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"Movimento di opinione per la Città un ponte tra la gente, la voce del cittadino tra i cittadini"



Il movimento di opinione "il ponte" si prefigge di raccogliere le opinioni del cittadino, filtrandole ed elaborandole per capire cos'è importante e più utile per la gente.

Dando spazio a tutte le proposte mantenendo sempre la persona e le persone al primo posto.

Si intendono sviluppare i collegamenti con le associazioni di volontariato, con le istituzioni, con le associazioni di categoria, e dei media per elaborare nel miglior modo ciò che viene esposto dal cittadino. Non limitandoci alla critica in quanto tale, ma impegnandoci a costituire e a a tradurre in realtà le idee.

Al movimento di opinione "il ponte" puo' associarsi chiunque desideri lavorare per migliorare la nostra città: renderla più vivibile e sana; ogni persona indipendentemente dalla colorazione politica e dall'iscrizione a un partito, purchè il suo pensiero sia guidato da sani principi.
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OGGETTO: sicurezza in città ! Le nostre domande senzza risposta ?

Vi ricordate che noi de ” Il Ponte” assieme a San Donà più sicura aveva posto al Sindaco alcune domande sulal nostra sicurezza. Era il febbraio del 2015. Nessuna risposta

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Dopo due mesi abbiamo girato le nostre domande al Consigliere Fingolo dell’opposzione in Consiglio Comunale.
In aprile Fingolo ha fatto una interrogazione riportando le domande che avevamo posto al Sindaco.
Ora dopo 5 mesi il Vicesindaco Trevisiol ha risposto alal interrogazione.
Il Vicesndaco si scusa del ritardo perchè dice ” ho cercato di prepare una risposta esaustiva e dopcumentata ”

Bene leggerete ora tutta la domanda (ovvero le domande) poste dal consigliere Fingolo e le risposte del Vicesindaco
Giudicherete voi se ha risposto o ha girato attorno alle domande. Alla fine a noi rimango i soliti dubbi
39 Telecamere ma quante funzionano ?
Nille occhi sulla Città è attivo ? Funziona ma come ?
Quali siti pubblici sono videosorvegliati ?. Il Vicesindaco cita il Municpio, Vari istituti scolastici, la stazione ferroviaria e quella automobilistica ( voleva dire la stazione ATVO) . Tutto qua? E i furti nella bibbioteca ? E nella scuole ? ecc…

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Si chiede se è stato chiesto al Prefetto che la guardie giurate possano fermare e identificare in attesa delle Forze dell’Ordine persone sospette ? Nessuna rispopsta

Leggete tutta la risposta e dite voi se la risposta è esaustiva e documentata
A parte la risposta non chiesta al Progetto ” Controllo del Vicinato, che ha sventato sempre i soliti 30 casi che in via potenziale avrebbero potuto diventare reati.
Ma questi 30 segnlazioni che hanno sventato i possibili reati sono sempre i soliti 30 che Trevisiol cita ogni settimana. Non si arriva mai a 31 casi ?
E che documentazione abbiamo che erano casi che potevano diventare reati ?

A voi domende e risposte
Giudicate voi !

Interrogazione presentata dal Consigliere Enrico Fingolo
Del Gruppo Consiliare Lista Civica Noi per San Donà di Piave nella seduta del Consiglio Comunale del 20/04/2015 rivolta all’Assessore Luigi Trevisiol
OGGETTO: sicurezza in città
Sono sempre maggiori le segnalazioni di cittadini di San Donà di Piave relative alla sicurezza della città. Sicurezza intesa in senso generale. dai furti ai pericoli per la salute come le discariche abusive, dai mendicanti molesti al degrado di alcuni luoghi anche in centro città, dagli scippi alla violenza di ogni genere.
si chiede a questa Amministrazione cosa ha intenzione di fare per risolvere. o quantomeno, limitare questi fenomeni.
Più dettagliatamente si chiede:
1) Quante telecamere sono presenti nella città di San Donà di Piave e nelle frazioni?
2) Quante telecamere sono funzionanti?
3) Quanti siti pubblici (scuole. biblioteca. ospedali. Municipio. sede della Polizia Municipale) sono dotati di telecamere funzionanti?
4) E’ attivo il Protocollo “Mille Occhi sulla Città”?
5) E stata richiesta al Prefetto la possibilità che le Guardie Giurate possano fermare e identificare in attesa delle Forze dell’Ordine persone sospette, visto che il Prefetto aveva dato la sua disponibilità?
6) L’ex vice Sindaco Oliviero Leo si era espresso favorevolmente alla richiesta di un Consiglio Comunale Straordinario sulla Sicurezza. E’ tuttora volontà di questa Amministrazione discuterne pubblicamente con la cittadinanza in presenza di tutte le forze politiche e dei rappresentanti delle Forze dell’Ordine?
RISPOSTA INTERROGAZIONE ENRICO FINGOLO
Buonasera consigliere e grazie per l’interrogazione che mi da la possibilita di chiarire l’impegno di questa amministrazione per la sicurezza. Mi scuso per il tempo che ha dovuto attendere ma ho cercato di preparare una risposta da una parte esaustiva e documentata e dall’altra rispettosa dei limiti della discrezione che la delicatezza dell’argomento richiede.
A San Donà sono presenti 39 telecamere. Tre sole nelle frazioni, e dovranno essere aumentate. Sono sorvegliati. tra l’altro, il Municipio, vari istituti scolastici, le stazioni ferroviaria e automobilistica. Molte telecamere, però. sono di vecchia concezione. Entro fine anno sarà completata la verifica di tutta la strumentazione in essere per valutare
eventuali sostituzioni e aumenti. hanno consentito di risolvere, negli
ultimi anni, oltre 30 casi di incidenti stradali che presentavano connotati dubbi.
Tra i più gravi il caso di una persona che è risultata investita sulle strisce. e ferita molto gravemente. In quel caso c’erano alcuni testimoni. probabilmente in buona fede. che avevano asserito che la persona avesse attraversato sulle strisce in bicicletta. La telecamera ha permesso di accertare che non era così. e la persona, molto anziana, aveva attraversato sì sulle strisce, ma con la bicicletta a mano. Grazie all’analisi delle telecamere è stato possibile per la persona investita, che aveva riportato gravissime ferite, di conseguire un risarcimento. Questo solo a titolo d’esempio sull’utilizzo di questi mezzi.
Le telecamere. inoltre, sono negli ultimi mesi molto utili per reprimere il conferimento abusivo di rifiuti. In più occasioni sono state comminate. sanzioni nell’ordine dei 500 euro ciascuna per conferimenti abusivi.
Inoltre da quando è stata pubblicizzata la presenza di telecamere nascoste, il fenomeno ha registrato un leggero calo. Hanno permesso. inoltre. di accertare solo nell’ultimo anno il sussistere di due casi di ordine pubblico, su cui poi l’amministrazione è intervenuta, e che hanno avuto anche ampio risalto sulle pagine dei giornali. Per quanto riguarda azioni di Polizia Giudiziaria, le telecamere sono state d’aiuto in alcuni casi importanti. Ovviamente non posso calcolare quante situazioni abbiano sventato, ovvero prevenuto, per la loro presenza. Le telecamere del Comune di San Donà di Piave sono tarate per conservare il filmato dai 3 ai 5 giorni, come da legge. In talune occasioni non sono state utili proprio perché la segnalazione è giunta dopo questo limite.
Il protocollo -Mille occhi sulla città- è attivo. Ricordo che sì tratta dell’intesa triennale sottoscritta in Prefettura tra le forze dell’ordine e società di vigilanza privata: gli occhi delle guardie giurate in servizio diventano allerta pubblica, in contatto diretto con la Questura o la centrale operativa dei carabinieri. inviando immediatamente segnalazioni. Sottolineo che la proficua collaborazione con le Forze dell’Ordine e la Prefettura si è dipanata anche su altri ambiti. Ne cito uno per tutti: la soluzione del problema di sicurezza in Piazza IV Novembre. che aveva indotto un commerciante a assumere una guardia. Ebbene, su nostra richiesta, la Prefettura ci ha concesso una pattuglia in più che è intervenuta su quello e altri ambiti, risolvendo il problema. come testimoniato pubblicamente, sulla stampa, dallo stesso esercente.
Aggiungerei però un servizio specifico del Comune di San Donà di Piave:: il Controllo del Vicinato, programma di auto-organizzazione tra vicini per controllare le aree intorno alla propria abitazione, già promosso dall’amministrazione comunale con una serie di incontri pubblici. Ebbene, in pochi mesi sono stati raggiunti i 1600 aderenti e sono stati almeno una trentina i casi sventati che, almeno in via potenziale, avrebbero potuto tradursi in reati. Ne approfitto per ricordare che, in occasione della Fiera del Rosario. un gazebo gestito dai referenti del Controllo del Vicinato illustrerà ai cittadini scopi, obiettivi e risultati del programma. E cito una nota di merito che ci dà soddisfazione: l’Associazione Nazionale Controllo del Vicinato ha nominato come referente per il Basso Veneto un sandonatese. Walter Codognotto, infaticabile coordinatore del gruppo di Isiata, tra i primi ad essersi costituiti. Un plauso anche all’opera di Raimondo Cicogna, l’agente di Polizia Locale che si sta impegnando in questo settore, e a tutti quanti. e ne sto dimenticando tanti. che hanno dato il loro apporto.
Sull’ipotesi di un Consiglio comunale straordinario sulla sicurezza. ritengo che un corretto utilizzo dello strumento consiliare sia compatibile con la sua gestione ordinaria in cui, ovviamente, la sicurezza ha una posizione di rilievo.
Distinti saluti, Luigi Trevisiol

