione e non solo: il 25 aprile, Festa della Liberazione dalla dittatura nazi-fascista, e il 1° maggio, Festa del Lavoro.
Soprattutto in riferimento al 25 aprile, un po’ a causa dei tanti anni ormai trascorsi dal 1945, un po’ in seguito alla consueta italica abitudine (a volte lodevole, altre esecrabile) di discutere e ridiscutere tutto, si moltiplicano i dubbi sull’attualità o meno di queste ricorrenze.
Lo dico subito: a mio parere sono Feste importantissime il cui valore non deve essere assolutamente smarrito.
Per molti anni, bisogna essere obiettivi, la sinistra ha monopolizzato queste ricorrenze quasi estromettendo gli avversari politici (che a volte ci hanno comunque messo del loro…) dalle celebrazioni, non in senso fisico ovviamente (se non in limitati casi), ma senza dubbio in senso morale e politico. La solita sinistra sapientona e censoria si è assunta il compito di negare patenti di antifascismo a destra e a manca il più delle volte per livore polemico dettato da circostanze politiche contingenti, tanto che ad esempio l’on. Fini veniva considerato “indegno” di celebrare il 25 aprile fino al 2010, poi all’improvviso è stato visto invece come un paladino dell’antifascismo nostrano! Alla faccia della coerenza! Io per mio conto ho sempre considerato sincere le parole dell’on. Fini sia quando celebrava il 25 aprile da alleato di Berlusconi sia quando lo faceva da suo oppositore. Ma, per fortuna, io non appartengo a quella sinistra oscurantista e manichea (oggi ben emulata da molti politici… stellari) che tanto per non smentirsi ha negato o quanto meno nascosto l’infamia delle foibe fino a pochi anni addietro. Anzi, per me quella non è nemmeno sinistra, altrimenti io sarei di destra…
Ma venendo all’oggi, io credo che sarebbe molto bello se ricorrenze come il 25 aprile potessero essere vissute davvero come un momento di unità nazionale al di là delle polemiche, come un giorno nel quale celebrare tutti insieme il bene della libertà e della democrazia: ricordiamoci che è facile apprezzare certi valori quando si sono perduti! Vediamo di non arrivare a tanto, prima di riunirci intorno a questa ricorrenza: potrebbe essere troppo tardi.
E, già che ci siamo, proprio in omaggio al 25 aprile, vediamo di apprezzare le libertà democratiche che ci consentono comunque di votare, parlare, dibattere, dialogare (come adesso qui sul Ponte). Ed evitiamo, se possibile, di gridare al Golpe 10 volte all’anno (tra l’altro è mancanza di rispetto per chi, nei VERI GOLPE, è morto trucidato come in Argentina o in Cile) o urlare che siamo governati da non eletti, visto che chi ci governa (bene o male non è questa la sede) ha la maggioranza in base a una legge elettorale oggi superata ma allora (2013) perfettamente in vigore e approvata con amplissimo consenso parlamentare proprio da chi adesso sbraita e… presenta milioni di emendamenti!
Riscopriamo dunque un po’ di amor patrio, un po’ di amore per il lavoro, quello che oggi manca a tanti ma è l’unico che produce e fa andare avanti tutto: infatti i giochi in borsa e le transazioni finanziarie non hanno mai prodotto nulla in termini pratici, solo denari (e fallimenti), ma i denari non si mangiano: si mangiano il pane e la pasta, prodotti dal lavoro; nei denari non si abita: si abita nelle case, prodotte dal lavoro; i denari non si leggono: si leggono i libri, prodotti dal lavoro; i denari non si ascoltano: si ascoltano conferenze, film, dibattiti, tutte cose prodotte dal lavoro; e, in omaggio al nostro meraviglioso “dott”, come affettuosamente lo chiamo io, ricordiamoci anche che i denari non ci curano: ci curano medicine e operazionii, prodotti dal lavoro di medici e scienziati.
Riflettiamo quindi sull’importanza di questi valori: libertà, democrazia e lavoro! Facciamolo con rispetto e solidarietà verso gli altri, anche e soprattutto verso quelli che la pensano diversamente. E facciamolo noi cittadini, esponenti della società civile, visto che l’esempio della politica non ci è di grande aiuto, se è vero come è vero che oggi i politici preferiscono occuparsi di togliere i presepi dalle scuole per non offendere gli arabi, coprire le statue per non offendere il presidente iraniano o dare la caccia ai ladri di biciclette sulla base di improbabili, gustosi elementi “lombrosiani”.
Mai come in questo caso possiamo, anzi dobbiamo, capovolgere il detto latino trasformandolo in: “Ubi MINOR MAIOR cessat”. Non so se essendone preoccupati oppure orgogliosi…!