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DECRETO CIRINNA’: CRONACA DI UN’ANTICOSTITUZIONALITA’ ANNUNCIATA?” – Riccardo MAZZON

>>>ANSA/ FAMILY DAY, IN PIAZZA CONTRO UNIONI CIVILI PER LA FAMIGLIA

Delle considerazione che possono sembrare strane ma fatte da un avvocato ci fanno capire molte cose o concetti

27/01/16
“DECRETO CIRINNA’: CRONACA DI UN’ANTICOSTITUZIONALITA’ ANNUNCIATA?” – Riccardo MAZZON

http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=49045&catid=235&Itemid=487&contentid=49045&mese=01&anno=2016

Mazzon Riccardo
varie mutazioni lessicali ma un solo concetto: solo la persona che si accoppia può aspirare all’ambito titolo di “parte dell’unione civile”
perchè due persone e non tre (o più)?
la limitazione non ha ragion d’essere ed è palesemente anticostituzionale
Il comma primo dell’articolo 1 del Decreto Cirinnà recita che “Due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, di seguito denominate «parti dell’unione civile», possono contrarre tra loro un’unione civile per organizzare la loro vita in comune”.
L’Art. 14, al comma 2, prevede che “le parti dell’unione civile possono chiedere l’adozione o l’affidamento di minori ai sensi delle leggi vigenti, a parità di condizioni con le coppie di coniugi”.
La Costituzione, peraltro, prevede:
- all’Art. 2, che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”
- all’Art. 3, che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”
all’Art. 19, che “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purche’ non si tratti di riti contrari al buon costume”
- all’Art. 20, che “il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, ne’ di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacita’ giuridica e ogni forma di attivita’”.
Troppo note, per esser qui riprese, le interpretazioni, dottrinarie e giurisprudenziali, degli articoli suddetti.
A tal proposito, quali ragionevoli motivazioni possono esser opposte a tre persone, di sesso comune o diverso, le quali giustamente pretendano, al fine di vedere riconosciuto il loro sacrosanto diritto, di contrarre tra loro un’unione civile per organizzare la loro vita in comune?
Ragionevolmente, nessuna: a meno di non voler scomodare beceri principi antropologici o arcaicamente culturali, ormai morti e sepolti.
Pare evidente, pertanto, come gli articoli del Decreto Cirinnà citati, o le loro possibili evoluzioni lessicali, abbiano già in nuce un grave profilo di anticostituzionalità, nella parte, per dirlo come lo direbbe la Corte Costituzionale, in cui non consentono di contrarre un’unione civile (e, conseguentemente, di chiedere l’adozione o l’affidamento: si pensi, in tal caso, anche agli innumerevoli vantaggi che ne conseguirebbero per l’adottato, per essere il medesimo così accudito ed assistito nella propri educazione non da sole due persone – il modello famiglia tradizionale ha già dimostrato, nei fatti, che due persone, oggi giorno, non sono più in grado di accudire diligentemente la prole – ma da un numero maggiore di adulti, tutti amorevolmente a ciò preposti) anche a più di due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso”.
Si propone, pertanto, al fine evitare la promulgazione di una normativa non aderente alla Carta Costituzionale, di modificare il comma primo dell’articolo 1 del Decreto Cirinnà nel senso che segue: “Due o più persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, di seguito denominate «parti dell’unione civile», possono contrarre tra loro un’unione civile per organizzare la loro vita in comune”.