Con cortese preghiera di pubblicazione.
San Dona di Piave. 30 settembre 2015
UFFICIO STAMPA
Tamburrini

TUTTI INSIEME, un’occasione per sorridere una volta in più

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TUTTI INSIEME, un’occasione per sorridere una volta in più

TUTTI INSIEME è un’idea nata dalla collaborazione dell’APS ermes con AIFA (Associazione Italiana Famiglie ADHD).

Obiettivo: dedicare una giornata alle famiglie e agli operatori del settore, ricca di spunti e perché no, di qualche risposta.

Noi professionisti dell’APS ermes (Dott. Jose Toffoletto, Dott.ssa Giorgia Casagrande e Dott.ssa Chiara Valerio) costruiamo percorsi e proposte formative valorizzando la rete territoriale di associazioni e risorse umane.

Lavorando in sinergia con AIDAI, AVIS, Ail Pramaggiore, ANGSA, AUTISMO SOS e Hdemia dello sport, abbiamo realizzato così un progetto dedicato a grandi e piccoli.

Gli adulti potranno seguire ben sei seminari che affronteranno tematiche psico-educative di diverso genere che coinvolgono molte famiglie italiane.

L’ospite d’eccezione sarà il Dott. Dino Maschietto, uno dei maggiori esperti nazionali in ambito ADHD.

Ecco il programma formativo:

SEMINARIO 1 – “Definizione neurobiologica dei disturbi dell’età evolutiva” – Dott. Dino Maschietto, Direttore UOC di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda U.L.S.S. N.10 “Veneto Orientale”

SEMINARIO 2 – “Tecniche comportamentali per la gestione del bambino con diagnosi ADHD” – Dott.ssa Giorgia Casagrande, psicologa, co-fondatrice Associazione ermes, Collaboratrice AIFA Onlus

SEMINARIO 3 – “Scuola, BES e nuove normative” – Barbara Pini, vicepresidente AIFA Onlus, esperta nell’area Tutele Scolastiche

SEMINARIO 4 – “Il bambino adottivo: lotta tra due anime” – Dott. Jose Toffoletto, Dottore in Psicologia Sociale, esperto in comunicazione e dinamiche intergruppi, co-fondatore Associazione ermes, Collaboratore AIFA Onlus

SEMINARIO 5 – “Autismo e famiglia” – Dania Secco, Presidente A.N.G.S.A. Venezia Onlus e Presidente Cooperativa Sociale Autismo SOS

SEMINARIO 6 – “Il trattamento psicologico dei disturbi dirompenti del comportamento nella pratica clinica” – Dott.ssa Laura Furlan, psicologa, responsabile clinico del Centro Archimede

La pausa pranzo, dopo il terzo intervento, sarà un’occasione per conoscersi e rilassarsi all’interno di una struttura accogliente e familiare qual è il Parco Livenza di S.Stino.

Di seguito le informazioni principali:

1° Convegno Regionale AIFA Onlus – in collaborazione con APS ermes.

Sede: Parco Livenza (via Fosson 102/6, San Stino di Livenza – VE)

Orario: 8.30-17.

Ore 9: inizio primo seminario

Ore 16.30: consegna attestati e saluti

Evento garantito anche in caso di maltempo

ISCRIZIONE OBBLIGATORIA (entro mercoledì 7 ottobre)

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Info 347-8906135

Iscrizioni registrazioni@aifa.it

Sito web: www.socialermes.it

TRA ORTI URBANI, SINISTRA E DIVIETI…..

Riportiamo un articolo che è un commento ad iniziative che si spiegano da sole . O No ?

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TRA ORTI URBANI, SINISTRA E DIVIETI

Scrivo queste righe anche con un po’ di ironia, non essendo oltre tutto un residente di San Donà di Piave, e spero che nessuno se ne abbia a male.
Per puro caso mi sono imbattuto nel bando per l’assegnazione degli Orti comunali della città di San Donà di Piave. Memore di un fondo qua sul Ponte in cui si comunicava l’alto numero di Orti non assegnati, mi sono incuriosito e ho voluto leggerlo un po’; e forse ho capito il perchè del “flop orticolo” avvenuto in quel di San Donà…
Bè, durante la mia lettura francamente ho riso molto. Non certo perchè il bando sia fatto male, ci mancherebbe, anzi è fatto benissimo, non mi permetterei oltre tutto mai di criticare da un punto di vista tecnico un atto creato dal lavoro di funzionari e impiegati, oltre che dall’indirizzo dell’organo politico. Spesso io a chi critica facilmente il lavoro altrui dico: “in genere chi non può essere criticato è colui che non lavora!”
Ma, tornando a noi, spiego subito perchè ho riso di gusto. Mi sono messo nei panni di un anziano ultrasessantacinquenne (la principale platea cui sono rivolti gli Orti) e, giunto al settore dei “divieti”, sono rimasto allibito per il semplice fatto che quell’elenco sembrava non finire più! Alla fine ne ho contati 51 (leggasi: cinquantuno)!!!
51 divieti per passare qualche ora a coltivare un appezzamento di terreno! Dopo i commi a), b), c) … z), si passa incredibilmente ad aa), bb), cc)… per finire con un iperbolico ww)!!!! Ripeto: 51 divieti raccolti in un bando per coltivare un Orto!!! A parte qualche mia sporadica perplessità, trattasi di divieti tutti sensatissimi, sia chiaro; solo che io mi sono però chiesto: perchè allora non vietare anche di commettere omicidi nell’Orto? O di disegnare svastiche? O di praticare la pedofilia? O magari… di suicidarsi? O di bestemmiare? O di fabbricare armi atomiche?
E poi, culmine del mio divertimento (sempre rispettoso per l’atto in questione e per chi lo ha redatto, tengo a ribadirlo; ma non posso neppure tacere di essermi divertito, evidentemente per problemi miei…), in calce a questo impietosa cinquantello di regole, è raccomandato, udite udite, di (riporto a memoria, scusandomi per l’eventuale imprecisione): “seguire OGNI ALTRA DISPOSIZIONE contenuta nelle Linee guida e NEGLI ULTERIORI ATTI che verranno consegnati al momento della concessione”! (le maiuscole sono mie). Come dire: “veci cari, questo xè soltanto l’antipasto, gavè da saver che ve speta ben altro se voè sapar un orto”. :-) :-) :-)
Se invece di disciplinare la zappata di qualche mq. di terra si fosse dovuto disiplinare, che ne so, un intervento militare contro l’Isis o la pianificazione economica del prossimo triennio in Europa ci saremmo trovati di fronte, probabilmente, a milioni e milioni di regole, altro che gli emendamenti di Calderoli al Senato… E mi sono chiesto: ma anche questi qua hanno un software come Calderoli che origina in automatico norme e postille??? Oppure è tutta farina del loro sacco? Perchè in tal caso sono ancora più bravi di quello che credevo…
Nella mia immensa ignoranza ho pensato subito che, essendo l’atto emesso da un Comune governato dalla sinistra cui pure io appartengo, forse dalla sinistra è anche ispirato politicamente.
E, tornando serio, ho riflettuto su quanto la sinistra sia da sempre incapace di liberarsi da un’abitudine che la blocca e la rende “culturalmente” arretrata rispetto ad altre ideologie: la coazione a normare.
Da sempre la sinistra, qualla che ripeto è anche la “mia” sinistra, è portata a regolare, disiplinare, normare, prescrivere, con caterve di leggi e regolamenti che poi, alla fin fine, vengono poco o punto rispettati. Si sa: quando le regole sono troppe si è istintivamente portati a ignorarle; ed è anche molto più facile aggirarle.
Basti pensare alla giungla di normative che in Italia vorrebbero tutelare il paesaggio e l’ambiente (vincoli, sopravincoli, sottovincoli, distanze dagli argini, dalle coste, misure e contromisure dei manufatti edilizi, regolamenti montani, marini, costieri, monumentali, belle arti, brutte arti, arti e basta, scarichi, fumi, vapori e controvapori… insomma: una marea stile Mont Saint Michel!). E poi, come risultato di tutto ciò (che, se applicato, dovrebbe aver trasformato l’Italia in un paradiso terrestre), abbiamo invece le Terre dei Fuochi, le emergenze rifiuti nei centri città, una cementificazione tra le peggiori d’Europa su monti e coste tra le migliori d’Europa, i tumori di Taranto, Genova che crolla a ogni temporale, la Pianura padana tra le aree più ammorbate del continente, Pompei che si sgretola, miasmi di acque venefiche, di arie olezzanti, etc… etc… etc…: un panorama deprimente.
Eh sì… ma abbiamo tante Leggi bellissime! Questo conta, vero? O no?
Francesco Fontana

Con la radiolina transistor all’orecchio…gli anni passano….

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Oggi il nostro professore ( Fontana) ci manda un suo lavoro ovvero un ricordo “sportivo” e di costume di quando era giovane

Con la radiolina transistor all’orecchio…

Oggi siamo costretti a suggerire ai nostri figli e nipoti di non tenere il cellulare troppo vicino all’orecchio quando parlano con gli amici perchè le onde sembra che facciano male al cervello, con possibili conseguenze anche gravi.
Ma noi, che abbiamo un’età dagli “– anta” in su, quante onde ci siamo beccati proprio vicino all’orecchio (e non parlo di onde del mare, ma proprio di onde elettromagnetiche)???
La maggior parte di noi, soprattutto maschietti, tante, tantissime… ma quelle erano onde che non facevano male, erano le innocue e affascinanti onde radio dei piccoli apparecchi a transistor con i quali ascoltavamo le partite di calcio e in particolare la mitica trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. E allora… interi quarti d’ora, intere mezz’ore, intere ore con l’apparecchietto all’orecchio per sentire se la tua squadra del cuore vinceva, pareggiava o, ahimè, perdeva.
Oggi anche se uno non è allo stadio è come se le partite le seguisse sempre in diretta; l’informazione è totale e, oserei dire, bulimica: ancora prima che le squadre scendano in campo radio e televisioni sono già collegate, si è aggiornati su tutto, gol, pali, fischi dell’arbitro, ammonizioni, e tutto fin dal primo minuto; poi, se la partita dura più del previsto, saltano giornali radio e altre rubriche per lasciare spazio al “dio calcio”. Manca solo che ci dicano il risultato finale ancora prima che la gara cominci…

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Una volta invece, fino all’inizio dei secondi tempi (tutti in contemporanea, tutti la domenica, altro che anticipi e posticipi), c’era il coprifuoco, non si sapeva nulla. Chi aveva la fortuna (o sfortuna) di abitare vicino a qualche stadio aveva affinato l’orecchio in modo tale da intuire quel che accadeva sul campo semplicemente dal rumoreggiare del pubblico: boato piccolo significava gol della squadra ospitata, boato medio significava in genere occasione importante o palo (ma non gol), boato grande voleva dire che avevano segnato i padroni di casa.
Ma in pochi abitavano nei pressi dello stadio e allora la massa dei tifosi, di cui ho sempre fatto parte anch’io, attendeva con trepidazione il mitico “inizio dei secondi tempi”; alle 15.30 in inverno, alle 16.00 di mezza stagione, alle 16.30 nei brevi scampoli estivi in cui si giocava il campionato. E il campionato era considerato il traguardo per eccellenza, non una sorta di zerbino in cui allenarsi svogliatamente per poi dare il meglio di sè nella Champions, ovvero laddove fluttuano i “schei” (e la stessa Champions all’epoca si chiamava semplicemente “Coppa dei Campioni”: della serie “parlo come magno…”).
Allora, tornando a noi, dopo i primi 45 minuti assolutamente top secret, ecco che scattava l’accensione della radiolina; erano apparecchi piccoli e maneggevoli, molto più comodi delle vecchie radio a valvole, infatti il transistor occupa molto meno spazio. Qualche gracchio alla ricerca della migliore sintonizzazione, e poi ecco che la pubblicità di un noto liquore triestino annunciava che la casa produttrice invitava all’ascolto dei “secondi tempi delle partite di calcio del campionato di serie A: Tutto il calcio minuto per minuto, diretto da Roberto Bortoluzzi”.
E subito l’inconfondibile, pastosa, elegante voce di Bortoluzzi salutava:
“Signori all’ascolto (le signore non erano molto considerate nell’ambito calcistico. n.d.a.), buongiorno da Roberto Bortoluzzi; stiamo per collegarci con i campi della serie A per i risultati dei primi tempi. I campi collegati sono in ordine: ……………………….; per la serie B abbiamo in collegamento il collega Ezio Luzzi da ……………………. per ……………. e Alfredo Provenzali da …………….. per ……………… (sempre loro per molti anni dalla serie B. n.d.a.). Dallo studio gli aggiornamenti sugli altri incontri. Andiamo dunque con i primi tempi, a te Ameri…” in genere era infatti Enrico Ameri ad aprire i collegamenti, solo quando si ammalò e andò in pensione l’apripista divenne Sandro Ciotti che prima era invariabilmente secondo.
Erano minuti, anzi secondi, di attesa febbrile. Ricordo che quando qualche pubblicità precedente durava un po’ di più e ritardava anche solo di qualche secondo l’inizio della trasmissione io odiavo con tutto il cuore quel prodotto e giuravo che non lo avrei mai comperato da grande!
Da quel momento per la maggioranza dei miei amici la radiolina non si staccava più dall’orecchio, io invece preferivo la suspance e ascoltavo a singhiozzo, nella speranza che durante i minuti in cui la radiolina rimaneva spenta la mia squadra segnasse e io poi, riaccendendola, avessi la gradita sorpresa. Devo dire che spesso accadeva, infatti durante la mia vita “cosciente” (non parlo dunque di quando avevo pochi mesi o pochissimi anni) ho potuto godere di ben 8 scudetti e diverse Coppe Italia vinti dalla mia suqadra del cuore.
Ma, tornando al momento iniziale della trasmissione, ricordo con particolare piacere (sento ancora un brivido lungo la schiena…) un “risultato del primo tempo” comunicato dal grande Beppe Viola a proposito di un derby, partita sempre sentitissima! La mia squadra stava disputando un campionato anonimo, ma di fronte al derby la voglia di vincere ti assale anche se sei già retrocesso… e poi nelle ultime 3 o 4 domeniche si era mostrata stranamente in forma travolgendo chi avrebbe poi vinto lo scudetto (la Lazio) e facendo polpette anche di altre 2 o 3 ottime squadre; e adesso c’era il derby!!! A rigor di logica eravamo favoritissimi, non è che neanche i cugini stessero disputando un gran campionato, e poi non erano affatto in forma; ma il derby, si sa, è partita pazza, e io avevo una paura fottuta; “vedrai che la nostra serie d’oro si interrompe oggi proprio contro questi qua…” continuavo a pensare insistentemente, nell’attesa. E infatti, quando la linea è andata a Viola, il mitico Beppe a iniziato a declamare: “dopo i primi 45 minuti… Milan 1…” ecco ho pensato io in quella frazione di secondo, siamo sotto 1-0, i cugini sono sempre i cugini, trovano sempre il modo di metterci sotto”… E mentre davo per scontato che l’annuncio di Beppe si sarebbe concluso con un “Internazionale 0”, alle mie orecchie (anzi, “al mio orecchio”) arrivò questa paradisiaca notizia: “Internazionale 4”!!!!
Sìììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì!
Non 1-1 o 1-2 (che già mi sarebbe andato benissimo) e nemmeno 1-3, no!
Milan 1 – Internazionale 4!!!!!!!!!!! Libidine, doppia libidine, doppia libidine col fiocco!
(Per la cronaca, l’Internazionale aveva segnato 3 gol subito, nei primi 10 minuti, oriali-autoretesabadini-bonimba , tanto per far capire chi portava i pantaloni, e poi la gara si era conclusa con un generoso 1 – 5, mazzola-mariani; mai infierire sugli avversari palesemente in crisi.)
Insomma, ci si entusiasmava per poco, erano anni spensierati!
E non avevamo remore a girare per la città in quelle belle domeniche pomeriggio, lustre di sole od opache di nebbia, tenendosi quella ridicola, nevrotica, meravigliosa radiolina transistor all’orecchio. E se i gentiori, gli amici o le prime fidanzatine strocevano il naso di fronte a quella bizzarra ma diffusissima abitidine, bè… che lo storcessero pure, in quei 45 minuti il mondo era racchiuso in 4 bulloncini e fili chiamati “transistor” e nelle voci dei nostri meravigliosi, professionali, umili, educati radiocronisti!
E se la nostra squadra aveva vinto, si poteva brindare con il liquore di Trieste; se aveva perso ci si poteva consolare con il liquore di Trieste; se invece aveva pareggiato… in quel caso si poteva mandare giù un sorso di grappa, sempre distillata a Trieste.
Eh sì… altri tempi… altre gioie… altre emozioni.

Francesco Fontana “vecio tifoso”

Accademia Pattinaggio artistico Sandonatese rimarrà ancora sandonatese ?

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Il pattinaggio artistico a rotelle e’ quasi a uguale a quello sul ghiaccio
A San Donà vi è il pattinaggio a rotelle. O dobbiamo dire che vi era il pattinaggio a rotelle
Vediamo in questo articolo come è nato, come si è sviluppato e come forse muorirà
Speriamo di noi ma se le cose non cambiano l’Accademia sandonatese on sarà più sandonatese

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Riportiamo qui lo scritto che ci hanno mandato loro per raccontare la loro situazione e lori problemi e le loro paure

Il pattinaggio artistico a rotelle e’ quasi a uguale a quello sul ghiaccio.
Singolo, coppia artistico e danza, quartetti e gruppi e vanta campioni mondiali in tutte le specialità
Si inizia già intorno ai tre anni, per allenare capacità,importanti per la crescita, come l’equilibrio, la coordinazione,ottimo soprattutto per avere una postura corretta.
Nel pattinaggio si eseguono figure prese dalla danza classica, anche trottole e salti , che richiedono un ottimo controllo del corpo.
In questo sport si impara a cadere per poi rialzarsi , per poi imparare figure sempre più complesse!
L’’asd Accademia Pattinaggio artistico Sandonatese è stata aperta a Settembre 2010 dalla Prof. Martina De Pieri, insegnante di ed. fisica e allenatrice F.I.H.P. di III livello, da molti anni nelle piste. Collaborano Sara Lunanova allenatrice di III livello, Giulia Candosin e Laura Moretti,e Presidente Mirco Simionato
La società è affiliata alla F.I.H.P. ,CONI, ACSI , Pgs
La Società è giovane ma da una quasi 120 iscritti.
La società partecipa a competizioni di vari livelli ottenendo ottimi risultati.
In questi giorni primi classificati al campionato nazionale ACSI 2015 cat. Gruppi spettacolo.

Asd accademia pattinaggio artistico Sandonatese ha partecipato con 42 atlete dai 4 ai 15 anni al
Campionato Nazionale ACSI 2015
​ “10° Memorial Roberta Gentilini”
Svoltosi dal 4/12 settembre Riccione 2015

Grandissimi risultati in tutte le specialità e varie categorie e grande soddisfazione dello staff.

Specialità Solodance
2 Lovatelli Maria 2006
3 Scomparin Angelica 2006

Specialità Coppie
1 coppia cat 2008
Rizzetto Rachele/Terlega Alessandro
6 Borga Irene / Borga Samuele

Specialità Singoli
1 Seno Camilla
1 Carnieletto Eleonora
2 Ciuc Riccardo
2 Terlega Alessandro
2 Ionascu Nelly
3 Caldo Rebecca
3 Bailo Giulia
3 Giacomini Caterina
4 Marin Ginevra
4 Ongarato Emma
8 Finotto Samantha
8 Bailo Francesca

Specialità gruppi e quartetti
1 asd accademia cat gruppi
1 gruppo 10 minigroup titolo bowling
3 quartetto titolo : le ballerine
4 quartetti titolo: un gatto nero
5 quartetto titolo :alta marea
7 quartetto titolo: le fate del bosco
8 quartetto titolo: i felini
2 gruppo major group: anni ’20

Le ragazze si allenano sempre con costanza e tanto sacrificio, in strutture di fortuna, dato che a San Donà non ci sono palestre disponibili per questo sport. Sono costretti a spostarsi, ospiti del comune di Salgareda.
Purtroppo se non riusciranno ad ottenere uno spazio la società migrerà completamente eliminando “Sandonatese” dalla denominazione del sodalizio.

Sarebbe un peccato perdere questi campioni ma anche perdere una possibilità di fare sport sano fuori dagli schemi commerciali
Speriamo che la Amministrazione o qualche sponsor venga in aiuto alla Accademia delle nostre pattinatrici

Si può dire “zingaro” a uno zingaro?

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Questo articolo che è una riflessione su un argomento attuale.
Al giorno di oggi se uno dice la razza, l’etnia, il colore , la nazionalità , la regione di un soggetto che delinque viene tacciato di razzismo. Razzismo è una altra cosa !
Se uno cita la razza, l’etnia, il colore, la nazionalità , la religione di un soggetto che compie un atto eroico o da elogiare mette solo in evidenza che tale persona è come tutti un ottimo soggetto
Spesso capita anche che se la persona che delinque è un italiano o peggio un veneto allora molti commentano ” avete visto che gli italiani sono o i veneti sono peggio degli altri ? ”

Questa riflessione del Prof Francesco Fontana , che oramai è di casa, fa riflettere e fa piacere vedere che si professa ancora di sx . Anche se sx e dx su sicurezza, salute , educazione dovrebbero andare assieme per il bene di tutti

Si può dire “zingaro” a uno zingaro?

Da persona che vuole continuare a definirsi di sinistra (giustizia sociale, pace, ambiente, liberalismo etico, regolamentazione dell’economia etc… sono gli ideali in cui credo e che sono abituato a ritenere nel DNA della sinistra), confesso però che in questa Italia del buonismo targato PD (e non solo) è sempre più difficile dirsi di sinistra.
Starò anche diventando vecchio, ma io questa ipocrisia buonista la sopporto sempre meno. Se mi danno l’orticaria le boutade sfasciste e talora pseudorazziste di tanti esponenti della Lega e delle destre nostrane (noto un allarmante rigurgito di rune, croci dalle forme bellicose, fasci più o meno stilizzati e braccia tese a celebrare nostalgici saluti…), mi danno il voltastomaco le esibizioni di dolci sentimenti e di pietismo para-angelico che molti esponenti della “mia” sinistra esibiscono ogni giorno quando parlano di determinate categorie della popolazione, come se si sentissero investiti d’una missione divina: la difesa del “povero dannato, emarginato, perseguitato, etc…”.
L’ultimo episodio che mi ha fatto trasalire è avvenuto nel corso di una trasmissione dedicata ai funerali in stile “padrino” del capo dei Casamonica a Roma.
Dopo avere ben spiegato tutti gli intrighi in cui questa famiglia, divenuta ricchissima grazie a traffici innominabili, è notoriamente coinvolta, con tanto di riferimenti a inchieste giudiziarie e di polizia, è arrivato il momento che non ti aspetti: un comune cittadino è stato chiamato a dire la sua e, ovviamente, non avendo le fette di salame davanti agli occhi, ha ripetuto le brutture note e stranote sul funerale, sulle attività dei Casamonica etc… Ma quando, con la spontaneità e l’onestà intellettuale della persona di popolo, questo signore ha detto più o meno (cito quanto ricordo) “tutti a Roma sanno chi sono quelli là, tutti sanno che sono mafiosi, zingari…” è stato bloccato in un evidente momento di imbarazzo dalla conduzione e invitato (anche qua cito come ricordo) a “non andare oltre…”, a “non dire cose che…”, e ancora “va bè adesso non…”, meglio limitarsi a “rispondere alle domande dell’intervistatore”, etc…
Insomma, per chi non lo avesse capito, l’imbarazzo e lo scandalo sono nati non appena questo signore si è permesso di dare degli “zingari” a una famiglia di zingari.
Siamo arrivati al punto tale che in Italia non si può neppure più dire a uno zingaro che è zingaro senza rischiar di passare per razzista.
Io non so se la famiglia Casamonica sia zingara (mi risulta di sì, ma non ne sono certo), e comunque per la mia apertura mentale essere “zingaro” non è certo un disonore, ci mancherebbe. Come non lo è essere cinese, argentino, svedese, veneto, marchigiano, spagnolo o mongolo. Proprio per questo credo debba essere lecito dire “zingaro” a chi lo è.
Forse qualcuno si è mai scandalizzato perchè sui media è stato definito “siciliano” Totò Riina? Oppure “romana” la banda della Magliana? Oppure “lombardo” Vallanzasca? Mi pare proprio di no. Ma quando si parla di “zingari”, per i buonisti italioti, evidentemente si entra in un campo minato. Dire “siciliano” a un siciliano non è razzismo (e ci mancherebbe che lo fosse!), dire “zingaro” a uno zingaro invece mette subito in allarme l’intellighenzia tanto progressista e “politicamente corretta” dei nostri media.
Ecco perchè dico, tristemente, che è sempre più difficile sentirsi di sinistra in Italia: perchè la nostra sinistra dominante si picca, non capisco bene per quali motivi (o meglio, la mia idea ce l’ho ma me la tengo per me), di continuare a prendere le difese di gruppi che probabilmente di essere difesi non hanno affatto bisogno, né lo chiedono. E lo fa in maniera così insopportabilmente suadente e ipocrita da mandarmi in bestia.
Purtroppo, il fatto che quando arrivano le roulotte (e le Mercedes…) degli “zingari” i furti nelle case subiscano impennate stratosferiche è cronaca, non fantasia. Il fatto che quando passano gli “zingari” lascino spesso (non sempre) degli autentici porcili, con le prese d’acqua scassinate a buttare fuori ettolitri su ettolitri, è cronaca non fantasia. Il fatto che la scolarizzazione dei minori tra gli “zingari” sia chimera, mentre chiedere la carità e mettere e mani nelle tasche altrui viene insegnato fin dai primi anni ai bambini “zingari”, anche questa è cronaca e non fantasia. Ma la nostra sinistra (una buona parte almeno, quella con il sorrisino angelico e la lacrimuccia sempre pronta) si ostina a farsi in quattro, anche con argomentazioni pretestuose, per prendere le difese di queste persone. Le quali, lo ripeto, di essere difese magari neppure lo chiedono…; persone, gli zingari, che oltre tutto hanno ideali e modus vivendi assolutamente lontani dai valori della sinistra, infatti nei loro clan vige la più rigida gerarchia, il senso dell’autorità, il senso dell’onore, della forza, l’ostentazione quasi maniacale della ricchezza, un rispetto quanto meno discutibile per la donna, etc…, tutte cose ben poco di sinistra! Eppure i sinistri nostrani si ostinano a…
Perchè?
Ma… forse per fare dispetto ai vecchi rompiballe come il sottoscritto! Va bè, buttiamola sul ridere…

L’onestà non è più un optional.

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Riportiamo una riflessione del Prof Francesco Fontana
E’ una riflessione che deve fare riflettere. L’onestà torna di modo ?

L’onestà non è più un optional

Da qualche tempo ripeto sul mio profilo Facebook, e non solo, questo “mantra”: l’onestà non è più un optional.
Ovviamente è un paradosso, nel senso che l’onestà non dovrebbe mai essere un optional nelle nostre scelte e nei nostri comportamenti.
Ma qua voglio riferirmi alla vita civile e non posso chiudere gli occhi di fronte a una cosa: che spesso noi cittadini, quando si tratta di affidare a qualcuno l’amministrazione della cosa pubblica, il valore dell’onestà spesso lo dimentichiamo. Quanti di noi, dopo un esame di coscienza onesto e rigoroso, possono negare di aver ogni tanto votato qualche politico, qualche amministratore, qualche rappresentante per motivi che con l’onestà hanno poco a che fare? Altrimenti, parliamoci chiaro, non si spiegherebbe come mai il nostro Parlamento e le nostre Giunte locali abbiano un numero di condannati e indagati fra i più elevati al mondo.
I motivi che hanno guidato le nostre scelte facendoci scordare l’onestà sono stati magari motivi validi, non lo metto in dubbio, motivi tipo “non sarà onestissimo però… però è molto bravo, fa i nostri interessi, ha le mani in pasta con tutti, ha esperienza, sa battere i pugni, è di destra come me, è di centro come me, è di sinistra come me, etc…”; motivi, questi, che in certe contingenze possono anche giustificare la scelta di un politico a discapito di un altro, ma che dal punto di vista etico non sono proprio il massimo, diciamo la verità.
Però… però ci hanno sempre insegnato che l’onestà in politica è importante, è nobile, ma alla resa dei conti incide poco sull’economia e sul benesssere dell’intero Paese. La corruzione? La mafia? L’evasione fiscale? L’elusione fiscale? Le ruberie? Le malversazioni? Gli appalti pilotati? Le raccomandazioni? I superstipendi, le superpensioni, i vitalizi, le buonuscite da capogiro, le spese pazze della politica, i rimborsi elettorali per acquistare mutande e caramelle (sì, perchè secondo me anche queste sono manifestazioni di “onestà… zoppicante”)??? Certo, tutte brutte cose, ma di fronte alla montagna della spesa pubblica sono poco più di una goccia all’interno di un mare. Questo ci avevano sempre insegnato! Ergo: meglio un amministratore furbetto ma tecnicamente capace rispetto a uno integerrimo ma magari un po’ inetto. Col risultato che, paradosso dei paradossi, ci siamo spesso ritrovati nelle mani di politici e amministratori sia furbetti che inetti!
Poi, ogni tanto, come quelle bolle di metano che – avete presente? – emergono lente ma inesorabili dai fondali marini, ecco che “emergono” alla coscienza collettiva gli studi e le statistiche di Enti che effettuano certi calcoli e ci spiattellano, come nulla fosse, risultati strabilianti. Risultati tipo: senza evasione ed elusione fiscale il nostro debito pubblico sarebbe ridotto di un quinto (ovvero, saremmo messi meglio della Grande Germania), senza corruzione avremmmo 60 miliardi all’anno in più da impegnare per la crescita (o 60 miliardi in meno di tasse per tutti, altro che gli 80 Euro…), e così via… E noi iniziamo a connettere: iniziamo a capire che la “goccia nel mare” rappresentata dal politico che raccomanda il figlio un po’ fannullone (e toglie il posto di lavoro a uno più bravo), oppure dalla “cresta” su questo o su quell’appalto, o ancora dalla ricevuta fiscale rifiutata perche “tanto non mi serve”, oppure dal vitalizio di …000.000 Euro a questo o a quel consigliere, oppure dalla mutanda verde o dalla caramella rossa comprata con i “nostri” fondi elettoriali, e così via… iniziamo a capire che tutte queste “gocce nel mare” sono proprio quelle che alla fine il mare lo compongono. E in quel mare naufraghiamo, giorno dopo giorno, anche noi.
Ecco allora perchè, a questo punto, in Italia è arrivato il momento di dire, anzi, di gridare, che nelle nostre scelte politiche e amministrative “L’ONESTA’ NON E’ PIU’ UN OPTIONAL”.
Sentivo tempo fa che un Sindaco, non importa di quale lista non essendo qua mio scopo fare politica, in un paio d’anni ha ripianato il buco di bilancio del suo Comune che ammontava a 5 milioni di Euro; e senza tagliare i servizi! Al giornalista che, stupito, gli ha chiesto come avesse fatto, ha risposto candido candido: “Semplicemente non rubando!”
No, amici, l’onestà non è più un optional. Forse (anzi: senza dubbio) è arrivato il momento di mettere da parte le nostre personali simpatie, le nostre tendenze ideologiche, le nostre piccole convenienze personali e familiari, e di indirizzare le nostre scelte ricordando che l’onestà non è più un optional!
Questi qua, rossi, bianchi, neri e di ogni altro colore, si sono “magnati” tutto. Si sono garantiti i privilegi. Si sono fatti le leggi per blindare vantaggi medievali. Ci sbeffeggiano ogni giorno mandandoci in pensione sempre più tardhi e con sempre meno soldi, quando loro con un mese di legislatura si pappano buonuscite favolose e vitalizi da Paperoni. Si tramandano il potere di padre in figlio raccontandoci invece che si battono per la meritrocrazia (chissà come mai poi quelli che hanno meriti portano sempre gli stessi cognomi…). In una parola: saranno anche bravi, capaci e intelligenti… ma non sono onesti (è un discorso generale, sia chiaro, per fortuna non riguarda tutti!) L’esperienza dovrebbe averci insegnato che a questo punto è meglio un imbecille onesto rispetto a un genio filibustiere. Non fosse altro che per L’ESEMPIO, fonte di insegnamento e di valori etici per l’intera collettività. L’esempio: un grande amico del nostro “buon vivere” che da tempo, da troppo tempo, abbiamo ormai dimenticato; facciamocelo tornare in mente, se non per noi almeno per i nostri figli.
Ecco perchè d’ora in poi io mi farò guidare sempre da questo “mantra”, a prescindere da destra, sinistra, gialli, blu, rossi, verdi o non so cos’altro ancora; il mio discriminante sarà questo e soltanto questo: L’ONESTA’ NON E’ PIU’ UN OPTIONAL. Spero possa essere anche il vostro!

Francesco Fontana

DIFENDERE IL MUSEO DELLA BONIFICA PER DIFENDERE LA NOSTRA IDENTITA’

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Il dott. Dino Casagrande riprende un tema di grande attualità nel nostro comune già ampiamente discusso dalla stampa e nel nostro sito stesso. Vengono analizzati alcuni aspetti caratteriali del Museo della Bonifica ponendo l’attenzione alla funzione didattica dello stesso. Viene ripercorsa la vita del Museo dal suo inizio evidenziando quando essa abbia influito nella storia culturale della città. Continua a leggere cliccando qui

RIFLESSIONI DI IERI, OGGI D’ATTUALITA’ IN DUE PARTI – Dino Casagrande

Il testo di questo breve opuscolo è stato redatto in due momenti diversi, però tratta di argomenti di differenti discipline ma che tra loro possono essere strettamente correlati. La prima parte è costituita da  un articolo che ho pubblicato nove anni fa sulla rivista “Charta”, per illustrare la relazione del viaggio di un antico esploratore italiano impressa agli inizi del ‘500, e che vanta molte edizioni oggi rarissime. E’ forse poco nota ma è interessantissima ed intrisa di fatti strabilianti ed avventurosi, che hanno visto l’autore spingersi fino alla Mecca, un luogo proibito ai cristiani: era Ludovico di Varthema bolognese. Egli descrisse i costumi ed i luoghi con una eccezionale precisione, riscontrata poi dai viaggiatori che solo alla fine del ‘600 si avventurarono ancora per quelle vie. Continua a leggere cliccando qui

INTERVISTA A DINO CASAGRANDE SULL’IPOTIZZATO TRASFERIMENTO DEL MUSEO DELLA BONIFICA IN CENTRO A SAN DONA’ NEL PALAZZO DEL MONUMENTO AI CADUTI

 

 

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INTERVISTA A DINO CASAGRANDE  SULL’IPOTIZZATO TRASFERIMENTO DEL MUSEO DELLA BONIFICA IN CENTRO A SAN DONA’ NEL PALAZZO DEL MONUMENTO AI CADUTI

L’annuncio dell’ipotizzato trasferimento del   Museo della bonifica in una sede in prossimità dell’area pedonale, ovvero al Monumento ai Caduti, ci dà modo di intervenire sulla questione.

Recentemente abbiamo saputo che è stato licenziato il personale (tutti gli operatori avevano la laurea in conservazione dei Beni culturali), e quindi poteva essere in fieri una decisione amministrativa di questa portata. Constatiamo, però, che si è persa una professionalità fatta da giovani laureati che si è costruita nel tempo e che consentiva di erogare anche i servizi accessori di cui il museo dispone, appositamente creati nel tempo con una visione di prospettiva futura.

Il museo, infatti, non è solo un centro espositivo, è un luogo di cultura, di ricerca, di approfondimento, di studio della storia della città e del suo territorio, così come i tantissimi lavori realizzati attraverso lo studio e la consultazione del prezioso materiale bibliografico, d’archivio, e degli stessi beni culturali che possiede, dimostrano.

Il museo è un primario centro di cultura, non è solo un contenitore, anzi non è questa la sua funzione primaria. Il museo è un luogo di conservazione delle memorie della città e del suo territorio perché possano giungere al futuro e possano essere conosciute dalle generazioni che si succederanno. Il museo guarda verso l’infinito. La biblioteca specializzata, che conta più di 11.000 volumi, è solo uno degli importantissimi beni che contiene, ma sono migliaia e migliaia i beni culturali che sono raccolti in quella struttura e che svolgono in modo costante la loro silenziosa ma efficace funzione.

L’ipotesi di trasferimento di una così nota e prestigiosa istituzione culturale cittadina, va conosciuta meglio e poi verificata nei dettagli, ma una prima possibile analisi da parte di chi la conosce essendo stato per trent’anni direttore di quella struttura, può essere fatta.

Abbiamo quindi sentito il dott. Dino Casagrande che è stato direttore del museo dal 1983 al 2013 e che ha contribuito in modo sostanziale a creare questa realtà, nota ed apprezzata ben oltre i confini della regione.

La prima cosa che ci sembra degna di essere evidenziata è che il museo nella nuova sede ora scelta non sarà più quello che conosciamo, ovvero non sarà più il “Museo della bonifica” che decine di migliaia di persone hanno visitato ed apprezzato. Per ovvie analisi quantitative delle superfici fisiche di cui dispone la struttura individuata ci sembra che la nuova sede possa valorizzare solo un sottoinsieme sia delle collezioni, sia dei servizi che l’attuale sede museale di Viale Primavera contiene ed eroga (oggi in forma ridotta a causa della carenza di personale).

Ci sembra che l’amministrazione comunale, autrice di questa scelta, si sia orientata verso una riduzione della struttura rispetto invece alle ampie possibilità che possiede l’istituzione nell’attuale sede dov’è collocata.

Domanda:

Abbiamo letto di questo progetto dai giornali. Abbiamo sentito alcune opinioni ma sembra che questo progetto non sia una novità. E’ corretto ?

Non è affatto una novità. Si sta sfruttando un vecchio progetto della precedente direzione, poi non realizzato per mancanza di risorse. Nel periodo in cui la proposta fu fatta probabilmente c’erano, oggi è molto dubbio che si possano trovare. Esiste agli atti comunali una relazione inviata all’Amministrazione Comunale più di 10 anni fa, che ipotizza il trasferimento di una parte delle collezioni museali proprio al Monumento ai Caduti, per la creazione di un museo dedicato alla città nel difficilissimo periodo della Grande Guerra e della successiva ricostruzione, ovvero le collezioni della Prima guerra mondiale e quelle relativa alla Seconda Guerra mondiale e alla lotta della Resistenza. Tra l’altro il Monumento ai Caduti porta le cicatrici dei danni subiti nel bombardamento aereo del 1944. Potevano trovare collocazione e una diversa valorizzazione l’archivio fotografico tematico, la collezione delle carte originali militari della Grande Guerra, l’Archivio Tombolan Fava (Proveniente dall’ex caserma dismessa) e così tutte le acquisizioni, le donazioni e le accessioni di materiali che furono incentivate, promosse o realizzate dalla precedente direzione negli ultimi trent’anni e che ora costituiscono un patrimonio molto vasto ed importante. Quella sede avrebbe potuto così contare su adeguati spazi che avrebbero consentito, anche con la ricostruzione di ambienti e di situazioni, spiegare in modo più esauriente e diretto di quanto non fosse stato possibile fare nella sede attuale, la vita nel periodo della Grande Guerra, la vita nella città prima della distruzione, i momenti dell’abbandono immediato, il dramma dei profughi, la vita dei soldati nelle trincee, temi ancor oggi di attualità drammatica in alcune aree del mondo. Le vite delle famiglie furono stravolte dalla totale distruzione. Il volto della città cambiò dopo il primo gravissimo evento bellico mondiale e la direzione aveva appunto ipotizzato l’opportunità di trovare un luogo in cui fosse evidenziata la trasformazione. Un museo tematico adatto anche al luogo stesso in quanto destinato a valorizzare questi aspetti storici, onorando i caduti, ma soprattutto come rimembranza dei sacrifici umani che tutte le guerre hanno comportato.

Domanda Uno dei problemi che è al centro delle discussioni riguarda lo spazio o gli spazi . La nuova sede avrebbe la capienza necessaria ?

Le difficoltà che potrà trovare la nuova sede ipotizzata sono soprattutto dovute alle dimensioni dell’immobile. Basta fare un semplice calcolo e si vede subito che manca la capienza. Poi non dispone di un ampio parcheggio nelle immediate vicinanze, è solo collocata vicino alla stazione degli autobus. Non è invece adatta a chi si muove in comitive. In definitiva gli spazi su cui potrà contare il futuro “piccolo” museo, non sono certo adatti ad una visione di prospettiva a lungo periodo e alle connesse alle potenzialità di sviluppo di un museo dedicato al territorio, che invece l’attuale sede già offre. Non sarà più così.

La cosa che salta maggiormente agli occhi, per una qualsiasi persona che abbia una minima conoscenza della vastità delle collezioni conservate nel Museo della bonifica,   è che la dimensione Monumento ai Caduti non potrà consentire l’ esposizione dei materiali e delle collezioni presenti nell’attuale museo, ma nemmeno che consenta la conservazione in luogo idoneo e protetto delle collezioni ora non esposte e dei materiali conservati nei depositi. Si dovrà fare una scelta, si dovranno ridurre le collezioni esposte e non si sa bene quale sarà la fine degli attuali depositi dei beni culturali del museo (in modo particolare quelli etnoantropologici, archivistici, il deposito di materiale archeologico), materiali che devono essere tutelati come previsto dalle leggi vigenti.

Chiunque abbia conoscenza degli aspetti scientifici che sovrintendono all’azione della curatela di un museo, soprattutto nel campo della museologia e della museografia, sa che i materiali, che costituiscono beni culturali da salvaguardare e da proteggere perché possano essere trasmessi al futuro, hanno necessità di spazi idonei non solo per essere valorizzati creando l’apposito contesto espositivo, ma anche spazi idonei per essere conservati, e molti di essi necessitano di continua manutenzione. Questo è il principale cruccio del conservatore e ora non è chiaro come si affronterà questo delicatissimo aspetto. Senza personale come si potrà, ma già adesso, garantire la conservazione dei beni culturali ?

La scelta dell’ubicazione, pertanto, si rivela enormemente riduttiva ed è potenzialmente generatrice una grave perdita per la città e in generale per il territorio. Territorio che il museo da quando è istituito ha valorizzato non solo con il continuo potenziamento della dotazione di beni culturali delle collezioni, molto spesso recuperati fortunosamente e con grandi difficoltà, ma anche con lo studio approfondito dei materiali, l’istituzione di fondamentali servizi come la biblioteca specializzata, l’archivio storico, l’archivio fotografico, le pubblicazioni scientifiche, l’organizzazione di un numero enorme di conferenze e di dibattiti sulla storia e le caratteristiche della nostra area, le visite guidate aperte alla cittadinanza, mostre e spettacoli che hanno avuto enorme risonanza e successo di pubblico. Il museo invece ha grandi potenzialità, è inserito nel masterplan regionale della Grande Guerra in previsione del centenario, oggi già in atto, come punto informativo e di accesso per tutta l’area del Piave.

 

Noi de “ Il Ponte” che ascoltiamo la gente ci poniamo una domanda semplice: perché il museo non può essere valorizzato lì dove è ?

Ci appare evidente che il museo, negli ultimi tempi, non abbia avuto dall’amministrazione quell’attenzione e quella cura che sarebbe stata necessaria per rilanciarlo, anche attraverso una importante azione promozionale, con la conseguenza che dalle stesse dichiarazioni dell’amministrazione è sceso il numero dei visitatori.

E’ mancato l’impulso che ci si aspettava dalla nuova amministrazione, mentre è invece mancato in generale l’interesse per quell’importante istituto. E’ forse per questo che ora si vuol giustificare la necessità di trasferimento nell’area centrale. In ogni caso mostre, conferenze organizzate negli ultimi tempi non hanno visto quella struttura essere usufruita e promossa.

Noi ci siamo chiesti perché non viene pubblicizzato specie nel periodo estivo. Anzi ci risulta leggendo il sito dal Museo che in luglio e agosto sia sostanzialmente chiuso.

Riportiamo a scaso di polemiche gli orari come messi nel sito ufficiale

ORARIO ESTIVO 2015

DAL 1 GIUGNO AL 13  SETTEMBRE

Lunedì 9.00 – 12.00

Da martedì a  venerdì 9.00-12.30 e 15.00-18.00

Sabato e domenica chiuso

CHIUSURA ESTIVA

DAL 13 AL 17 LUGLIO

DAL 10 AL 30 AGOSTO

E’ possibile ? Ma come fa un Museo ad avere questi orari ?

Crediamo che fare propaganda negli alberghi, nei campeggi porterebbe molti turisti. Vi sono le aziende per il turismo. Quanti turisti potrebbero venire a visitare il Museo se fossero portati a conoscenza dello stesso. Turisti al Museo significherebbe anche turisti nei ristoranti, a vedere la città a , a vedere i negozi ecc.

Domanda: qualcuno dice che un museo in centro è più accessibile . Dicono che si valorizza il centro; dicono che la zona pedonale ne guadagnerebbe. Come rispondere a questa affermazione?

Bisogna riprendere il buon senso e ragionare anche sui pregi indiscutibili dell’attuale sede: l’ampiezza e l’accessibilità.

1) L’ampiezza del museo. Ricordiamo che è ubicato in un edificio di pregio architettonico. La sua destinazione d’uso originaria, com’è noto era un convento di Clarisse, e si tratta di un progetto che fu visto e corretto da un grande architetto veneziano Carlo Scarpa, datato 1967; l’ edificio è firmato dagli autori con i nomi e la data impressa nel calcestruzzo: 1967. Appena istituito il museo ha visto fin da subito ridotte le sue potenzialità perché spezzato in due dalla collocazione, nell’ala nord, della sede della Polizia Stradale (che doveva essere solo temporanea). Tutto ciò ha stravolto le possibilità di ampliamento e le idee originarie di valorizzazione dei materiali, soprattutto la vasta collezione etnografica e non ha tenuto conto delle potenzialità, presto manifestate poco dopo la sua apertura, della collezione archeologica, sezione fortemente voluta dalla direzione. I ritrovamenti nel sito di Cittanova, che fu la prima sede della Repubblica di Venezia, sono preziosi. E sono ancora da recuperare dei beni importantissimi ritrovati negli scavi condotti dall’Università di Venezia a Cittanova. La pratica di recupero già avviata dalla precedente direzione con l’accordo della competente Soprintendenza Archeologica non si hanno notizie che sia stata più completata.

In prospettiva, la sede attualmente occupata dalla Polizia stradale, avrebbe dovuto, una volta liberata, ospitare in modo più adeguato alcuni servizi ed inoltre anche le collezioni d’arte e la storia dell’arte nel sandonatese, cosa che ora si vuol fare anche nella ipotizzata sede di Viale Libertà. Sarà un progetto irrealizzabile se non si riesce nemmeno a garantire l’attuale livello espositivo e di conservazione, non parliamo dei servizi.

Alcune note sull’edificio che ospita attualmente il museo: per ovviare alla carenza di spazi dovuta alla collocazione nell’ala nord della Polizia Stradale, si rese necessario, per conservare e valorizzare adeguatamente i materiali che negli anni (dal 1983, anno dell’apertura al pubblico) erano stati raccolti, progettare un ampliamento che fu realizzato e completato nel 1998 grazie ad un contributo della Comunità Europea di oltre 1.500.000.000 di lire di allora, concesso, per lo sviluppo turistico.

Interrompiamo il Dr Casagrande per una osservazione che nasce da colloqui con alcuni cittadini sul problema.: Ci viene detto che sarebbe da verificare per una questione etica l’utilizzo delle risorse a suo tempo richieste e concesse, se l’ipotizzato trasferimento del museo in altra sede possa conciliarsi con l’utilizzo di un finanziamento di scopo, ottenuto meno di venti anni fa, e con il conseguente impegno assunto con la Comunità Europea, di realizzare in quella sede un museo che fosse di riferimento per il territorio, fornendo, al temporaneo ospite o visitatore di queste aree una immagine delle principali caratteristiche antropiche, ambientali e storiche. Queste terre, un tempo paludose e caratterizzate da una forte quanto imprevedibile dinamica tra terra ed acqua, furono interessate da enormi lavori di trasformazione che diedero un assetto di abitabilità permanente e di sviluppo. Il grande bacino turistico che caratterizza oggi quest’area grazie a quella trasformazione produce ricchezza. Bene, quel finanziamento servì ad ampliare quell’edificio, ora è eticamente possibile utilizzarlo per qualcos’altro ? Per un’altra funzione ? Ci chiediamo anche allora se è ineccepibile dal punto di vista etico utilizzare delle risorse per uno scopo e poi invece dimenticarsene e cambiare tutto? Cosa si vuol fare di quella struttura ?

La Comunità Europea ha dato al comune un mare di soldi e poi ….dopo meno di vent’anni (ala nuova inaugurata nel 1998) si cambia idea….portando il museo in un luogo, illustre per quanto si voglia, ma che rivela una visione ristretta, limitata, non adatta alla dimensione della città e del suo territorio ma del piccolo centro di paese dove tutto deve ruotare intorno alla chiesa o al palazzo comunale !

Da quanto appare ora la città ha dei bilanci risicati tanto che si legge che è costretta ad aumentare le tasse ai cittadini e allora come portiamo a termine un progetto che per realizzarlo dovrà per forza andare verso investimenti di grande portata: c’è da rifare tutto nella sede ipotizzata, dagli impianti, ai mezzi per garantire l’accesso alle persone svantaggiate, agli arredi e tutto questo con una spesa certamente enorme e con dei tempi molto lunghi. Chi conosce la delicatezza delle operazioni non solo di ricollocazione di beni culturali, ma di spostamento di un intero museo può ben immaginare.

Torniamo alla domanda al Dr Casagrande:

Si dice che il Museo ora è decentrato , che è difficilmente raggiungibile. Che commenti può fare ?

2) L’accessibilità: la sede attuale del Museo della bonifica, non è affatto decentrata , se si pensa ad un visitatore esterno che vi acceda dalle zone turistiche, dall’estero o arrivi con i propri mezzi dalle città, province o regioni vicine. Dal centro cittadino si arriva con una breve corsa in bicicletta, utilizzando gli esistenti percorsi ciclabili.

Il museo attuale ha una viabilità di accesso assolutamente invidiabile, trovandosi immediatamente a ridosso di un’arteria di circonvallazione, è dotato di un ampio parcheggio, è immerso nel verde, con un giardino interno stupendo cha va valorizzato e maggiormente curato (purtroppo il giardino è spezzato in due dalla rete con i reticolati a protezione della caserma della Polizia Stradale). L’area verde ha tutte le caratteristiche e le potenzialità che potrebbero essere ben sviluppate e rese degne ad una struttura così importante ed affermata.

Domanda: Ma un museo del territorio ha proprio necessità di essere collocato in una sede che non da spazio e prospettive?

Il museo dovrebbe rimanere lì dov’è, almeno come Museo della bonifica. La sede ipotizzata potrà funzionare solo spezzando le collezioni e magari destinando la parte relativa alla bonifica ad altro luogo, distruggendo quindi l’unità di museo territoriale che è la caratteristica fondamentale che ora ha.

Museo decentrato ? Si pensi allora al museo di Altino, in mezzo alla campagna, o a quello di Torcello in mezzo ad un’isola della laguna, o a quello del Risorgimento di Vicenza uno dei più importanti in Italia per la storia della Prima guerra mondiale che è collocato in una villa su una collina sopra la città… ma anche all’estero…..caso del Deutsche Museum di Monaco di Baviera aggiungiamo noi interrompendo il Dr Casagrande

Infatti Il Deutsche Museum non è in centro a Monaco ma deve essere raggiunto con la Metro o con una bella camminata. Vi è parcheggio e ristorante all’interno ma diversi anche fuori. Certo Monaco non è San Donà e il Deutsche Museum non è il Museo della Bonifica ma fatte le debite proporzioni possiamo andare avanti con le nostre considerazioni

Ritorniamo ad un altro argomento e quindi domandiamo al Dr Casagrande : ci è stato detto che vi sono da anni giacenti dei progetti già pronti di sistemazione della sede attuale per il riammodernamento dell’edificio (dopo trent’anni è necessario farlo) per mettere a norma la struttura, ma cosa si è fatto per accedere ai finanziamenti che potevano essere disponibili ?

Casagrande: Erano progetti che prevedevano, oltre all’adeguamento normativo degli impianti, ad una differenziazione dei percorsi interni, anche la disponibilità di nuovi dispositivi di sorveglianza e un miglioramento dell’apparato espositivo, inoltre la dotazione di un impianto fotovoltaico che avrebbe ridotto i costi di esercizio e resa disponibile una quantità di energia necessaria per la climatizzazione, aspetto fondamentale in una struttura, soprattutto l’ala nuova, che nella fase progettazione non ha avuto la necessaria attenzione agli aspetti scientifici di conservazione, importanti per garantire nel tempo la sopravvivenza dei materiali più deperibili (soprattutto il legno e i tessuti), caratterizzanti i beni culturali etnoantropologici.

Considerazione che ci vengono spontanee:Che fine hanno fatto quei progetti ? Perché non si sono ricercati i finanziamenti ?

Perché si ha una visione ristretta delle grandi potenzialità che invece ha l’attuale sede del museo ?

L’amarezza è proprio dovuta alla constatazione che manca secondo noi proprio una impronta di visione futura allargata ad uno sviluppo dello stesso come ci si aspetterebbe che avesse.

Non basta chiudere 98 metri di corso Silvio Trentin per dare l’idea di un centro che attrae. Secondo noi bisogna considerare

1)     Cosa è il Museo della Bonifica

2)     Cosa rappresenta per la Città

3)     Cosa potrebbe e dovrebbe rappresentare

4)     Sviluppo del Museo

5)     Immagine del Museo , inserita nella nostra Città

 

E qui ci fermiamo

Lasciamo ai lettori le considerazioni sui punti che abbiamo esposto

Il futuro del Museo e della Città si vedrà …..